Si rafforza l'ipotesi di un’uscita anticipata senza dover aspettare i 67 anni, ma con un calcolo della pensione solo in base ai contributi versati che comporterebbe un taglio
Andare in pensione prima dei 67 anni ma con un assegno più leggero. E’ su questa strada che si sta concentrando la riforma della previdenza, dietro la spinta dei sindacati che vogliono abbassare la soglia di età stabilita con la legge Fornero, visto che Quota 102 (cioè a 64 anni di età e 38 di contributi) vale solo fino a dicembre.
Ricalcolo con sistema contributivo
Se il signor Rossi ha cominciato a lavorare prima del 1996 potrebbe mettersi a riposo al 64esimo compleanno, ma l’Inps gli darebbe meno perché calcolerebbe l’assegno tutto col sistema contributivo (anziché con quello misto che gli spetterebbe). Il taglio, si ipotizza, potrebbe essere di circa il 10 per cento se si accorcia di tre anni l'uscita dal lavoro.
In pratica, questo modello somiglia a quello già esistente per chi ha iniziato a lavorare dopo il ’96 e può lasciare il posto senza dover aspettare i 67 anni. A patto che abbia almeno 20 anni di contributi versati e che l’assegno risulti superiore a 1300 euro lordi al mese. Un anticipo così fatto potrebbe dunque valere anche per chi ha iniziato a lavorare più di 26 anni fa e ricade ancora in parte nel vecchio sistema retributivo, che garantisce in genere assegni più corposi e che riguarda quasi tutti di lavoratori prossimi al pensionamento.
I dubbi dei sindacati
I sindacati sono preoccupati che col ricalcolo contributivo l’impatto sul portafoglio possa essere molto alto. L’ipotesi invece piace a Palazzo Chigi, perché non creerebbe voragini nei conti pubblici, a differenza dell’uscita con 41 anni di versamenti Inps a prescindere dall’età, sostenuta da Cgil, Cisl e Uil, ma che il governo ritiene troppo costosa.