Nel secondo trimestre 2020 il tasso di occupazione delle lavoratrici tra i 25 e i 49 anni, senza figli, si è attestato al 71,9%. Con almeno un bambino sotto i 6 anni, crolla al 53,4%. Gli esperti la chiamano “child penalty”
Mettere al mondo figli aiuta a sostenere la crescita demografica e a garantire il futuro del Paese, ma non aiuta la carriera delle donne. Molte di loro ad un certo punto della vita si trovano di fronte ad un bivio: scegliere tra maternità e lavoro.
L’impatto dei figli sul lavoro delle donne
La nascita di un bambino ha un impatto importante: nel secondo trimestre 2020 infatti il tasso di occupazione delle lavoratrici tra i 25 e i 49 anni, se non ci sono figli, si è attestato al 71,9%, con almeno un bambino sotto i 6 anni, crolla al 53,4%. Ma questa è solo una delle conseguenze del diventare madri. Gli esperti la chiamano “child penalty”, ovvero quanto costa in termini di stipendio e opportunità professionali il ruolo di mamma, rispetto alle colleghe senza figli.
Il peso della maternità su salari e carriera
Secondo uno studio dell’Inps, complessivamente nel lungo periodo, la perdita sulla retribuzione annua può arrivare fino al 53%. Una penalizzazione sulla quale pesa il largo utilizzo del part time, a cui ricorre il 38% delle mamme con figli minorenni per potersi prendere cura della famiglia. Le carriere che diventano discontinue ostacolano poi promozioni e dunque aumenti di paga. Per molte però non si parla neanche di carriera. Dopo il lieto evento si rinuncia proprio ad entrare o a rimanere nel mondo del lavoro. Il tasso di inattività, in presenza di un figlio, è cresciuto infatti dal 29,8% del 2019 al 32,4% del 2020, in un anno particolare causa Covid, segnato da lockdown, smart working e didattica a distanza. Insomma, le ancora parziali misure di sostegno alla famiglia e di aiuto nel conciliare i tempi di vita e di lavoro non riescono completamente a supportare il doppio e faticoso ruolo di madre e di lavoratrice.