Picasso lo straniero, punto di vista inedito sul genio spagnolo in mostra a Milano

Lo conosciamo come uno dei giganti della Storia mondiale dell’Arte. Pablo Picasso, viene raccontato nella mostra in corso al Palazzo Reale di Milano, da un inedito punto di vista. “Picasso. Lo straniero”, questo il titolo evocativo scelto dalla curatrice, Annie Cohen-Solal, accende un faro potente sulla sua condizione di straniero in Francia, Paese dove esplose e prosperò la sua fortuna artistica, ma che mai gli concesse la cittadinanza. La professoressa Cohen-Solal, che insegna all’Università Bocconi di Milano e che è anche una fine scrittrice, prima di occuparsi della retrospettiva milanese, ha approfondito il personaggio scrivendo il best seller “Picasso. Una vita da straniero”, saggio che si legge come un giallo, edito in Italia da Marsilio e che ci fa scoprire la vulnerabilità dell’uomo, dietro la potenza dell’artista. Il focus attorno al quale ruotano le ottanta opere del percorso espositivo, arricchito da filmati, fotografie, documenti, è proprio la sua condizione di esule, di un uomo che sempre visse da immigrato e come tale fu trattato, soprattutto, ma non soltanto, all’inizio della sua permanenza in Francia, ai primi del ‘900. Ciò fu causa di sofferenza, per il grande artista spagnolo, nato a Malaga nel 1881, che arrivò poco più che ragazzo nella capitale francese. ““Picasso. Lo straniero”, è un titolo interessante”, spiega Annie Cohen-Solal, “perché fa capire che, al di là del genio dell'Arte, c'era anche un essere umano, che era arrivato in Francia da adolescente, in un Paese che aveva avuto problemi con gli stranieri e lui ha dovuto, come straniero, seguire le regole della polizia francese di allora, che era la più sofisticata del mondo e che prevedevano di andare al commissariato ogni anno, per fare la carta d'identità da straniero”. In mostra, a proposito di questo, c’è la riproduzione del suo documento di riconoscimento, con la foto e i dati anagrafici. “Qui si vede la faccia che uno straniero ha per la polizia”, dice ancora Annie Cohen-Solal. Condizione sottolineata dall’espressone del viso di Picasso, viso che nessuno conosceva, al tempo dell’emissione del documento; la curatrice l’ha scovata negli archivi della polizia francese ed è come il paradigma della sua vita: quando deve dare le impronte digitali per ottenere la carta, proprio in quel periodo disegna mani, a significare che tutto questo lo turba molto. “È importantissimo avere in mostra la riproduzione di questo documento, che non è un capolavoro d'Arte, per quanto sia altrettanto importante”, conclude Cohen-Solal. “Il minotauro cieco”, è una delle opere che meglio esprimono la vulnerabilità dell’artista. Guardando il quadro, l’autore sembra dirci: sono in Francia, sono forte, sono ricchissimo, sono conosciuto dal mondo intero, però, sono vulnerabile. Il minotauro, bestia e uomo, alter ego dell’artista, è anche fragile, perché non può dire cosa pensa, in Francia. Potrebbe essere cacciato dal Paese, in quanto straniero; quindi, Picasso, utilizza la maschera del minotauro, questo doppio, per dirci qualcosa, per parlare della sua vulnerabilità. La curatrice ha seguito la storia di Picasso a cominciare dalle moltissime pagine del fascicolo che la polizia aveva aperto su di lui, nel giugno del 1901, quando ancora non aveva compiuto 20 anni. In questo fascicolo non ha più un nome: si chiama “questo straniero”. Di contro, Alfred Barr, primo direttore del MoMa di New York, faceva di Picasso il centro assoluto dell’Arte dei primi 40 anni del ‘900, affermando che l’irruenza del suo genio si manifestava ovunque. L’artista era un genio per l’America, quindi, ma un uomo pericoloso per la Francia. Tutto ciò accadeva per diverse ragioni: perché aveva un nome straniero; perché all’inizio non parlava la lingua; perché era arrivato in Francia con catalani anarchici e perché in Arte era un avanguardista. La Francia dell’epoca aveva due istituzioni molto forti: da un lato la polizia degli stranieri, dall’altra l’Accademia di Belle Arti. L’Accademia era orgogliosissima, come tutto il Paese, del buon gusto francese, che riportava a Luigi XIV. Per Picasso ciò non aveva importanza, lui andava al di là di questo. Pertanto, da entrambi i lati, della polizia e dell’Accademia, lui era un reietto. Per queste ragioni i moltissimi anni trascorsi in Francia sono stati difficilissimi. Eppure, la mostra non ha uno sguardo negativo, poiché Picasso aveva molte frecce al suo arco e ha saputo come usarle. A cominciare dal suo arrivo nella capitale francese, dove prende il via, nella Parigi in pieno fermento di inizio ‘900, nel quartiere di Montmartre, la sua parabola professionale. Pablo vive circondato da altri artisti, lì lavora e si innamora, mentre il mondo cambia e la Storia dell’Arte con esso. La mostra ci fa salire su macchina del tempo ambiziosa, ma ben condotta, puntuale nella scelta delle opere, degli approfondimenti, dell’allestimento. Sono numerosi i pannelli che spiegano al pubblico i diversi momenti storici, corredati da fotografie che ci raccontano l’evoluzione del pittore: da giovane spagnolo, arrivato in Francia in cerca di fortuna, ad artista affermato e uomo d’affari in grado di curare i suoi interessi e di tenere testa a galleristi e collezionisti. Nel 1955 Picasso si trasferisce nel Sud della Francia e non torna più a vivere a Parigi, preferendo - in qualche modo – gli artigiani agli accademici e la libertà del Sud, del Mediterraneo, con le sue culture multiple, alla rigidità della Società francese del Nord. In mezzo ci sono anni artisticamente molto fecondi, ma altrettanto duri. L’Europa è attraversata da nazionalismi e fascismi, immersa nelle devastazioni di due Guerre Mondiali. Negli anni Picasso è nemico per la Spagna franchista, considerato da molta gente persona non grata e la sua Arte viene bandita in Germania come "degenerata". Quando De Gaulle vuole conferirgli la cittadinanza e la Legion d’Onore lui rifiuta, perché considera troppo tardivo il gesto del Presidente francese e quando due importanti mostre lo omaggiano, nel 1966 e nel 1970, decide di non prendere parte alla loro inaugurazione. Alla sua morte, nell'aprile del 1973, Pablo Picasso è lo straniero più famoso di Francia. Il catalogo della mostra è arricchito da articoli di studiosi internazionali. Per l’Italia ha scritto Niccolò Ammaniti. Il suo intervento si intitola “Il tuffo di Picasso”.

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