Nicola Panevino non si piegò ai nazisti e fu fucilato a 34 anni
(ANSA) - POTENZA, 04 MAR - "Se un giorno io potrò tornare, la mia fronte potrò portarla alta, perché non arrossirò davanti a nessuno": sono parole scritte dal magistrato lucano Nicola Panevino alla moglie, Elena, in una delle ultime lettere scritte prima di essere fucilato dal nazisti, nel marzo del 1945.
Una storia raccontata oggi - arricchita da un'intervista alla figlia del giudice, Gabriella - nel volume "La scelta difficile" (Edigrafema, collana DietroFront), scritto dal giornalista Emilio Chiorazzo, anch'egli originario della Basilicata, che vive e lavora in Toscana. Lucano, poi vissuto a Napoli, Panevino finì a Savona, dove era giudice istruttore: dopo l'8 settembre 1943, aderì alla Resistenza, "con un ruolo di supporto politico, pratico e logistico". Di radici cattoliche, aderì prima a Giustizia e Libertà, poi al Partito d'Azione e divenne componente del Comitato di liberazione nazionale "in una Savona dove sospetti e delazioni si rincorrevano. Una di queste gli causò il carcere, mentre era diventato padre da pochi mesi". In cella, sopportò "ogni forma di tortura", anche grazie alla sua "fede incrollabile". (ANSA).