Covid: l’addio a Malika e Ahmed, due splendidi ballerini

Cronaca

Giorgia De Benetti

La coppia era arrivata nel Bergamasco dal Marocco per raggiungere i 5 figli, che a uno a uno si erano trasferiti nel nostro Paese. Una grande famiglia che insieme ha fondato un’azienda di vernici. Marito e moglie sono morti in ospedale a marzo, durante la prima ondata della pandemia, a tre ore di distanza l’una dall’altro. “Non si sono allontanati mai”, racconta il figlio Redouane. Il sindaco ha chiesto e ottenuto la sepoltura congiunta

Che splendidi ballerini! Se ne accorgevano tutti che erano fatti l’uno per l’altra, parole di una cantante sconosciuta alla festa di un allegro matrimonio marocchino, commenti di chi li conosceva, anche solo per poco. E poi il racconto di un figlio, Redouane, che ha perso entrambi i genitori nell’arco di tre ore: Malika e Ahmed, mamma e papà che “non si sono allontanati mai, mai”. Una grande famiglia, cinque fratelli arrivati uno a uno dal Marocco, raggiunti dai genitori una volta in pensione. Da dipendenti sono diventati imprenditori: tutti insieme hanno fondato l’Africolor, azienda di vernici tra le fabbriche bergamasche. Tutti soci, compresi i genitori COVID, OLTRE 100MILA VITTIME: LE STORIE - I DATI).

Malika e Ahmed

L’azienda era l’orgoglio del padre, con la raccomandazione di non trascurarla mai, ogni mattina era presente per sbrigare le pratiche burocratiche e ora “manca la sua presenza, manca il suo sorriso”. Erano contenti i figli di vedere il loro padre alla fabbrica, la mamma li aspettava la sera quando passavano a trovarla, le raccontavano i loro successi, qualche problema di lavoro, magari. Nei consigli della mamma il conforto. Tutti sistemati, i figli. Redouane, vive in una casa linda e colorata con la moglie e la figlia, a Cavernago, nella campagna bergamasca. Sono conosciuti e rispettati in paese.

Malika e Ahmed

Tutto scorreva fluido, tutto fatto per bene, fino a che è arrivato il mostro: il silenzio, le ambulanze, il Covid. In provincia di Bergamo raccontano un’angoscia profonda. Ma stavano bene la mamma e il papà, una sera di marzo. Malika prendeva in giro Ahmed perché si sentiva un po’ stanco. Passa la notte e la mattina la signora si sente poco bene, fatica a respirare. La figlia chiama l’ambulanza. Ricoverata. Nel pomeriggio si sente male suo marito e si ritrovano in ospedale. Il giorno seguente arriva la telefonata: la mamma, Malika, non ce l’ha fatta “anticipiamo le condoglianze anche per vostro padre”, parole di piombo dall’ospedale. Ahmed muore tre ore dopo. “Perderli tutti e due insieme è un massacro enorme”, parla in piedi, Redouane, dritto, come la dignità del suo dolore composto, un vasto campo alle sue spalle, più lontano un castello. Non li hanno più visti: la grande famiglia in quarantena non ha potuto partecipare ai funerali. Il fratello di Redouane è stato contagiato ma ha rifiutato l’ospedale per timore di non tornare più, come i suoi genitori. Anche il sindaco lo sapeva che i due coniugi che vedeva passeggiare in paese avrebbero voluto essere seppelliti insieme, Giuseppe Togni così ha chiamato il cimitero mussulmano di Bergamo dove uomini e donne riposano in diverse sezioni. Li ha convinti alla sepoltura congiunta, “un grande amore che merita di andare oltre le regole umane”, il sindaco. Lontani mai, non potevano stare. Impossibile vivere, l’uno senza l’altra e viceversa. Non ce l’avrebbero fatta, e io vivo con tutto quello che loro ci hanno insegnato, il pensiero del figlio della preziosa affinità elettiva di due splendidi ballerini.

Malika e Ahmed

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