Tra gennaio e giugno meno cancellazioni degli ultimi cinque anni
(ANSA) - PESCARA, 25 SET - L'insieme delle misure messe in campo per fronteggiare l'emergenza Covid-19, soprattutto cassa integrazione in deroga, blocco del pagamento di mutui e tasse, ha permesso sin qui al sistema delle imprese abruzzesi di poter respirare, ma per fronteggiare un futuro che non si annuncia affatto facile occorre adesso poter contare su altri provvedimenti, soprattutto legati al credito. E' il quadro emerso in una conferenza stampa che la Cna Abruzzo ha tenuto a Pescara, presenti il presidente Savino Saraceni e il direttore regionale Graziano Di Costanzo, per valutare quanto l'impatto dell'epidemia abbia prodotto nei primi sei mesi dell'anno nel sistema Abruzzo, ma soprattutto nel mondo della piccola impresa. A chiarire lo scenario sono state le cifre presentate dal ricercatore Aldo Ronci in due distinti studi realizzati per la confederazione artigiana, dedicati a dinamica delle imprese ed export: studi che rivelano un quadro profondamente diverso. Il primo svela un dato sorprendente e per certi aspetti paradossale: il decremento delle imprese artigiane si ferma a quota -273, ovvero la cifra più bassa del quinquennio tra gennaio e giugno da cinque anni a questa parte. Ovvero proprio nel bel mezzo del picco della pandemia. La flessione registrata ha colpito indistintamente le quattro province, a partire da Pescara (-84), seguita da Teramo (-73), Chieti (-68) e L'Aquila (-48), incidendo più profondamente nel manifatturiero (-82), servizi alla persona (-83), costruzioni (-47), trasporti (-19), riparazione auto e prodotti per la casa (-20). Un punto sula quale, oltretutto, la ricerca di Ronci rivela come sia stata comunque il mondo dell'artigianato e della micro impresa a pagare il prezzo più alto: le 273 imprese sono infatti la quasi totalità delle perdite registrate sommando tutta l'impresa abruzzese (274). Più problematico, simmetricamente rovesciato, è invece il quadro offerto dalle cifre sulle esportazioni. I numeri relativi allo stesso periodo dicono infatti che rispetto al 2019 si sono persi 715 milioni di euro (3.668 contro 4.383), con una media superiore a quella nazionale di un punto: 16,3% contro 15,3%. Una perdita - in questo caso la più grave degli ultimi cinque anni - generata evidentemente dalla chiusura imposta dalla pandemia a grandi gruppi industriali: illuminante in proposito la caduta dei mezzi di trasporto di 619 milioni, che vale il 26,3%, che ha tagliato le gambe alla provincia di Chieti. Perdita di enormi dimensioni solo parzialmente compensata dalle performance del farmaceutico (153 milioni in più arrivato quasi tutto dal polo aquilano, con un 112% in più, che consente di fare della provincia dell'Aquila l'unica d'Abruzzo con il segno positivo), ma anche dalle apparecchiature elettroniche (32 milioni in più).
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