Sono diversi i fattori che influenzano l’età di pensionamento, il Corriere della Sera prova a fare chiarezza ipotizzando, attraverso una divisione per fasce, quando i lavoratori potranno andare in pensione: nella maggior parte dei casi tra i 60 e 68 anni, in altri invece bisognerà attendere oltre i 70 anni
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- La maggior parte degli italiani potrà andare in pensione tra i 60 e i 68 anni; tuttavia, in alcuni casi, questi tempi potranno essere allungati, con l’attesa che arriverà anche oltre i 70 anni. A calcolarlo è il Corriere della Sera, che ha suddiviso i lavoratori in diverse fasce provando a ipotizzare quale sarà l’età di pensionamento in ognuna di esse
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- Ovviamente il valore della pensione è legato ai contributi versati; meno anni si lavora e minore sarà il reddito, minore sarà l’importo della pensione. Ogni anno questi contributi si rivalutano poi per l’andamento del Pil: minore è la crescita dell’economia del nostro Paese, minori saranno le pensioni
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- Partiamo da coloro che possono sfruttare il requisito di pensione anticipata, oggi pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne: si tratta di lavoratori che hanno iniziato a lavorare presto, entro i 24 o 25 anni
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- Passiamo poi a chi potrà andare in pensione con il requisito di vecchiaia, che oggi prevede 67 anni di età e 20 di contributi. Si tratta di lavoratori che hanno iniziato a contribuire entro il 1995 e che non possono godere del requisito di pensione anticipata contributiva
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- Il requisito di pensione anticipata contributiva, riservato a coloro che hanno contributi versati esclusivamente a partire dal 1996, è oggi quello prevalente. Consente di andare in pensione tre anni prima (oggi a 64 anni di età con 20 di contribuzione), a patto di avere una pensione pari ad almeno 3 volte l’assegno sociale (circa 1.325 euro netti al mese). Per chi avesse una pensione inferiore all’assegno sociale (oggi pari a 534 euro al mese), si potrebbe arrivare a sfiorare perfino i 75 anni
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- Per tutti i lavoratori quindi se la pensione sarà superiore a circa 1.325 euro netti al mese si apriranno le porte della pensione anticipata a 64 anni, da incrementare nel tempo per l’aumento dell’attesa di vita. Per le lavoratrici la soglia invece cambia a seconda del numero dei figli: per chi ne ha uno, la soglia scende a circa 1.250 euro netti al mese (2,8 volte l’assegno sociale), mentre per chi ne ha due o più a circa 1.170 euro (2,6 volte)
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- Un’altra fascia è quella relativa alla Quota 103: si può anticipare il ritiro dal lavoro al compimento dei 62 anni di età e alla maturazione di 41 anni di contributi, ma si è obbligati al ricalcolo integralmente contributivo dell’assegno pensionistico. Il guadagno massimo in termini temporali è relativamente modesto per le lavoratrici (10 mesi) e di dodici mesi superiore (1 anno e 10 mesi) per gli uomini
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- Per il 2024 e il 2025 inoltre, in via sperimentale, sarà disponibile per i lavoratori che hanno iniziato a lavorare dal 1996 in poi la cosiddetta pace contributiva, che consente di colmare buchi contributivi diversi dal riscatto di laurea, compresi tra il 1° gennaio del primo anno di contribuzione e il 2023
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- Venendo agli assegni, se si prendono in considerazione i lavoratori dipendenti, il rapporto è simile tra uomini e donne: i tassi di sostituzione oscillano infatti nei casi simulati tra poco più del 60% e l’80%: le principali differenze sono dovute alle diverse età di pensionamento. Il requisito di pensione anticipata è infatti di un anno inferiore per le donne (41 anni e 10 mesi) rispetto a quello previsto per i lavoratori (42 anni e 10 mesi)
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- Il valore della pensione per i lavoratori autonomi invece può variare tra poco più del 50% e l’80% sia per gli uomini che per le donne, variabilità dovuta al minore versamento di contributi rispetto a un dipendente