La crisi a tavola: crolla il consumo di carne, frutta, verdura e pesce

Economia

Uno studio del Censis sottolinea come le differenze sociali stiano tornando a riflettersi anche in ciò che si mangia. Nel periodo 2007-2015 la spesa alimentare delle famiglie italiane è diminuita in media del 12,2%

Gli italiani che mangiano carne, pesce, frutta e verdura sono sempre meno. E le differenze di ceto sociale tornano a riflettersi in tavola. È quanto emerge da uno studio del Censis, presentato al Senato, intitolato: “Gli italiani a tavola: cosa sta cambiando. Il valore sociale dell'alimento carne e le nuove disuguaglianze”.

Giù consumo carne, pesce, frutta, verdura - Secondo la ricerca, sono 16,6 milioni gli italiani che nell’ultimo anno hanno ridotto il consumo di carne, 10,6 milioni quello di pesce, 3,6 milioni quello di frutta e 3,5 milioni quello di verdura. Questi alimenti, nella maggior parte dei casi, sono stati “sostituiti con prodotti artefatti e iper-elaborati a basso contenuto nutrizionale”: un’abitudine che, come spiega Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis, “minaccia la dieta mediterranea e mette a rischio la salute”.

Social food gap - Stando ai dati Censis, che parla del fenomeno come “social food gap”, sono le famiglie meno abbienti a ridurre di più gli alimenti di base della dieta mediterranea. Alcuni esempi: ha ridotto il consumo di carne il 45,8% delle famiglie a basso reddito contro il 32% di quelle benestanti (per quella bovina si parla di 52% e 37,3%); del pesce il 35,8% delle famiglie meno abbienti e il 12,6% delle più ricche; delle verdure il 15,9% delle prime e il 4,4% delle seconde; della frutta il 16,3% delle famiglie a basso reddito e il 2,6% di quelle benestanti. Nel periodo 2007-2015 la spesa alimentare delle famiglie italiane è diminuita in media del 12,2% in termini reali, ma nelle famiglie operaie è crollata del 19,4% e in quelle con a capo un disoccupato del 28,9%.

Dieta italiana a rischio - “Se nell'Italia del ceto medio vinceva la dieta equilibrata – spiega ancora Valerii – nell'Italia delle disuguaglianze il buon cibo lo acquista solo chi può permetterselo”. Il pericolo, dice il Censis, è che la dieta italiana, considerata un modello “che ci ha portato ad essere uno fra i popoli più longevi al mondo, con un'aspettativa di vita media di 85 anni per le donne e di 80 anni per gli uomini, rischia di sparire dal quotidiano delle nostre tavole”. Con gravi rischi per la salute, soprattutto per i ceti meno ricchi. I tassi di obesità, ad esempio, sono più alti nelle regioni con redditi inferiori e con una spesa alimentare in picchiata. Nel Sud, dove il reddito è inferiore del 24,2% rispetto al valore medio nazionale e la spesa alimentare è diminuita del 16,6% nel periodo 2007-2015, gli obesi e le persone in sovrappeso sono il 49,3% della popolazione. Più che al Nord (42,1%) e al Centro (45%), dove i redditi medi sono più alti e la spesa alimentare ha registrato nella crisi una riduzione minore.

Consumi di carne tra più bassi d’Europa - Nel periodo 2007-2015, la spesa alimentare per la carne è scesa nel nostro Paese del 16,1% (probabilmente non solo per la crisi, ma anche per ragioni etiche o salutiste): solo i greci (-24%), in Europa, hanno tagliato più degli italiani (-23%) il consumo pro-capite annuo di carne bovina. I consumi di carne in Italia, che erano già tra i più bassi del Continente, ora posizionano il Paese al terz’ultimo posto per consumo “apparente” (cioè al lordo delle parti non edibili) delle diverse tipologie di carne (pollo, suino, bovino, ovino) con 79 Kg pro-capite annui (i danesi 109,8 Kg; i portoghesi 101 Kg; gli spagnoli 99,5 Kg; i francesi e i tedeschi 85,8 e 86 Kg).

Maggiore attenzione per prodotti locali - Un lato “positivo” della crisi a tavola lo sottolinea Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti, secondo il quale il cambiamento delle abitudini alimentari fa crescere l’attenzione “per l’acquisto diretto dagli agricoltori, per i prodotti a chilometro zero e Made in Italy". Secondo Moncalvo, sono 43,4 milioni gli italiani che acquistano prodotti locali e a chilometri zero (tra questi, 18 milioni regolarmente e 25,4 milioni di tanto in tanto).

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