Chi era Aldo Buzzi, lo scrittore che trasformò un uovo alla kok in un gioco

Spettacolo

Filippo Maria Battaglia

IL LIBRO DELLA SETTIMANA Per decenni è stato considerato un autore cult ma è rimasto prigioniero della sua originalità. Ora La Nave di Teseo pubblica l'intera opera, riportando così in libreria almeno un paio di spigolature che meritano la lettura

Uno che sfugge alla banalità è difficile da ricordare in modo sintetico. Si può provare con l'aneddoto o la citazione, ma il rischio è che le parole girino a vuoto e che si finisca presto col restare impiccati ai soliti stereotipi. Proviamo allora a fare un po' di ordine in questa storia. Aldo Buzzi nasce nel 1910 a Como, "nell'Italia del nord", e ha un cognome che - racconta - "per essere pronunciato correttamente dagli americani dovrebbe essere scritto così: Bootsie". Il padre fa il chimico, va da uno stabilimento all'altro; la madre è tedesca ed è arrivata giovanissima a Prato. La laurea arriva nel 1938 ed è in architettura, ma la vera folgorazione è per la letteratura. Buzzi debutta presto nelle riviste dell'ultimo scorcio del Ventennio, prima di approdare al cinema e di collaborare negli anni con Alberto Lattuada e Federico Fellini. E' da quell'esperienza che nasce il "Taccuino dell'aiuto-regista", un libretto del 1944 in cui si intravede già tutta la grazia e l'ironia che innerverà i suoi scritti: l'attenzione al dettaglio, l'ossessione per l'aspetto marginale, un humor finissimo e un inconfondibile tono colloquiale.

In Rizzoli, a scovare gli errori

Nel dopoguerra Buzzi trova lavoro e stipendio in Rizzoli (dove diventerà caporedattore), abilissimo nello scovare errori e storpiature: "Tagliare un testo, ricomporlo, suggerire modifiche furono la sua pratica zen", scrive Antonio Gnoli nell'informata e affettuosa introduzione al volume che ora raccoglie "Tutte le opere", per le attente cure di Gabriele Gimmelli (La Nave di Teseo, pp. 566, euro 35). "Dava la caccia ai refusi come se fossero criminali nazisti. Annotò con rammarico che Italo Svevo fra i tanti amici non ne ebbe nessuno che gli indicasse gli errori di italiano sparsi nelle sue pagine. Perfino Gadda - aggiunse mestamente - rimase vittima della trascuratezza editoriale". 

L'uovo alla kok

Il debutto come autore è del 1944, ma il successo - se così si può definire - è datato fine anni Settanta. Dopo "Il Piccolo diario americano" (nato dopo un soggiorno da uno dei suoi più cari amici, l'illustratore Saul Steinberg), nel 1979 esce per Adelphi con "L'uovo alla kok" e  diventa un autore di culto. Il libretto è una dissacrante (e anche molto divagante) dissertazione sulla cucina, che ha il grande pregio di alternare ricette (tutte facilmente sperimentabili, a partire da quella che dà il titolo al libro, volutamente trascritta in italiano) a considerazioni culinarie ed esistenziali addensate in epigrammi folgoranti, come questo: "Quando arriva il progresso, il pollo si trasforma in dado".

I suoi libri (in gran parte editi da una lama raffinatissima dell'editoria nostrana, Vanni Scheiwiller) vengono ripresi e ristampati, sono poco letti ma sono tutti molto citati e sono sempre accompagnati dallo sguardo complice e ammiccante di chi sa che il riferimento, anche se in voga, resta comunque nel perimetro relativamente ristretto degli addetti. 

Lo stigma dell'effimero

Buzzi viene scoperto (o riscoperto), dunque, ma è una riscoperta che ha il sapore effimero di una moda letteraria, e il suo profilo di certo non aiuta: troppo ibrido, troppo ispido e troppo dimesso. Lo stigma dello scrittore lieve, ironico e spiazzante, ma sempre un poco incompiuto e velleitario, resta così incrostato alla sua firma e non la lascia più.

Passa gli ultimi anni nel quartiere milanese di Lambrate, in un appartamento di via Bassini - così lo descrive Gnoli - abbastanza spoglio e anonimo. Una delle ultime diapositive ce le regala proprio Gnoli, nel 2001, otto anni prima della morte: "Vidi un uomo che non corrispondeva all'età e all'ambiente in cui viveva. Aveva l'aria divertita e tagliente di un personaggio da romanzo inglese degli anni Trenta. Credo fosse inconsapevole della propria grandezza letteraria, così poco convenzionale. O quantomeno non gliene importava più di tanto". L’edizione integrale delle sue opere pubblicata ora dalle Nave di Teseo ha quindi innanazitutto questo pregio: sconfessare un po’ di stereotipi e, al contempo, circoscrivere l’eccentricità di un autore che ha fatto del divertimento intellettuale il suo baricentro narrativo. Se vi capiterà di sfogliarla o di acquistarla, fermatevi su "Parliamo d'altro" e su "Un debole per quasi tutto": sono, al di là di due brillanti titoli, due spigolature che resistono al tempo e meritano ancora oggi la lettura.

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