Coronavirus: Fondazione Di Vittorio, ecco effetti su lavoro

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VERANO BRIANZA, ITALY - MARCH 25: Two designers use a CAD software to design a protective face mask at Cifra production plant on March 25, 2020 in Verano Brianza, near Milan, Italy. Cifra is a manufacturing company producing garments for leading global fashion brands. Following the novel Coronavirus outbreak in Italy, Cifra has converted its industrial activities to patent and produce a high-tech, double layered and water-repellent protective face mask for civil use, called WARP-MASK. (Photo by Emanuele Cremaschi/Getty Images)

Sono colpiti soprattutto 'i soliti noti'.

Nel secondo trimestre del 2020 la variazione congiunturale (rispetto al trimestre precedente) del numero di inattivi in età da lavoro è pari a +742 mila (+5,5%), incremento che sale a +1 milione 310 mila (+10,0%) se valutato su base tendenziale (rispetto al secondo trimestre 2019), mentre si sono persi 470 mila occupati su base congiunturale (-2,0%) e 841 mila nell’arco dei 12 mesi (-3,6%). Sono alcuni dei dati che emergono dall'ultima ricerca realizzata dalla Fondazione Di Vittorio dal titolo 'Il mercato del lavoro in Italia alla prova della pandemia: ripercussioni e prospettive', un’analisi delle conseguenze dell’emergenza sanitaria sul lavoro in Italia nel 2020 e una lettura di ciò che potrà verificarsi nel 2021.

Secondo l'analisi "diversamente dal solito, la crisi non ha generato nel breve periodo un aumento di nuovi disoccupati (almeno formalmente, vale a dire nell’accezione statistica di soggetto che cerca attivamente) perché le persone che hanno perso il lavoro non hanno potuto, a causa del lock down, cercarne un altro. Se prendiamo però in esame l’area della sofferenza, vale a dire le persone in età da lavoro (15-64 anni) disoccupate, scoraggiate (inattivi disponibili a lavorare che hanno rinunciato a cercare un impiego perché convinti di non trovarlo) o occupate in cassa integrazione, osserviamo che nel secondo trimestre dell’anno essa contava 5 milioni e 240 mila unità, circa 1 milione e mezzo in più rispetto allo stesso trimestre del 2019 (+40,5%)".

Secondo la Fondazione "va però stavolta valutato anche l’incremento straordinario di inattivi che non cercano lavoro per “altri motivi”, incremento imputabile alle restrizioni alla 2 mobilità imposte dall’emergenza sanitaria: considerando nell’area della sofferenza anche gli inattivi che hanno dovuto rinunciare alla ricerca di un lavoro (poco meno di un milione), la stessa area si dilata fino a 6 milioni e 212 mila unità nel II trimestre dell’anno".

Come emerge dalla ricerca "a pagare sono soprattutto i soliti noti: nonostante gli ammortizzatori sociali e il blocco dei licenziamenti abbiano contenuto l’emorragia di posti di lavoro, nell’arco di un anno, tra il secondo trimestre 2019 e il secondo trimestre 2020, i dipendenti a tempo determinato calano di 677 mila unità (-21,6%), un numero che copre da solo l’80% della diminuzione complessiva dell’occupazione osservata nei 12 mesi; i giovani under 35 perdono 416 mila occupati (-8,0%) e il corrispondente tasso di occupazione scende di 3,2 punti, fermandosi al 39,1%; le donne occupate diminuiscono di 470 mila (-4,7%) e il tasso di occupazione femminile si riduce di 2,2 punti, toccando in basso il 48,5; i lavoratori del Mezzogiorno, tra i quali è maggiore il peso dei dipendenti a termine e minore il peso degli occupati nell’industria, scendono di 331 mila (-5,3%)".

Il crollo dell’occupazione ha interessato in particolare gli impieghi nei servizi e nel commercio (-10,2% in un anno). Nel complesso dunque la crisi dovuta all’emergenza sanitaria ha colpito soprattutto, nel secondo trimestre 2020, le componenti più vulnerabili del mercato del lavoro, le posizioni lavorative meno tutelate e l’area del Paese tradizionalmente più in difficoltà, il Mezzogiorno; in altre parole, la pandemia ha acuito i divari preesistenti nella partecipazione al mercato del lavoro, spiegano dalla Fondazione Di Vittorio.

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