Il reducismo genera solo frustrazioni e persone scontente
Lifestyle ©AnsaLa complessità dei figli d'oggi e il rapporto con il passato, anche dal punto di vista pedagogico. Fino ad arrivare alle donne iraniane
Una delle espressioni più abusate riguardo ai genitori di oggi, dice che i ragazzi si sentono lontani da madri e padri. Tuttavia, nessuno spiega in cosa consista esattamente tale stato di cose e neppure i termini del divorzio, forse perché è difficile da spiegare o forse perché sappiamo, senza dirlo, che non serve a nulla continuare a raccontarci, come i reduci della Prima guerra mondiale, che i loro combattimenti erano un’altra cosa rispetto a quelli degli altri conflitti, perché questo reducismo, oramai diventato cultura dominante tra gli educatori, ma pare anche tra gli studiosi, genera solo frustrazioni e persone scontente, che usano molta parte del loro tempo a rimpiangere l’Idrolitina, le cartoline postali, le carrozze a cavalli, la macchina da scrivere Olivetti e i ragazzi di una volta, “che avevano rispetto dei grandi”. Chissà se poi era vero.
Il passato può diventare una grande consolazione
Da qui a pensare che il passato era meglio, anzi molto meglio, il passo è breve, e non importa se un secolo fa la speranza di vita nella prospera Europa era all’incirca la metà di quella di adesso e che eravamo tutti molto più bassi, sdentati e malaticci. Tanto per dire, se il Covid fosse arrivato un secolo fa, molti di noi non ci sarebbero perché si sarebbe verificata una strage di nonni e genitori, tra i quali la probabilità che ci fossero proprio i nostri era discretamente alta. Si da per certo che prima era meglio, sebbene non esistano prove sicure che fosse così, ma quando le cose non funzionano, il passato può diventare una grande consolazione, per molti lo è talmente tanto che sono disposti a sostenere qualsiasi proposta che riporti indietro l’orologio, ma non precisano mai esattamente dove dovrebbero fermarsi le lancette, perché in realtà scovare un’età dell’oro è problematico. Eppure, il passato per molti è un grande investimento, proprio perché c’è un pubblico potenziale enorme, una massa di clienti illimitata, che rendono facile “venderlo”, tanto non bisogna mai fornire prove, come nei miti.
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La leggenda del Ratto di Proserpina
Il mio accompagnatore, in attesa che iniziassi una conferenza a Enna, mi portò a visitare il vicinissimo lago di Pergusa, e mi intrattenne con le vicende legate al Ratto di Proserpina, che da allora, per sei mesi all’anno, abita il sottosuolo nei pressi di quello specchio d’acqua, insieme al suo rapitore, Plutone. Inutile dire che non c’è nulla di vero in quella leggenda, ma confesso di essermi emozionato lo stesso. Il nostro rapporto col passato funziona anche così, ma diventa sano solo se non lo idealizziamo, se magari ricordiamo che all’epoca in cui qualcuno si immaginò quella storia, così intrisa di prepotenza, le persone alla nascita avevano un orizzonte di vita che non raggiungeva i 25 anni. Non era il paradiso terrestre, e se vogliamo averne la certezza basta farsi un giro nel cimitero della nostra città e vagare tra le tombe dell’Ottocento, leggendo le date di nascita e di morte delle persone.
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Ad oggi mancano i punti di riferimento
Il rapporto con il passato, anche dal punto di vista della situazione pedagogica, è viziato dalle difficoltà del presente che ci portano ad attribuire virtù speciali, taumaturgiche, a ciò che ci precede, fenomeno che diventa più marcato a mano a mano che il progresso ci mette di fronte situazioni educative sempre più complesse, perché i nostri figli sono davvero più complessi. Per fortuna. La ragione di tale incremento di complessità è da ricercare nelle grandi modificazioni subite dall’ambiente -fisico, scientifico e culturale-, ingrediente fondamentale nella costruzione della personalità e del carattere, ambiente che negli ultimi decenni si è nettamente distaccato da quella placida continuità che caratterizzava il passaggio da una generazione all’altra, e faceva sembrare i figli la naturale prosecuzione, anche nell’aspetto, dei genitori. Questa treccia continua si è spezzata da tempo, lasciando senza punti di riferimento intere generazioni di nonni e di genitori che, proprio perché disorientati da tale salto, da tale frattura, cedono alla tentazione di volgere lo sguardo all’indietro, ottenendo come unico risultato un incremento delle distanze coi giovani. Sgomento che espone gli educatori all’inganno, alle facili soluzioni offerte da persone investite di pubbliche responsabilità, incapaci di immaginare presente e futuro, ma capacissime di stigmatizzare il primo e vedere pericoli nel secondo, incoraggiando l’adorazione di un passato privo di risposte, atteggiamento che con l’irruzione delle nuove tecnologie si è esasperato, complici quegli esperti che a giorni alterni evocano scenari apocalittici.
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Le donne in Iran
Jack London, guarda caso vissuto solo 40 anni, fatto abbastanza comune all’epoca, essendo nato nel 1876, faceva dire a un personaggio de I racconti del Pacifico, una donna di 19 anni “Tutte le donne si sposavano. Era il loro mestiere nella vita. Nostra madre, nostra nonna e andando indietro ancora, tutte si erano sposate. E così sposare George Castner era il mestiere della mia vita”. Rapportarsi a una ragazza di oggi con pensieri appena sovrapponibili a quelli che avete appena letto, farebbe accadere a casa nostra ciò che sta accadendo in Iran, dove le donne, una volta ancora, mostrano che a nessuno può essere permesso di educare al futuro pescando nel proprio passato, che non è nemmeno “il passato”, ma quel frammento che ci è toccato in sorte o quello che abbiamo creduto di vedere, interpretando soggettivamente. Come diceva un grande musicista, la tradizione è custodire il fuoco, non certo adorare le ceneri. Solo se ci è chiara questa premessa potremo sperare di avere udienza presso i nostri figli e di tornare a considerare la missione educativa, un regalo e non una maledizione.
Domenico Barrilà, analista adleriano e scrittore, è considerato uno dei massimi psicoterapeuti italiani.
È autore di una trentina di volumi, tutti ristampati, molti tradotti all’estero. Tra gli ultimi ricordiamo “I legami che ci aiutano a vivere”, “Quello che non vedo di mio figlio”, “I superconnessi”, “Tutti Bulli”, “Noi restiamo insieme. La forza dell’interdipendenza per rinascere”, tutti editi da Feltrinelli, nonché il romanzo di formazione “La casa di Henriette” (Ed. Sonda).
Nella sua produzione non mancano i lavori per bambini piccoli, come la collana “Crescere senza effetti collaterali” (Ed. Carthusia).
È autore del blog di servizio, per educatori, https://vocedelverbostare.net/