La Fed sta favorendo Trump o Harris? L'ex banchiere centrale svela qualche piccolo segreto

Nella corsa alla Casa Bianca c’è un “convitato di pietra” : è la banca centrale americana. La decisione della Federal Reserve di abbassare il costo del denaro, a metà settembre, ha riacceso infatti il dibattito politico: che ruolo ha l’istituto di Washington nel rush finale per le elezioni presidenziali del 5 novembre? Detta semplice : per alcuni vuole favorire Trump . Perché una banca centrale che taglia il costo del denaro, per la prima volta dalla crisi pandemica del 2020, e di ben mezzo punto percentuale lancia un messaggio in fondo allarmistico: l’economia va rilanciata perché va male, rischia la recessione, anche a causa – questo il non detto – della cattiva amministrazione Biden. Per altri, invece, vuole favorire Harris. Perché dando ossigeno all’economia, ai prestiti, ai mutui, ai consumi, fa percepire agli americani un miglioramento nelle loro vite ascrivibile anche al merito – questo il non detto – della buona amministrazione Biden. Sky Tg24 ha voluto capirne di più, e ha chiesto spiegazioni a chi ha fatto parte per anni di una delle più importanti banche centrali del mondo: la BCE. Ignazio Angeloni, economista, docente in prestigiose università italiane, europee e statunitensi, è stato per molti anni membro del Supervisory Board della Banca centrale europea, e ci racconta con linguaggio semplice cosa accade davvero nelle stanze in cui vengono prese le decisioni che poi impattano sulle nostre tasche. Nella Corsa alla Casa bianca chi può trarre più giovamento dal taglio tassi della Fed tra Trump e Harris, secondo lei? O avrà impatto neutro? Penso che l’impatto politico di quella mossa della Fed sia sostanzialmente neutro. Le decisioni della banca centrale sono riportate con enfasi dalla stampa finanziaria ma non attraggono molto l’attenzione del cittadino medio, che il più delle volte non comprende e non presta attenzione alle decisioni della banca centrale. Il loro impatto diventa importante se si riflettono in modo significativo su variabili più vicine all’attenzione del cittadino medio, come il costo del credito al consumo e i tassi sui mutui delle case. Queste sono le variabili che contano per le famiglie, che si indebitano per l’acquisto della casa, dell’automobile e di altri beni di consumo durevoli. Le indagini di opinione mostrano che i cittadini americani giudicano negativamente la situazione economica attuale, a causa dell’inflazione e degli alti tassi di interesse, e ne attribuiscono la responsabilità all’amministrazione Biden. Segni tangibili di miglioramento su questi fronti potrebbero quindi giovare all’amministrazione uscente, ma è difficile che questo accada ora, in tempi rapidi, perché la riduzione del tasso è avvenuta piuttosto a ridosso della scadenza elettorale ed occorre un po’ di tempo perché dispieghi i suoi effetti. Più in generale, quanto può incidere una decisione di politica monetaria, in questo momento, sulla corsa alla Casa Bianca? Può spostare davvero gli equilibri? Non credo che incida molto. Tutte le evidenze mostrano che l’elettorato americano è polarizzato, con preferenze che tendono a restare invariate. Esiste una fascia di elettori “indecisi”, ma questa componente è di dimensione limitata. La Federal Reserve è un istituto davvero indipendente o, come accusano alcuni osservatori, in certe fasi delicate della contesa politica può avere un ruolo? La Federal Reserve è un’istituzione indipendente. I componenti del Federal Open Market Committee, quando dibattono e votano su una decisione di politica monetaria, si concentrano sui dati presentati dallo staff, che sono improntati agli obiettivi della banca centrale – due negli Stati Uniti: la stabilità dei prezzi e la massima occupazione. Le minute delle riunioni mostrano che il contenuto del dibattito è tecnico; le decisioni si attengono strettamente a quel dibattito. Detto questo, ciascuno dei membri di quel comitato ha evidentemente le proprie idee politiche, che a loro volta hanno probabilmente influenzato la rispettiva nomina nella Fed. La nomina dei membri del Federal Reserve Board appartiene al Governo, ed è ratificata dal Congresso; è quindi una nomina politica. In questo senso indiretto, la politica può avere un’influenza nel lungo andare. Ci sono differenze, e se sì quali, tra i banchieri centrali i USA e quelli in Eurozona? Una differenza importante è nella composizione dell’organo decisionale. Il Federal Open Market Committee americano è composto di dodici persone, di cui sette governatori del Federal Reserve Board, con sede a Washington, e cinque presidenti delle Fed regionali. I primi tendono a esprimere nel comitato le istanze federali e centralistiche, i secondi possono essere più sensibili alle esigenze locali. La maggioranza appartiene ai governatori del Board, che esprime anche il presidente. Nel caso della Bce, al contrario, gli esponenti basati nella sede centrale di Francoforte sono in netta minoranza: solo sei , in un Consiglio Direttivo che conta ben 26 membri . Quindi, la banca centrale europea è più sbilanciata verso le istanze locali della sua omologa americana. In alcuni casi, coalizioni di governatori nazionali, potenzialmente influenzati da istanze locali e specifiche, possono mettere sei i membri del Comitato Esecutivo in minoranza. A questo si aggiunge il fatto che i venti membri che siedono nel Consiglio in quanto governatori delle banche centrali nazionali sono scelti dai governi nazionali, senza alcun “filtro” da parte delle istituzioni europee. Anche sulla nomina dei membri del Comitato Esecutivo influisce fortemente la volontà politica dei paesi membri, specialmente quelli più grandi, pur essendo alla fine tale nomina sottoposta al vaglio del Parlamento e del Consiglio Europei. Attraverso tutti questi canali, la politica dei singoli Paesi contribuisce a determinare le caratteristiche e le preferenze delle persone che votano sulla politica monetaria nel Consiglio Diretttivo della Bce. Draghi col suo famoso “Whatever it takes” ha cambiato le sorti dell’Euro e probabilmente anche il ruolo, almeno quello percepito, delle banche centrali: è stato un unicum nella storia o potrebbe riproporsi? Tendo a pensare che sia stato un unicum, sia per le circostanze del tutto particolari in cui è stato espresso , sia soprattutto per le caratteristiche della persona che lo ha espresso: una combinazione di sicurezza personale, savoir faire, propensione ad accettare rischi calcolati, perfetta conoscenza dell’elemento tecnico e della psicologia dei mercati finanziari. Tutte caratteristiche che Draghi possiede e che sono difficilmente ripetibili nel loro insieme. Rimane il fatto che quel pronunciamento di Draghi non solo rimarrà nella storia come una delle mosse più coraggiose ed efficaci di tutta la storia del central banking, ma ha cambiato, sia pure implicitamente, la “dottrina” all’interno della Bce. In quel giorno del luglio 2012 Draghi ha affermato che la Bce è responsabile, nel proprio mandato, della sopravvivenza e della stabilità dell’euro. E che gli strumenti a sua disposizione sono sufficienti a svolgere quella responsabilità con successo. Mi riesce difficile pensare a un futuro o una futura presidente della Bce che decida di venire meno a quell’impegno. Questa “dottrina Draghi”, che in precedenza non era affatto scontata o condivisa, resterà. Per la sua esperienza da banchiere centrale, quando si deve prendere una delicata decisione, la stanza della riunione è del tutto impermeabile alle pressioni dall’esterno e “si guarda solo ai dati” o dalle finestre qualche spiffero entra comunque? Nella stanza in cui si prendono le decisioni di politica monetaria vige un alto grado di disciplina: il dibattito e la deliberazione sono improntati esclusivamente al mandato della banca centrale e a come usare al meglio gli strumenti della banca centrale per realizzare quel mandato. Il presidente è responsabile di mantenere questa disciplina. Divagazioni, considerazioni estranee, posizioni esplicitamente politiche o partitiche, non sono tollerate e se espresse portano alla perdita di credibilità e influenza della persona in questione. Questo non significa, come ho già detto, che le preferenze politiche dei membri del Consiglio non abbiano un’influenza indiretta. Modelli e dati economici raramente portano a conclusioni univoche. Più spesso, devono essere interpretati. E nell’interpretazione entrano inevitabilmente giudizi di valore. Quale deve essere il ruolo di un banchiere centrale nella cultura europea e qual è il suo ruolo nella realtà? I due coincidono? Sono convinto che il ruolo del banchere centrale nella società, europea e in generale, sia molto importante, non solo in quanto espressione dell’interesse generale, ma soprattutto per il fatto di interpretare questo interesse generale con un’ottica esplicitamente di medio periodo. Da questo punto di vista, il ruolo della banca centrale nella società è unico, anche rispetto ad altre agenzie delegate che agiscono in parte fuori dal controllo politico. Questa è una ragione principale per cui l’indipendenza della banca centrale è così importante, e per la quale essa gode di protezione costituzionale.