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Coronavirus, in Italia allerta per il numero limitato di posti in terapia intensiva

Economia

Nel nostro Paese i posti nei reparti per i casi più critici sono poco più di 5.000: 900 sono in Lombardia, 700 in Veneto e 400 in Emilia Romagna. Proprio gli ospedali lombardi, però, sono in crisi con l'emergenza legata al virus

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Mentre aumentano i casi di Coronavirus in Italia, a preoccupare sono soprattutto i posti nei reparti di terapia intensiva, cioè quelli che sono attrezzati per ricevere e curare i casi più gravi. Nel nostro Paese, per dare assistenza ai pazienti in situazioni critiche, ci sono poco più di 5.000 posti e di questi 900 sono in Lombardia, 700 in Veneto e 400 in Emilia Romagna. L'alto numero di contagi sta mettendo però in difficoltà soprattutto la Lombardia, tanto che la società degli anestesisti e rianimatori ospedalieri fa sapere che sono rimasti pochi posti in rianimazione (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE).

Le strategie studiate per affrontare l'emergenza

Alla base delle difficoltà per i reparti di terapia intensiva, c’è il fatto che questi ospitano anche - e soprattutto - persone con altre patologie. E fino a quando questi pazienti non migliorano, non si possono recuperare posti letto. Diverse le strategie che vengono studiate per rispondere all’emergenza. Una è quella di utilizzare i posti in terapia intensiva delle strutture private, che in Lombardia sarebbero intorno ai 140 (GALLERA: IN LOMBARDIA ALTRI 50 POSTI). Un’altra, è quella di dotare altri spazi ospedalieri di macchinari che possano aiutare chi ha gravi problemi respiratori. Nelle ultime ore, intanto, alcune regioni si sono fatte avanti per aiutare gli ospedali lombardi. La Toscana, per esempio, ha offerto cinque letti in terapia intensiva alla Lombardia.

Problemi anche per la carenza di medici e personale sanitario

Un’altra difficoltà è quella legata alla carenza di personale sanitario, che esisteva già prima del Coronavirus. Precedente all'epidemia è anche la decisione di permettere ai medici di restare al lavoro fino a 70 anni e agli specializzandi di entrare in corsia già dal terzo anno. Si tratta però solo di misure che mettono una toppa al problema, perché più della metà dei camici bianchi ha superato i 55 anni: 45.000 di loro andranno in pensione nei prossimi 5 anni e 80.000 nei prossimi 10. Ogni anno inoltre 1.500 dottori scelgono di andare all’estero, mentre un numero ancora maggiore sceglie le strutture private.