Assonime: quotate rispettano 65% raccomandazioni codice corporate

Lavoro
©Getty
GettyImages_assonimeok

Secondo uno speciale index le società quotate italiane rispettano pienamente il 65% delle principali raccomandazioni del codice di corporate governance

Le società quotate italiane rispettano pienamente il 65% delle principali raccomandazioni del codice di corporate governance. Lo si ricava da uno speciale index, messo a punto da Assonime per il Comitato italiano per la corporate governance, basato su 20 indicatori che coprono le principali raccomandazioni. E' una delle principali evidenze del Rapporto annuale di Assonime sulla corporate governance, giunto alla sua 20sima edizione. A mostrare una maggiore compliance con le best practice raccomandate dal Codice di autodisciplina sono soprattutto le società di maggiori dimensioni, le banche, le assicurazioni e le quotate prive di un forte azionista di controllo. Quanto agli argomenti, i principi che hanno l’applicazione più elevata sono quelli relativi alla composizione e alla struttura del board e alle policy di remunerazione, mentre hanno un’applicazione ancora parziale quelli relativi alla verifica dell’indipendenza degli amministratori e all’efficace funzionamento del cda. Su questi ultimi temi, la verifica di Assonime è particolarmente rigorosa perché valuta le prassi societarie considerando il rafforzamento delle raccomandazioni previste dal nuovo Codice che entrerà in vigore nel 2021.


"Nei suoi 20 anni di vita il maggiore successo del Codice - sottolinea il report - è rappresentato dal peso e la qualità raggiunto dagli amministratori indipendenti che ormai occupano circa la metà delle poltrone di un cda (60% per le società del Ftsb-Mib). È un ruolo, quello degli indipendenti, “inventato” dal Codice, rafforzato successivamente dalla legge (nelle operazioni con parti correlate o in caso di Opa). Attraverso comitati specializzati costituiti all’interno del cda, quegli amministratori privi di legami tali 'da condizionarne l’autonomia di giudizio', che è il requisito richiesto dal codice agli indipendenti, guidano il processo di gestione dei rischi, le policy di remunerazione, le operazioni con parti correlate, la scelta dei candidati per il board (quando lo statuto assegna al cda uscente il compito di formare una sua lista). I requisiti di indipendenza sono stati progressivamente resi più stringenti in seguito al monitoraggio effettuato annualmente da Assonime".


Più nel dettaglio, si legge nel rapporto di Assonime riguardo al funzionamento e alla composizione del board, i cda delle società italiane si riuniscono con molta maggiore frequenza rispetto a quello che accade in altri paesi. Per le blue chip vi sono in media 13 meeting l’anno contro i 9 in Francia, gli 8 in Gran Bretagna, i 7 in Germania e Olanda. Nonostante l’impegno di tempo richiesto il livello di presenza alle riunioni è elevato (93%). La diffusione dell’informazione preconsiliare è oggetto di specifiche procedure. Tuttavia, un terzo delle società quotate attribuisce alla “confidenzialità” la mancata diffusione delle informazioni preconsiliari, una pratica criticata dal comitato per la corporate governance. Continua ad essere relativamente basso il numero, pari a 64, delle società che indicano i piani di successione in caso di improvviso abbandono del Ceo, ma è un numero, sottolinea l'associazione nel rapporto, che sta crescendo negli anni. Erano 29 nel 2016 e 54 nel 2019.


Quanto alla presenza delle donne nei consigli, questo si approssima al nuovo 'minimo' delle quote rosa fissato a fine 2019 dalla legge (40% del totale dei consiglieri), da raggiungere a partire dei prossimi rinnovi. La quota femminile si attesta al 37% dei Cda e al 39% dei collegi sindacali. Continua ad essere piuttosto rarefatta la presenza del 'genere meno rappresentato' negli incarichi esecutivi, limitata al 7% per i presidenti ed al 5% per i ceo. Piuttosto, il maggiore ingresso delle donne nei consigli di amministrazione si accompagna, per loro, ad un aumento del fenomeno dell’interlocking. Sono donne più di metà degli 82 amministratori che detengono 3 o più incarichi in differenti Cda. L’età media degli amministratori è di 59 anni (le donne sono in media più giovani) e la loro anzianità nel board è mediamente di 6,4 anni. I consiglieri esecutivi rimangono in carica per più tempo (10,7 anni).

I più letti