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La grande retrospettiva di Robert Capa al Museo Diocesano di Milano

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Nicoletta Di Feo

Per la rubrica FLASH siamo stati all’interno del Museo Diocesano di Milano dove, fino al prossimo 13 ottobre, è allestita un'importante retrospettiva dedicata a Robert Capa. 300 opere, tra le quali alcuni capolavori assoluti come ‘Morte di un miliziano lealista’

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Si chiamaRobert Capa. L’Opera 1932-1954’ perché ripercorre le tappe principali della carriera di colui che è considerato uno dei fotografi più influenti del ventesimo secolo. 300 opere, selezionate dagli archivi dell’Agenzia Magnum Photos, dagli esordi nel 1932 fino alla morte avvenuta nel 1954 in Indocina per lo scoppio di una mina.

Curata da Gabriel Bauret, questa importante retrospettiva ha come obiettivo soprattutto quello di sottolineare l’accento della dimensione umana di Capa.

"Se le fotografie di guerra ne plasmano la leggenda”, ha dichiarato Bauret, “nei suoi reportage lo vediamo anche guardare la realtà da diversi punti di vista, concentrandosi su quelli che il fotografo Raymond Depardon definiva ‘tempi deboli’, in contrapposizione ai tempi forti che solitamente mobilitano l’attenzione dei giornalisti e richiedono loro di essere i primi e più vicini”.

 

9 sezioni, dalla Guerra Civile Spagnola alla Guerra d’Indocina

Ci sono immagini drammatiche, come 'Morte di un miliziano lealista', fotografia scattata nel 1936 sul fronte di Cordoba durante la guerra civile spagnola.

C’è la Cina immortalata sotto il fuoco del Giappone nel 1938, c’è il racconto in Normandia del D-Day. Ma c’è anche una vita che emerge prorompente, nonostante la guerra, come testimoniano i momenti di svago del Tour de France o la gioia dei soldati russi e americani che, insieme, festeggiano a Berlino la fine della guerra. C’è il reporter, ma c’è anche l’uomo. Perché è proprio l’aspetto umano di Robert Capa  ad emergere in questa importante mostra.

Fotografie che raccontano, cronologicamente, anche il metodo di lavoro che Capa utilizzava. Ci sono i soldati ma anche le popolazioni coinvolte nei conflitti: le donne, i bambini, le vittime, in fondo vere protagoniste dei suoi scatti. Come nella scena immortalata nel 1943 dove un contadino siciliano racconta ad un ufficiale americano durante la risalita dell’Italia da parte degli Alleati la direzione che avevano preso i tedeschi.

 

L'empatia di Robert Capa con i soggetti dei suoi scatti

Una mostra che mette in evidenza una delle più grandi qualità di Robert Capa, quell’empatia che gli permetteva di ‘esserci’ nella storia, e che suggerisce anche a noi oggi, grazie al suo sguardo straordinariamente presente, come guardare ciò che accade in un modo nuovo e niente affatto scontato.

 

“Questa mostra suggerisce qualcosa di interessante all’uomo di oggi”, ha dichiarato la direttrice del Museo Diocesano di Milano Nadia Righi. “Capa non si limita a documentare i fatti, ma si sofferma con uno sguardo straordinariamente empatico su volti e persone, mostrando un profondo interesse per l’essere umano e aiutando ciascuno di noi a guardare ciò che accade in un modo nuovo e niente affatto scontato”.

 

Di lui così scrisse Henri Cartier-Bresson: “Per me, Capa indossava l’abito di luce di un grande torero, ma non uccideva; da bravo giocatore, combatteva generosamente per se stesso e per gli altri in un turbine. La sorte ha voluto che fosse colpito all’apice della sua gloria”.