In Unione europea la difesa è un puzzle. E per risolverlo non basta spendere

L’attenzione della politica e dell’opinione pubblica per la spesa per la difesa nei paesi membri dell’Unione Europea è aumentata dopo l’invasione russa dell’Ucraina. La spesa per la difesa sta crescendo rapidamente in quasi tutti i paesi e si stanno rimediando alcuni dei problemi nella qualità di tale spesa. Ma la situazione resta preoccupante per diversi motivi . Inversione di tendenza Partiamo dai numeri complessivi. Per il totale dei paesi dell’UE la spesa per la difesa è cresciuta da un minimo storico dell’1,3% del Pil nel 2015 all’1,7% nel 2023. La NATO prevede che raggiungerà l’1.9% nel 2024. L’inversione di tendenza dopo il calo della spesa iniziato alla fine della guerra fredda è stato dovuto alla decisione presa al summit NATO in Galles nel settembre 2014 in risposta all’invasione russa della Crimea, con un’accelerazione dopo la crisi ucraina. In tale summit si rafforzò l’impegno da parte dei paesi NATO di portare la spesa per la difesa al livello minimo del 2% del Pil. Nel 2024 solo nove paesi dell’UE resterebbero sotto quel livello, tra cui l’Italia . C’è chi parla già di economia di guerra, ma siamo ancora molto al di sotto del livello della spesa per la difesa in Europa alla fine degli anni ’80 , per non parlare di quello degli Stati Uniti o di quello dei paesi che già stanno effettivamente combattendo una guerra . Paragoni con la Russia Ciò detto, il livello aggregato della spesa nell’UE non è certo basso rispetto a quanto sarebbe necessario per fronteggiare, anche in assenza di un sostegno da parte degli Stati Uniti, un’eventuale aggressione con armi convenzionali proveniente da Est. In termini di personale, la dimensione delle forze armate dei paesi europei è all’incirca uguale a quella russa . La spesa complessiva è quasi tre volte più grande. Anche correggendo per le differenze nel potere d’acquisto dell’euro e del rublo, la spesa dei paesi UE è almeno comparabile a quella russa. Ci sono però due problemi. Spesa frammentata Il primo è la frammentazione della spesa e della produzione per la difesa nei 27 paesi dell’UE. Non commento qui i problemi di coordinamento tattico-strategico che da questa frammentazione sorgerebbero in caso di conflitto, limitandomi a considerazioni in campo economico. Sul lato della domanda di materiale militare, la frammentazione significa una grande diversità tra i tipi d’arma in uso nei diversi eserciti europei, nonostante gli sforzi compiuti, soprattutto nel settore aerospaziale, per iniziative comuni. Gli acquisti effettuati in comune sono dell’ordine del 10-15%; il resto è gestito a livello nazionale. Nel 2017 esistevano 178 differenti tipi di armi, contro 30 negli Stati Uniti, di cui 17 diversi tipi di carri armati , 29 tipi di cacciatorpedinieri/fregate e 20 tipi di aerei da caccia . Dal punto di vista economico questa frammentazione comporta minori economie di scala e, quindi, costi più elevati o, a parità di spesa, una minore quantità o qualità di armamenti. Piccoli produttori di armi Sul lato della produzione di materiale bellico la frammentazione è evidenziata dalla minore dimensione delle imprese europee che operano in questo campo rispetto a quelle americane . Solo 17 delle 100 più grandi imprese che producono militare bellico nel mondo si trova nell’UE. Nel 2021 le loro vendite erano in media di 4,5 miliardi di dollari, contro 7,2 miliardi delle imprese americane. Nello stesso anno la maggiore impresa europea era Leonardo, con un fatturato di 15 miliardi. La maggiore impresa americana era Lockheed Martin con un fatturato di 66 miliardi. Tanti soldati poco armati Il secondo problema che indebolisce l’efficacia della spesa per la difesa in Europa riguarda la composizione della spesa, troppo sbilanciata verso le spese per il personale rispetto a quelle per armamenti e operazioni . Per ogni militare in servizio la spesa per armamenti e operazioni è quattro volte più grande negli Stati Uniti che nella mediana dei paesi UE. Gli Stati Uniti hanno un reddito pro capite più alto di quello europeo, ma anche correggendo il confronto per la differenza nel reddito pro capite, la spesa per armamenti e operazioni per militare in servizio è di gran lunga superiore negli Stati Uniti a quella di tutti i paesi UE tranne Ungheria e Polonia. Riassumendo, i nostri soldati non sono pochi, ma sono relativamente poco armati e si esercitano meno nell’uso delle armi disponibili. Questi problemi sono noti ai responsabili della nostra politica di difesa. Qualcosa si sta facendo. Quasi la metà dell’aumento della spesa per la difesa dal 2015 al 2023 è costituita da spese per armamenti, ben più della quota di tale spesa sul totale nel 2015. La Commissione Europea continua a spingere per un aumento delle iniziative di acquisti in comune. Ma la strada da percorrere è lunga e, come spesso accade per le vicende della UE, è ostacolata da interessi nazionali e rivalità anti-storiche che impediscono quell’unità di azione che sarebbe necessaria per migliorare l’efficienza della spesa per la nostra difesa.

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