Il piano di aiuti deciso dall’Eurogruppo per salvare le banche spagnole sembra convincere tutti, compresi G7, Fmi e Usa. Ma per alcuni esperti potrebbe non bastare. E l’economista Daniel Gros avverte: “Ora non ci sono più risorse per aiutare Roma”
L’ok del G7, il plauso del Fondo Monetario Internazionale, la soddisfazione di Usa e Ue. Il piano di aiuti deciso dall’Eurogruppo per soccorrere le banche spagnole piace a tutti. Per Madrid sarebbero pronti fino a 100 miliardi per la ricapitalizzazione degli istituti di credito in crisi di liquidità. Ma adesso l’attenzione si sposta sull’Italia.
E’ questo quello che emerge all’indomani della decisione dei 17 ministri dell’Unione europea. Ed è questa anche la preoccupazione che si percepisce dai commenti di alcuni esperti. Dopotutto si sa: dopo Madrid, il rischio che l’attenzione e i guai si spostino su Roma è concreto.
Sul Corriere della Sera Massimo Fubini ricorda che “l’Italia è ormai il solo paese in difficoltà a non aver dovuto chiedere un salvataggio”. “Può continuare a restare tale – sostiene Fubini – Se i tassi iberici si stabilizzeranno dopo la concessione del pacchetto per le banche, anche quelli pagati da Roma possono scendere; nel frattempo, un accordo europeo sul sistema bancario può calmare la situazione. In caso contrario però l’incertezza è altissima e gli occhi sull’Italia si fanno sempre più attenti”.
In un’intervista alla Stampa però l’economista Daniel Gros pone l’accento su un altro problema. “Il problema vero è un altro: dopo la Spagna non ci saranno più margini per aiutare l’Italia. Rimarrà senza difese, costretta ad aiutarsi da sé, nel caso la situazione precipiti. Per ora sta reggendo, le aste vanno bene e il surplus è una prospettiva importante. Ma servono altri sforzi”. Secondo Gros inoltre i primi 100 miliardi messi a disposizione per la Spagna difficilmente basteranno a Madrid. “Ho paura che ci vorrà molto di più delle cifre che circolano ora”.
Il quotidiano Repubblica accoglie invece l’opinione di Michael Stuermer, intellettuale del centrodestra ed ex consigliere di Kohl: “La Spagna da anni è strutturalmente malata. Se anche la Germania chiederà più controlli, i mercati non ci crederanno. E la maggioranza dei tedeschi non crede più nell’euro. Credo che l’eurozona si ridurrà, prima o poi. Non ci si salva stampando più soldi ogni volta che una nuova crisi esplode”.
E’ questo quello che emerge all’indomani della decisione dei 17 ministri dell’Unione europea. Ed è questa anche la preoccupazione che si percepisce dai commenti di alcuni esperti. Dopotutto si sa: dopo Madrid, il rischio che l’attenzione e i guai si spostino su Roma è concreto.
Sul Corriere della Sera Massimo Fubini ricorda che “l’Italia è ormai il solo paese in difficoltà a non aver dovuto chiedere un salvataggio”. “Può continuare a restare tale – sostiene Fubini – Se i tassi iberici si stabilizzeranno dopo la concessione del pacchetto per le banche, anche quelli pagati da Roma possono scendere; nel frattempo, un accordo europeo sul sistema bancario può calmare la situazione. In caso contrario però l’incertezza è altissima e gli occhi sull’Italia si fanno sempre più attenti”.
In un’intervista alla Stampa però l’economista Daniel Gros pone l’accento su un altro problema. “Il problema vero è un altro: dopo la Spagna non ci saranno più margini per aiutare l’Italia. Rimarrà senza difese, costretta ad aiutarsi da sé, nel caso la situazione precipiti. Per ora sta reggendo, le aste vanno bene e il surplus è una prospettiva importante. Ma servono altri sforzi”. Secondo Gros inoltre i primi 100 miliardi messi a disposizione per la Spagna difficilmente basteranno a Madrid. “Ho paura che ci vorrà molto di più delle cifre che circolano ora”.
Il quotidiano Repubblica accoglie invece l’opinione di Michael Stuermer, intellettuale del centrodestra ed ex consigliere di Kohl: “La Spagna da anni è strutturalmente malata. Se anche la Germania chiederà più controlli, i mercati non ci crederanno. E la maggioranza dei tedeschi non crede più nell’euro. Credo che l’eurozona si ridurrà, prima o poi. Non ci si salva stampando più soldi ogni volta che una nuova crisi esplode”.