La prima volta dei "reading party" newyorkesi in Europa è a Roma

Sono le 18 e 30 circa di una serata autunnale. C’è un certo fermento all’ingresso del centro culturale Monk di Roma, ma non è per un concerto né per l’aperitivo. Gli avventori di Reading Rhythms, il format di “festa di lettura” nato a New York nel 2023, fanno il loro ingresso nella veranda. Hanno tutti in mano un libro. Ognuno porta con sé il proprio: è l’unica vera regola. C’è Francesca, studentessa di editoria ventiquattrenne che nel tempo libero cura un podcast letterario: ha portato “Intermezzo”, l’ultimo romanzo di Sally Rooney nell’edizione inglese, visto che in Italia ancora non è uscito. Irene, 32, che rilancia con “Man enough”, un saggio sulla distruzione della mascolinità tossica. Vicino a lei Erika, 38, che di libri ne ha portati ben tre. “Sono agli sgoccioli di ‘Bene immobile’, che è la terza parte dell’'Autobiografia in movimento' di Deborah Levy, e volevo assicurarmi di avere abbastanza da leggere per tutta la serata”. Per sicurezza quindi tiene sul tavolo “Tre ciotole” di Michela Murgia e “Espiazione” di McEwan. Ad alleggerire c’è Marco che sfodera la copertina de “La sottile arte di fare quello che c***o ti pare”, perché aiuta a capire che diamo importanza a cose che non la hanno e che dobbiamo riscoprire noi stessi per essere felici. New York chiama, i Millennials italiani rispondono. Sono quasi tutti trentenni entusiasti dell’idea di avere finalmente un’opportunità di incontrare persone nuove senza imbarazzo, perché quando si parla di libri si perde ogni timidezza. È la prima volta che un reading party newyorkese targato Reading Rhythms viene celebrato fuori dagli Stati Uniti. L’Italia è stata scelta come laboratorio e Roma come palcoscenico della prima mondiale. Ad accogliere i ragazzi c’è Ben Bradbury, 29 anni, uno dei cofondatori del progetto. Bradbury lavorava nell’ambito dei podcast, ma ora si dedica a tempo pieno ai Reading Rhythms. È uno dei quattro amici che poco più di un anno fa hanno avuto l’idea semplice e al tempo stesso brillante di organizzare una festa per leggere in compagnia. Doveva essere una “cosa tranquilla a casa”, come si dice in questi casi, un evento privato aperto a una quindicina di amici. La voce però si è diffusa e la situazione è, per così dire, sfuggita di mano. I loro reading party sono diventati degli eventi organizzati con un biglietto di ingresso. Inevitabile prevedere un accesso a pagamento per finanziare la parte organizzativa e di coordinamento. Bradbury è emozionato ed elettrizzato. “Ci sono cose che devono accadere: tra noi l’Italia è scattata questa scintilla”. Bradbury lavorava nel mondo dei podcast, ora si dedica a tempo pieno a Reading Rhythms ed è diventato il frontman del progetto e del tour europeo. Dopo la capitale, ci sarà Milano e poi Londra, una città che conosce bene. Già perché Bradbury è un “Englishman in New York”. Non è solo un progetto imprenditoriale, non nasce per diventare un business. Quello che conta, ora come un anno fa, è l’aspetto ideale. Abbiamo capito all’inizio del 2024 che i reading party potessero attrarre un pubblico internazionale e aiutare a risolvere il problema globale della solitudine, anche fuori dai confini americani”. I libri creano connessioni e "la solitudine è l’emergenza sanitaria sociale del nostro tempo”, questo è il mantra. Chiediamo a Bradbury se le imminenti elezioni americane stiano avendo un impatto sui reading party degli Stati Uniti. “Una delle missioni della nostra comunità - risponde - è quella di unire attraverso la lettura e in tempi di così forti divisioni e polarizzazione, i reading party sono un’occasione per mettere da parte la conflittualità e connetterci. Ai nostri eventi negli States si incontrano persone di età, genere, religione, opinioni politiche radicalmente differenti”. Insomma, i reading party come rimedio contro la solitudine, ma anche come potenziale alleato della pacificazione sociale, in tempi di estrema polarizzazione, non solo negli Usa. Se Roma è stata la prima tappa del debutto internazionale, è perché i pianeti si sono allineati. Qualche mese fa avevamo parlato a distanza con Tom Worcester, un altro cofondatore, della possibilità di lanciare il format all’estero. Worcester ci fece capire che il loro piano non era quello di esportarlo in maniera rigida, ma di chiedere l’aiuto dei “locals” per modellarlo sull’identità e le esigenze dei lettori degli altri Paesi. Il sogno è diventato realtà, ma come è stato possibile? “Abbiamo avuto la fortuna di essere contattati da una realtà italiana che si chiama ‘Libri sottolineati’ ”, spiega. Antonio Roberto, fondatore di Libri Sottolineati, ci racconta che di aver subito cercato di contattare Tom e Ben dopo aver letto l'articolo del New York Times, che descriveva per la prima volta il fenomeno Reading Rhythms. “Del resto, anche noi nati come una comunità digitale cercavamo da tempo l’occasione giusta per iniziare a organizzare degli incontri fisici”, ammette. Ha così cominciato a concretizzarsi il progetto di una “comunità letteraria globale”, così la chiamano. Fin dai primi incontri, ci assicurano, si genera un vero e proprio senso di appartenenza. La serata sta per terminare, appare chiaro a tutti che il motto “non chiamateci bookclub” non è solo uno slogan. Prima di iniziare, qualche secondo per chiudere gli occhi e lasciarsi dietro le spalle i problemi e le preoccupazioni. Inizia la prima sessione di lettura di mezz’ora, poi si sventolano le copertine e si creano dei match per un confronto a due. Segue una seconda sessione di lettura individuale. Poi il party entra nel vivo perché si creano dei gruppi e il dibattito decolla. I moderatori suggeriscono delle parole chiave. Si parte da un tema e si finisce a parlare di chissà quante cose diverse. Una musica di sottofondo soft rende l’esperienza rilassante. In tutto questo, il drink è un extra e il cellulare è in modalità silenzioso. Silvia, 30 anni, alla fine della serata è piacevolmente stupita: “Mi aspettavo un ambiente più freddo, invece abbiamo parlato moltissimo. L’atmosfera era distesa". Anche Lavinia, 29, è d’accordo: “Ci siamo scambiati i numeri, i nomi degli account su Instagram, si sono creati persino dei gruppi WhatsApp”, racconta. Incontriamo tra i tanti partecipanti anche una giovane bookinfluencer, Margherita: “Abbiamo bisogno di realtà e di guardarci negli occhi”, confessa. In un momento in cui il mercato editoriale sembra sempre più fagocitato dalle piattaforme digitali, in cui senza social sembra non si possa più promuovere una nuova uscita e in cui gli hashtag dedicati ai libri raggiungono picchi vertiginosi di visualizzazioni, i reading party riportano la letteratura offline, almeno per qualche ora. È iniziata l’era delle feste di lettura newyorkesi?