I dati del nono report dell’Istituto al 30 settembre. I contagi sono pari a circa il 15% del complesso delle denunce pervenute dall’inizio dell’anno
Oltre 54 mila contagi sul lavoro da Covid-19 al 30 settembre, con 319 casi mortali. E’ quanto emerge dal nono report Inail. I casi di infezione da Covid-19 di origine professionale denunciati all’Inail alla data del 30 settembre infatti sono 54.128, pari a circa il 15% del complesso delle denunce pervenute dall’inizio dell’anno, con un’incidenza del 17,2% rispetto al totale dei contagi nazionali comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla stessa data e concentrati soprattutto nei mesi di marzo (51,2%) e aprile (33,8%).
Rispetto al monitoraggio precedente, effettuato al 31 agosto, le denunce in più sono 1.919, di cui 1.127 relative a infezioni avvenute in settembre e le altre 792 nei mesi precedenti, per effetto del consolidamento dei dati. E i casi mortali per contagio di covid 19 sul lavoro sono 319, 16 in più rispetto al 31 agosto (per lo più distribuiti tra marzo e aprile, con nessun decesso a settembre) e pari a circa un terzo del totale dei decessi denunciati all’Inail dall’inizio dell’anno, con un’incidenza dello 0,9% rispetto ai casi mortali da Covid-19 comunicati dall’Iss alla stessa data.
I decessi sono concentrati soprattutto tra gli uomini (84,0%) e nelle fasce 50-64 anni (69,9%) e over 64 anni (19,4%), con un’età media dei deceduti di 59 anni. In quasi nove casi su 10 (89,3%) si tratta di lavoratori italiani, mentre tra gli stranieri le comunità più colpite sono quelle peruviana (con il 17,6% dei decessi occorsi agli stranieri), rumena (14,7%) e albanese (11,8%). Prendendo in considerazione il totale delle infezioni di origine professionale denunciate, il rapporto tra i generi si inverte – circa sette contagiati su 10 (70,7%) sono donne – e l’età media scende a 47 anni.
Dall’analisi territoriale emerge che più della metà delle denunce presentate all’Inail per i contagi sul lavoro da Covid 19 (55,1%) al 30 settembre ricade nel Nord-Ovest, seguito da Nord-Est (24,4%), Centro (11,9%), Sud (6,2%) e Isole (2,4%).
Concentrando l’analisi esclusivamente sui casi mortali, la percentuale del Nord-Ovest sale al 56,7%, mentre il Sud, con il 16,0% dei decessi, precede il Nord-Est (13,8%), il Centro (11,6%) e le Isole (1,9%).
La Lombardia si conferma la regione più colpita, con il 35,2% dei contagi denunciati e il 41,7% dei casi mortali. Tra le province, invece, il primato negativo spetta a quella di Milano, con il 10.8% del totale delle infezioni sul lavoro denunciate, seguita da Torino (7,8%), Brescia (5,4%) e Bergamo (4,6%), che con 37 decessi, pari all’11,6% del totale, si conferma al primo posto per numero di casi mortali, seguita dalle province di Milano (8,2%), Brescia (7,8%) e Napoli (6,0%). Rispetto alle attività produttive coinvolte dalla pandemia, il settore della sanità e assistenza sociale – che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili – con il 70,3% delle denunce e il 21,3% dei decessi codificati precede l’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali), in cui ricadono l’8,9% delle infezioni denunciate e il 10,7% dei casi mortali.
Gli altri settori più colpiti sono i servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il manifatturiero (tra cui gli addetti alla lavorazione di prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare) e le attività dei servizi di alloggio e ristorazione.
Lo spartiacque del lockdown fa emergere differenze anche nell’analisi dei contagi sul lavoro per professione. Se la categoria dei tecnici della salute – con il 39,2% delle infezioni denunciate, oltre l’83% delle quali relative a infermieri, e il 9,5% dei casi mortali – si conferma la più colpita, seguita dagli operatori socio-sanitari (20,6%), dai medici (10,1%), dagli operatori socio-assistenziali (8,9%) e dal personale non qualificato nei servizi sanitari, come ausiliari, portantini e barellieri (4,7%), dopo il lockdown l’incidenza delle professioni sanitarie sul totale dei contagi da Covid-19 si è progressivamente ridotta. La categoria dei tecnici della salute, per esempio, è passata dal 39,8% del primo periodo, maggio compreso, al 26,3% del quadrimestre giugno-settembre, mentre per i medici dal 10,3% nella fase di lockdown è scesa al 5,7% in quella successiva. In settembre, però, l’incidenza di entrambe le categorie è tornata ad aumentare. Con la ripresa delle attività, invece, è cresciuta l’incidenza di altre professioni sul totale delle infezioni da Covid-19 denunciate all’Inail. È il caso, per esempio, degli esercenti dei servizi di alloggio e ristorazione (passati dallo 0,6% del primo periodo al 3,5% di giugno-settembre), degli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia (dallo 0,5% all’1,4%) o degli artigiani e operai specializzati (dallo 0,2% al 4,8%).
Al picco dei contagi da coronavirus sul lavoro dei mesi di marzo e aprile è seguito un ridimensionamento a maggio e, soprattutto, nei mesi estivi di giugno-agosto, con un andamento al di sotto dei mille casi mensili, anche per effetto delle ferie di cui hanno goduto molte categorie di lavoratori. In settembre, però, è emersa una recrudescenza dei casi denunciati, che hanno superato nuovamente quota mille, numero destinato ad aumentare ulteriormente nella prossima rilevazione, per effetto del consolidamento particolarmente influente sull’ultimo mese della serie.