La forte crescita dei prezzi può trovare impreparati i risparmiatori. L'inflazione infatti può erodere, fino ad annullare, i rendimenti sui titoli poco rischiosi. E far perdere molti soldi a chi lascia i propri risparmi sul conto corrente.
Inflazione, prezzi, materie prime. Negli ultimi mesi gli operatori finanziari non fanno che parlare di questo spinti dai dati economici del rimbalzo post-riaperture. L’andamento dei prezzi è infatti in forte ascesa: a settembre rispetto allo stesso mese del 2020 erano cresciuti del 5,4 per cento negli Stati Uniti e del 3,4 in Eurozona. Valori molto più elevati di quelli a cui siamo stati abituati negli ultimi decenni, con conseguenze anche sui nostri risparmi.
Cosa è l’inflazione
L’inflazione ha un effetto molto concreto sulle nostre vite. Se anche in Italia raggiungesse il 5 per cento annuo, vorrebbe dire che – in media – i nostri acquisti diventeranno più costosi. Prendiamo l’esempio di un pacco di pasta al supermercato: se fino all’anno scorso è costato 1 euro, da quest’anno dovremo pagarlo 1 euro e 5 centesimi, perché il suo prezzo è salito quanto l’inflazione, del 5 per cento. Ovviamente l’indice è una media di tutti i prezzi: la pasta probabilmente non aumenterebbe così tanto, ma le bollette - come è effettivamente accaduto - potrebbero raggiungere variazioni importanti.
I risparmi possono perdere valore
I prezzi non influenzano solo i consumi, ma anche i risparmi. Se infatti mettiamo da parte una porzione del nostro stipendio dobbiamo fare attenzione che con l’inflazione questo capitale – piccolo o grande – non perda valore. Se banalmente tenessimo 6mila euro sul conto corrente bancario, dopo un anno di inflazione al 5 per cento questi varrebbero 5700 euro. Avremmo perso ben 300 euro! Ovviamente sul home banking continueremo a leggere 6mila euro ma questi soldi avranno perso valore perché spendendoli potremo acquistare meno prodotti e servizi, che costeranno di più. Ecco la differenza tra il valore nominale della moneta (i 6mila euro che continueremo a leggere) e quello reale (cosa posso effettivamente comprare con quei soldi).
Attenzione ai rendimenti (reali)
È dunque fondamentale per chi risparmia garantirsi un guadagno che sia almeno pari all’inflazione: in questo modo potrà essere sicuro di non perderci, almeno. Meglio sarebbe ovviamente guadagnarci, con un rendimento superiore al tasso di inflazione (e pure ai costi che vengono applicati da banche e operatori finanziari). Ecco perché l’inflazione – almeno in un primo momento – può essere nemica dei risparmiatori. Facciamo un esempio: chi ha acquistato a metà ottobre un titolo di stato, un classico Btp, a 7 anni potrà incassare una cedola di circa lo 0,5 per cento all’anno. Vale a dire che nel caso se ne sia comprato uno da 1000 euro, ci si vedrà recapitare annualmente un bonifico di 50 euro. Attenzione però, nel 2021 il governo italiano stima un’inflazione all’1,5 per cento e dunque alla fine il risparmiatore si troverà una perdita in termini reali. Tutto ciò impatta anche sul valore del Btp: chi vorrà venderlo troverà acquirenti disposti a comprarlo solo a un prezzo basso, vista la non convenienza del rendimento.
Le soluzioni
Per evitare problemi bisogna dunque ragionare prima di fare delle scelte. Lasciare i soldi nel conto corrente con un tasso di inflazione elevato può significa perdere molti soldi. Lo stesso vale anche per chi ha in portafoglio titoli a basso rendimento, come la maggior parte dei buoni del tesoro che si trovano oggi sul mercato, o prodotti finanziari con alte commissioni, come spesso risultano essere quelli proposti dalle banche italiane. Esistono però delle buone alternative, anche rimandendo nel risparmio senza buttarsi sugli investimenti in azioni, più rischiosi: come i titoli indicizzati all’inflazione, che cioè garantiscono un rendimento che si adatta ai prezzi e rimane sempre stabile in termini reali. È il caso per esempio del Btp Italia varato l’anno scorso dal Ministero dell’Economia e che paga una cedola dell’1,4 per cento reale: se quest’anno l’inflazione arriverà davvero all’1,5, chi lo ha acquistato incasserà un rendimento nominale di quasi il 3 per cento. Anche alcune banche offrono obbligazioni indicizzate all'inflazione, come pure le Poste.
È anche vero inoltre che col tempo all’aumentare dell’inflazione i tassi torneranno molto probabilmente a salire e dunque chi acquisterà in futuro titoli di stato o altre obbligazioni si vedrà riconosciuto un rendimento calibrato sul livello dei prezzi. Fino ad allora, massima attenzione.