La criminologa di Garden City si ritrova catapultata nel paese dei burattini per risolvere il caso della misteriosa scomparsa di Geppetto. In un volume che celebra i 140 anni dalla prima pubblicazione dell'opera di Carlo Collodi mischiando realismo e sogno in una storia orginale. L'intervista all'autore
Pinocchio è nei guai, Geppetto si è perso, e Mangiafuoco e Lucignolo si sono messi in affari con un misterioso produttore. Fortuna che in Toscana, dalle parti di Collodi, si trova Julia, la criminologa di Garden City, in vacanza col fidanzato Ettore Cambiaso. E fortuna che Julia non è nuova a incursioni oniriche nel mondo della fantasia. Julia nel paese dei burattini (Sergio Bonelli Editore, 144 pagine, 16 euro) è un albo speciale pubblicato da Sergio Bonelli Editore per celebrare i 140 anni dalla prima pubblicazione di Pinocchio. A scriverlo, con l'aiuto di Maurizio Mantero e i disegni di Marco Soldi, è naturalmente Giancarlo Berardi, padre di Julia e prima ancora di Ken Parker, che a Sky TG24 racconta: “È un'idea che mi porto dietro da decenni”.
Com’è che Julia finisce nel paese dei burattini?
In casa mia mi si diceva che se avessi raccontato le bugie mi si sarebbe allungato il naso ma io non capivo il riferimento perché non conoscevo Pinocchio. Poi ho visto il film in un cinema parrocchiale e solo dopo ho potuto leggere il libro, che ha lasciato il suo segno su di me come su altri milioni di ragazzi. Ora ne ho diverse edizioni, illustrate da diversi illustratori bravissimi, italiani e non, e da quando ho cominciato a fare questo mestiere di narratore grafico ho sempre avuto il retropensiero di realizzare una versione a fumetti di Pinocchio. Non ci sono mai riuscito, perché ci voleva un disegnatore adatto e un editore disponibile. Poi, qualche anno fa, mi è venuto in mente che il paese dei burattini poteva riferirsi al nostro Paese e a tanti altri. E grazie al fatto che Julia è così malleabile e può adattarsi a tante situazioni, ho pensato di unirli in una storia nuova.
In Julia ci sono spesso citazioni e rimandi letterali, stavolta la vediamo direttamente immersa nel mondo narrativo di un'altra opera.
È un salto in avanti che io provo da tanti anni. Già dai tempi di Ken Parker, negli anni 70, inserivo in una serie western elementi di tanti altri generi. All'inizio lo facevo un po' per gioco, era una strizzatina d'occhio ai lettori che è sempre stata gradita: chi capisce la citazione si diverte di più, chi non la capisce si gode comunque la storia. Nel tempo si è creato una sorta di club tra i miei lettori, so che apprezzano questo tipo di cose, a me fa piacere e non amo ripetermi, perché cerco sempre nuovi stimoli. Si è instaurato un dialogo che rende possibili questi voli, forse a volte anche pindarici, che mi concedo.
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Prima ha detto che il paese dei burattini è anche un po' il nostro. In cosa sta l’attualità di Pinocchio oggi?
Nel fatto di essere un cittadino che però viene qualche volta anche utilizzato come un burattino. I fili che lo muovono sono spesso molto distanti da lui, molto in alto, e come facciamo tutti noi deve cercare di crearsi una propria autonomia di pensiero, cultura e azione, per non subire quella che poi alla fine è un'imposizione.
Nella storia ha scelto di usare il dialetto toscano. In modo anche piuttosto credibile. È stato difficile?
Anche questa è una cosa che ho già fatto nel passato. Ci sono storie di Julia ambientate a Genova dove, essendo io genovese, per me è molto più facile. L'ho fatto anche a Milano, a Venezia dove ho inserito anche Casanova tra i miei riferimenti culturali, e quindi ho voluto farlo anche per la Toscana. Ho la fortuna di avere un ottimo orecchio per lingue e dialetti. Senza esagerare, ho cercato di portare il toscano per mantenere la stessa atmosfera del libro di Collodi. Un po' di difficoltà c'è stata, anche perché i dialetti parlati sono una cosa, scritti un'altra. Il genovese si pronuncia in un modo e si scrive in modo totalmente diverso, per esempio. Ho degli amici toscani e mi sono confrontato con loro, mi sembra sia uscita una cosa che rende bene quel suono. Da musicista per me il suono e il ritmo sono importanti in ogni storia che scrivo.
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Si gioca tanto anche col metaracconto, con Pinocchio che sa di essere personaggio di una storia e lo dice, rompendo la quarta parate.
Anche con questo gioco mi sono dilettato già nel passato. Bisogna uscire dagli schemi, si finisce per essere ripetitivi e banali, il personaggio qualche volta deve parlare direttamente al lettore, un po' come Stanlio e Ollio facevano con lo spettatore nelle loro comiche. Si fa anche a teatro, l'attore a volte cerca nello sguardo degli spettatori sintonia e complicità.
Oggi i bambini sono più adulti o gli adulti sono più bambini?
Purtroppo i bambini vengono spinti a essere adulti in un'età in cui ancora non hanno gli strumenti, e questo non mi piace. Dovrebbero poter vivere una loro infanzia più serena senza essere spinti dalla pubblicità e dalla caratteristiche del nostro sistema verso un'età adulta, venendo soprattutto sessualizzati. Sono cose terribili perché segnano le vite dei bambini e danno un'idea di sessualità completamente avulsa dalla realtà mettendo le radici per la violenza di genere. Spero, invece, che gli adulti riescano a mantenere quel bambino interiore che nel mio caso è la fonte della mia sensibilità, creatività, curiosità e capacità di ascolto.
Julia è un personaggio estremamente concreto, legato alla realtà, che però si concede ogni tanto delle incursioni oniriche. Come si riesce a stare in equilibrio tra questi due mondi?
Non è facile. Intanto mi lasci dire che io penso a Julia non come a un personaggio ma come a una persona. Cerco di vedere in lei i limiti, i pregi e i difetti che sono tipici di tutti noi. Julia è una donna del nostro tempo, preparata, giovane, bella ed elegante. Fa un mestiere difficilissimo, è a contatto ogni giorno con delinquenti e scene cruente. Tutto questo non può passarle sopra come l'acqua fresca, quindi questo vissuto le lavora dentro ed esce in questa dimensione onirica che è un modo per allentare le tensioni. Trovo che questo la renda molto umana. Potrebbe essere una nostra vicina di casa, la nostra amica o la figlia che io avrei voluto, visto che non ho figli.
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Julia è una figlia che ormai da qualche anno è maggiorenne. Se si guarda indietro, qual è il momento che ricorda con più affetto?
Ce ne sono tanti, ma uno in particolare risale a una decina di anni fa, quando avevo deciso che Julia dovesse svilupparsi come donna e avevo pensato che dovesse avere un figlio. Ne parlai con l'editore, ancora Sergio Bonelli, il quale mi espresse il suo giudizio del tutto contrario. Pensava che i nostri lettori non l'avrebbero accettato, che la filosofia della casa editrice era basata più sull'avventura. Io avevo già abbozzato nove storie che raccontavano i nove mesi di gravidanza di Julia ma ho dovuto rinunciarci perché la filosofia di Sergio Bonelli doveva prevalere, io sono un professionista e devo rispettare l'editore. Quindi decisi che avrebbe adottato un bambino africano che chiamai Abebe, riflesso di un'adozione che io avevo fatto molti anni prima. In quel momento l'ho sentita particolarmente vicina, l'ho sentita ancora più umana nell'esprimere questo suo bisogno di maternità in qualche modo negato, è stato un momento di grande tenerezza che mi ha unito ancora di più a questo personaggio.
Julia ha superato da un paio d'anni l'età che aveva Ken Parker quando arrivò alla fine della sua corsa. Cosa l'aspetta nel suo futuro?
Questa è una domanda abbastanza difficile perché bisognerebbe parlare del mondo editoriale in generale, di quello fumettistico in particolare, dei progetti della Sergio Bonelli Editore e dei miei, visto che gli anni non passano solo per Julia ma passano anche per me. Una serie di 13 albi all'anno non è semplice, ci sono da coordinare tante cose per la scrittura, la curatela, i disegnatori, le copertine, tutti aspetti di cui mi occupo personalmente. Penso che continueremo con le storie di Julia finché l'editore ci darà la possibilità di farlo. Non c'è un problema di esaurimento di temi e idee, visto che mi ispiro alla realtà e a la realtà mi dà spunti di ogni tipo e potrei continuare ad libitum. Poi Ken Parker è l'altro mio figlio e nei suoi confronti ho sempre una grande attenzione e un grande affetto.