“L'ultimo padrino”: Luca Ponzi presenta il suo libro su Messina Denaro

Lifestyle
Carla Viazzi

Carla Viazzi

Nel volume non manca l’analisi su chi lo abbia protetto e anche un profilo psicologico del boss che amava vantarsi con gli amici dicendo “con tutte le vittime che ho fatto si potrebbe riempire un cimitero”

ascolta articolo

Matteo Messina Denaro è stato l’ultimo Padrino di Cosa nostra, ma è stato anche molto di più e la sua morte è ancora per certi versi avvolta nel mistero, così come parte della sua vita. Un uomo capace di restare un fantasma per 30 anni, ben nascosto e ben protetto, un criminale che non ha esitato a far sciogliere un bambino innocente nell’acido o a far uccidere un rivale in amore, insieme a tanti altri omicidi. Nel libro “L’ultimo Padrino. Vita, morte e crimini di Matteo Messina Denaro”, edito da Rubbettino, (che verrà presentato alla Feltrinelli di Genova il 7 marzo) Luca Ponzi ricostruisce come un uomo abbia potuto scalare la piramide mafiosa senza riuscire a farsi prendere. Nel volume non manca l’analisi su chi lo abbia protetto e anche un profilo psicologico del boss che amava vantarsi con gli amici dicendo “con tutte le vittime che ho fatto si potrebbe riempire un cimitero” e teneva appeso nel suo covo un poster del “Padrino”, il noto film con Marlon Brando.

 

Nel suo libro la storia di Messina Denaro parte da lontano

Da molto lontano, Matteo era un bambino come tanti, nato nella valle del Belice devastata dal terremoto, ma non era come tutti gli altri. Il padre don Ciccio o Zu Ciccio era il capo del mandamento di Castelvetrano, che ai tempi della guerra di mafia seppe allearsi con il clan vincente dei corleonesi. E il piccolo Matteo ebbe come padrino della cresima Antonio Marotta, considerato un “uomo d’onore” che nel curriculum poteva vantare di essere stato affiliato alla banda di Salvatore Giuliano. Un segno distintivo fin da piccolo.

"L’ultimo Padrino. Vita, morte e crimini di Matteo Messina Denaro”, edito da Rubbettino

Matteo Messina Denaro però era diverso dal padre?

Sicuramente era più sanguinario e aveva un disegno criminale più ampio. C’è una frase di don Ciccio che mi ha colpito, una raccomandazione data al figlio: "Ricorda, Matteo, c’è differenza tra un mafioso e un cretino con la pistola. Il mafioso non ha bisogno della pistola per farsi obbedire. Quando è costretto a sparare vuol dire che non è stato bravo a convincere quella persona". Matteo fin da giovane ha fatto esattamente l’opposto.

Lei, nel suo libro, parla di una lunga scia di sangue

Sì, ci sono gli omicidi accertati, come quello di Nicola Consales, il direttore di un hotel che fece l’unico errore di innamorarsi di una donna che piaceva a Messina Denaro. Poi ci sono le vittime di lupara bianca e quelli tolti di mezzo con sparatorie in pieno giorno, manco fosse la scena di un film. Messina Denaro era cinico e sanguinario, basti pensare all’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, fatto sciogliere nell’acido dopo un paio d’anni di prigionia. Aveva un'unica colpa, agli occhi del clan, essere il figlio di un pentito che stava parlando troppo.

Nel libro ci si sofferma poi sulla strategia stragista

Cosa nostra, che io definisco anche come Cosa grigia, visti i rapporti con il potere e i servizi segreti deviati, ha abbracciato la strategia stragista, mettendo le bombe a Firenze, in via dei Georgofili, Milano e Roma. Un segnale importante e diretto allo Stato.

Perché?

Il perché lo racconto nel libro. Finiti i tempi in cui un certo mondo politico proteggeva la mafia, Cosa nostra ha voluto far capire che era lei il vero potere. E dietro quegli attentati c’erano non pochi interessi.

Anche la cattura presenta dei lati oscuri?

Più di uno, a partire da quella che definisco la profezia di Baiardo, un uomo legato ai Graviano, amici di Messina Denaro e mafiosi di alto rango, che ne rivelò la cattura mesi prima che il boss venisse preso davvero nella clinica palermitana.

Con Messina Denaro è finita la mafia?

Sicuramente è stata molto indebolita, non è più quella degli anni Ottanta e Novanta, ma la mafia è camaleontica, come un fiume carsico scompare e poi riappare. Oggi spara di meno, ha capito che le scene da Far West appartengono al passato. Si muove nella finanza, continua a fare soldi con il traffico di droga, ha davanti nuove praterie rappresentate dal dark web. La mafia siciliana inoltre cerca alleanza per rafforzarsi. E Messina Denaro, lo racconto nel libro, aveva un progetto per dar vita alla multinazionale del crimine. Un progetto che non è detto sia morto con lui.



Lifestyle: I più letti