Sono 51 le condizioni da portare a casa entro dicembre e necessarie per ricevere i fondi europei del Recovery Fund. Dalle riforme architrave - giustizia e appalti - a decine di decreti e regolamenti. LA TABELLA
Scritto il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) bisogna attuarlo. E la prima sfida, portata a casa con l’approvazione europea del recovery plan italiano (LO SPECIALE DI SKY TG24), impallidisce rispetto all’impegno di spendere i 191 miliardi comunitari entro il 2026. Soprattutto vista la lentezza che caratterizza buona parte dell’amministrazione pubblica italiana e la difficoltà di spendere (bene) i soldi pubblici. Basta osservare i dati sugli investimenti pubblici per comprendere la difficoltà della sfida: entro il 2023 il governo Draghi vuole aumentare di un terzo i miliardi investiti dal settore pubblico rispetto a quanto accade oggi, per di più dopo anni in cui invece la capacità di spesa di comuni, regioni e ministeri è drasticamente calata.
Le quattro scadenze di settembre
Per farlo l’Ue ha previsto un controllo semestrale dei progressi dei vari europei nell’utilizzo dei fondi finanziati dai contribuenti del continente. Ogni trimestre quindi prevede il raggiungimento di diversi obiettivi, raccolti nel Pnrr. La prima scadenza è stata quella del giugno scorso, che prevedeva l’approvazione dei decreti sulla governance del recovery plan italiano, le semplificazioni per l’assunzione del personale che si dedicherà all’attuazione, degli appalti pubblici e delle altre procedure burocratiche. Entro settembre scadranno invece altri decreti a cui il governo sta lavorando, come un decreto ministeriale per istituire un sistema di monitoraggio dei rischi idrogeologici, un altro su nuovi impianti di gestione dei rifiuti (non ancora pubblicato), quello per l’apertura di un fondo che incentivi l’imprenditoria femminile e il rifinanziamento della Simest, società di Cassa Depositi e Prestiti che finanzia imprese che si affacciano sui mercati esteri.
I 42 obiettivi da raggiungere entro fine anno
Ma sarà la scadenza di fine anno quella più complessa da rispettare. Per allora saranno 42 gli obiettivi da portare a casa, elencati in un decreto del Ministero dell'Economia e riassunti nella tabella interattiva in basso. A partire dai più complessi, come l’approvazione in Parlamento della riforma del processo penale (che ha già l’ok della Camera), quella del processo civile e del procedimento fallimentare. Altri pezzi da novanta sono le riforme dell’università, la riforma fiscale e la legge annuale sulla concorrenza, su cui il governo vuole partire subito nonostante non siano richieste entro dicembre dalla Commissione europea. Oltre ai provvedimenti principali, ci vengono richiesti una lunga serie di decreti attuativi di responsabilità dei ministeri. Da quello per promuovere l'uso del biometano al testo necessario per stanziare fondi per l’acquisto di autobus elettrici, fino ai protocolli d’intesa con le regioni per ridurre gli operatori fornitori di servizi idrici, il piano di forestazione urbana, il decreto sullo sportello doganale unico e le linee guida per la valutazione della sicurezza dei ponti.
Non ci attendono però solo testi da scrivere e approvare: entro la fine dell'anno l'Ue vuole anche che terminiamo l'assunzione dei 1000 esperti che gestiranno il Pnrr (obiettivo non scontato viste le difficoltà del cosiddetto "concorso Sud"). Target quantitativi di questo tipo saranno sempre più frequenti con l'avanzare del tempo, da quando cioè si potranno misurare i primi effetti degli sforzi italiani.
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Indietro sui decreti attuativi
Una mole burocratica che si dovrà tramutare in pochi mesi in atti concreti, perché all’Unione Europea non bastano le carte: ne è un esempio il fatto che entro la fine dell’anno ci è chiesto anche di completare l’attuazione del decreto “semplificazioni”, approvando tutti i regolamenti, decreti e linee guida necessari per renderlo realtà. Un processo storicamente complicato per il governo italiano: basti pensare che per Openpolis dall’inizio della legislatura sono stati approvati solo poco più della metà dei decreti attuativi necessari a far funzionare le leggi approvate dal Parlamento. Per ora anche sul decreto “semplificazioni” siamo indietro e dei 29 atti necessari a concretizzarlo ne sono stati approvati solo 7 secondo lo stesso esecutivo. Alcuni decreti sono perfino scaduti nell’attesa che i diversi uffici finalizzino i testi, come quello per la ridefinizione degli uffici dirigenziali del Ministero dell'Economia e le linee guida per stabilire chi debbano essere i membri del collegio consultivo tecnico delle opere pubbliche.