Smart working, 35% lavoratori potrebbe usufruirne

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Manon, employee of global PR group Sagarmatha - Hopscotch, connects with her colleagues in Paris via videochat at her home office (teletravail) in the French riviera city of Nice, southern France, on May 15, 2020, a few days after France eased lockdown measures taken to curb the spread of the COVID-19 pandemic, caused by the novel coronavirus. (Photo by VALERY HACHE / AFP) (Photo by VALERY HACHE/AFP via Getty Images)

Secondo una ricerca dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, rispetto all’effettivo 26% di lavoratori in smart working durante il lockdown e al solo 2% del 2019

Il 35% di tutti i lavoratori italiani potrebbe usufruire dello smart working data la struttura del nostro tessuto produttivo, rispetto all’effettivo 26% di lavoratori in smart working durante il lockdown (dati Bva-Doxa) e al solo 2% del 2019, come emerso da una ricerca dell’Osservatorio del Politecnico di Milano. Ma occorre un nuovo modello di lavoro inclusivo e che ottimizzi il work-life balance. Lo smart working è stato al centro del digital event “Italia 2021–Competenze per riavviare il futuro” organizzato da PwC Italia, trasmesso in diretta TV sul canale Active 501 di Sky e su tutte le piattaforme social di PwC Italia.

L’incontro ha visto la partecipazione del ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti, di Andrea Toselli, presidente e amministratore delegato di PwC, Alessandro Grandinetti, partner PwC Italia Clients and Markets Leader, Emilia Rio, Risorse Umane e Organizzazione Terna, Marco Piuri, amministratore delegato Gruppo Ferrovie Nord Milano, Alessia Mosca, segretario generale dell'Associazione Italia-Asean, Giorgio Del Mare, amministratore delegato ProperDelMare, e Paola Barazzetta, partner Diversity Inclusion PwC Italia. Work-life balance Il lavoro agile potrebbe aiutare molte donne a entrare o rimanere nel mercato del lavoro.

Secondo il Women in Work Index 2020 di PwC, se l’occupazione femminile raggiungesse il livello della Svezia (dove è occupato full-time il 60% delle donne in età lavorativa, contro il 32% dell’Italia), l’impatto sul Pil italiano sarebbe pari a 659 miliardi di dollari. A rendere in qualche modo inevitabile la transizione ad un’organizzazione del lavoro più flessibile è anche la progressiva insostenibilità di un modello che ha portato le persone a vivere in ufficio, sacrificando per il posto di lavoro altre sfere di socialità e realizzazione personale. Il 22% degli italiani, secondo la European Working Condition Survey evidenzia che lavora più di 40 ore a settimana e il 9% dei lavoratori almeno una volta al mese deve recarsi in ufficio con scarso preavviso. Le richieste non si traducono però in maggiore flessibilità: il 33% degli intervistati ritiene difficile riuscire a prendersi due ore libere durante l’orario di lavoro per esigenze personali o familiari.

Non possiamo, però, dimenticare che esiste una vasta e letteratura sulle criticità alle quali vanno incontro gli smart workers. Il possibile restringimento degli spazi di socialità offerti dagli uffici rischia di tradursi in un nuovo impoverimento del tessuto di relazioni. L’Harvard Business Review, già nel 2018, invitava a porre attenzione al rischio di burnout tra i lavoratori in smart working, ricordando come questa nuova modalità di lavoro richieda sforzi sia ai lavoratori (che devono imparare a coniugare senza sovrapposizioni diversi ambiti della propria vita) sia ai loro supervisori. L’efficienza dei lavoratori migliora con livelli contenuti di smart working, ma diminuisce con uno “smart working eccessivo”, il che implica l’esistenza di uno “sweet spot” in cui l’efficienza dei lavoratori e quindi la loro produttività – è massimizzata ai livelli intermedi di smart working.

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