Facebook, i profili ingannevoli che rovinano la pubblicità

Economia
Molte aziende puntano su Facebook come nuovo strumento pubblicitario. Ma i profili falsi rischiano di compromettere questo business – Getty Images
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Secondo un’indagine della Bbc dietro i Like e i click alle campagne sul social network vi sono spesso utenti falsi che rischiano di minare l’efficacia dell’advertising

di Gabriele De Palma

Gli ultimi numeri della pubblicità su Facebook sono ottimi: nel secondo trimestre del 2012, il rendimento dell'advertising è cresciuto in media del 58 per cento, arrivando a sfiorare un dollaro per click con ottimi segnali dall'accesso via smartphone. Eppure a Menlo Park, oltre a brindare per il successo, hanno buoni motivi per non dormire sonni tranquilli. In base a quanto dichiarato da due esperti di marketing intervistati dalla Bbc, molti dei 'like' provengono da account falsi e quindi non garantirebbero il ritorno degli investimenti agli inserzionisti. Dal quartier generale di Facebook minimizzano il fenomeno ma in realtà qualche grande multinazionale ha già fatto un passo indietro, cancellando il budget da spendere sul social network più usato al mondo. 

Egitto e Filippine – Stando a quanto sostengono Graham Cluley (Sophos) e Michael Tinmouth della società di consulenza The Social Pro, la maggior parte dei click sulle inserzioni pubblicitarie provengono da utenti egiziani o filippini, compresi tra i 13 e i 17 anni di età. E andando ad approfondire i profili dei supporter si scopre che hanno sostenuto l'advertising su 5mila pagine aziendali. Abbastanza per gettare più di un sospetto sull'efficacia del marketing sul social network. Molti, inoltre, hanno pagine personali improbabili, come Agung Pratama Sevenfoldism, 15 anni dichiarati e già ex-manager di Chevron. Per confermare le dichiarazioni degli esperti, la stessa Bbc ha fatto un esperimento: ha creato una fan page aziendale fittizia, intestata all'inesistente società VirtualBagel Ltd, che oltre a tutto non vende alcunché. La stragrande maggioranza degli oltre 3mila 'like' è arrivata proprio dall'Egitto e dalle Filippine, percentuale spropositata rispetto ai click britannici. Tra i sostenitori anche un improbabile Ahmed Ronaldo, sedicente dipendente del Real Madrid. Possibile che anziché di utenti in carne ed ossa si tratti in questi casi di software addestrati a partecipare in massa alle campagne sulle piattaforme online.

General Motors - Facebook, tramite un portavoce, ha detto che il problema non sussiste, né per loro né per gli inserzionisti, e, pur riconoscendo che con ogni probabilità il 5 per cento (quindi circa 45 milioni) degli account è falso, ciò non minerebbe la bontà delle inserzioni pubblicitarie e dei like che le sostengono. Non sembrano però pensarla così alcuni responsabili delle campagne pubblicitarie delle aziende. Uno, che ha preferito rimanere nell'anonimato, ha confermato alla Bbc tutto lo scetticismo sull'efficacia degli investimenti dicendo che “finora non ha portato un significativo ritorno dell'investimento” e che anche in presenza di click, non ha assistito a un reale coinvolgimento da parte degli utenti né a un aumento delle vendite. Hanno invece un nome e un cognome i responsabili dell'advertising di General Motors, che già a maggio hanno deciso di non spendere più i 10 milioni di dollari all'anno finora riservati alla réclame sul social network. Il motivo? Non ne vale la pena visto che i risultati sono ben al di sotto delle  aspettative. GM continuerà a essere presente con la propria pagina sulla piattaforma californiana, ma cercherà altre strade per ottenere il coinvolgimento degli 'amici', senza più usare il sistema di advertising gestito da Facebook. Per fortuna di Zuckerberg, la multinazionale delle auto non ha molti seguaci al momento, anzi: tante aziende stanno aumentando il budget da destinare alle campagne sulla piattaforma sociale. Ma nel rapido mondo del web a invertire una tendenza non ci vuole poi molto.

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