Il bullismo e quella ferita che non si rimargina

“Fai schifo!”, “Non vali niente”, “Sei brutto”. Questi insulti hanno accompagnato la vita di Vincenzo Vetere dalla prima elementare. “Vengo da un paesino in provincia di Milano e – racconta - ho subito atti di bullismo fino alla quinta superiore. Sembrava che le dicerie su di me si rincorressero e si moltiplicassero”. Nel 2015 Vincenzo, convinto che nessun altro ragazzo avrebbe dovuto passare ciò che aveva passato lui, fonda ‘ACBS’, ‘Associazione Contro il Bullismo Scolastico’. L’Associazione, tra quelle che si occupano di combattere il bullismo, è una delle più importanti in Italia e, soprattutto, è una delle prime. “Per tutto il mio percorso scolastico – spiega Vetere – non sono stato consapevole che quello che stavo subendo era bullismo. Ho deciso di dar vita all’Associazione per far sì che tutti i ragazzi fossero a conoscenza del fenomeno e avessero gli strumenti per combatterlo. Perché il bullismo è una ferita che non si rimargina”. Una storia, tante storie Vincenzo viene preso di mira dai compagni fin dalla prima elementare. I motivi sono i più banali, ma imperdonabili nel confronto con il gruppo: Vincenzo è timido, ha pochi amici, non pratica sport. Fin da subito è il bersaglio delle cattiverie e delle prese in giro della classe. “Può sembrare strano – spiega – ma ho subito più bullismo femminile che maschile. Spesso minimizziamo il bullismo come una scazzottata tra ragazzi, ma è molto più complicato e subdolo di così”. Gli abusi nei confronti di Vetere aumentano con il progredire del percorso scolastico, istituto dopo istituto. “Venivo preso di mira in ogni classe in cui andavo. Quando abiti in provincia – spiega – e vieni categorizzato come ‘lo strano’ o il ‘reietto’, non importa quanti sforzi tu faccia, lo rimani per sempre. Alle medie è iniziata anche la violenza fisica: venivo chiuso in bagno o spintonato contro il calorifero”. Ma ciò che ha fatto più soffrire Vincenzo è l’esclusione. “Venivo sempre scelto per ultimo a Educazione Fisica. Quando i miei compagni sceglievano le formazioni per giocare a calcio o a pallamano, si litigavano per non avermi in squadra. Ricordo ancora gli urli di disapprovazione del gruppo a cui venivo affibbiato. Può sembrare un cosa stupida, ma ancora oggi non riesco a giocare a pallavolo con gli amici in spiaggia”. Le conseguenze che il bullismo lascia a chi lo subisce sono spesso irreversibili. “Sono diventato – racconta Vincenzo – un selettore. Riesco a capire solamente da alcuni atteggiamenti o sguardi se quella persona mi farà del male. A volte rischio di allontanare dalla mia vita qualcuno solo perché mi ricorda ciò che ho passato. Poi, combatto ogni giorno con la mia autostima: sono stato così tanto svalutato in tutti quegli anni che non mi fido più di me stesso. Sul lavoro ho bisogno del sostegno di tutti i miei collaboratori per prendere anche una minima decisione. Quando cammino per strada, ho ancora paura di essere deriso”. L’associazione e un nuovo inizio Nel 2015 Vincenzo fonda ‘ACBS’, spinto dalle troppe storie di ragazzi che non erano sopravvissuti al bullismo e con la voglia di cambiare le cose. ‘ACBS’ opera su due fronti: da una parte offre sostegno ai genitori e ai ragazzi vittime di bullismo e dall’altra entra nelle scuole, con attività e incontri, per aumentare la consapevolezza sul fenomeno. “Non lo nego – racconta Vincenzo – ci sono dei momenti in cui mi chiedo se serva fare tutto questo. Poi, quando meno me lo aspetto, incontro un ragazzino che mi ringrazia per il discorso che ho fatto in una scuola di un paesino sperduto tre anni prima. E tutto viene ripagato”. In quasi dieci anni di attività, ci sono due storie che sono rimaste nel cuore di Vincenzo. “La prima – ricorda con le lacrime agli occhi – è quella di uno studente autistico di un liceo di Udine. I suoi compagni lo avevano costretto a denudarsi davanti alla classe e, sembra, che alla scena abbia assistito un professore. I suoi genitori ci contattarono disperati e noi provammo a sentire la scuola che, però, non ci rispose mai. Quindi ci rivolgemmo all’ufficio scolastico provinciale e riuscimmo ad aiutare il ragazzo a cambiare istituto. Oggi è laureato in Informatica ed è felice. “La seconda storia – continua Vincenzo – viene dalla Toscana. I genitori adottivi di una bambina cinese ci scrissero una mail per chiederci aiuto. I compagni di scuola della figlia la prendevano in giro dicendole che lei, in realtà, non aveva genitori. Quando telefonammo a questa madre e a questo padre ci risposero in lacrime chiedendoci cosa avevano sbagliato e come potevano fermare le sofferenze della figlia. Noi gli dicemmo che quelli sbagliati non erano loro, ma i genitori che avevano inculcato queste idee razziste ai compagni della bimba. Ripenso spesso a quella telefonata per ricordarmi come il bullismo non influenzi e non faccia sentire ingiustamente sbagliata solo la vittima, ma tutti quelli che ha intorno”. Cosa è il bullismo e come combatterlo Spesso chi subisce bullismo non riesce a rendersene subito conto. Ci si chiede se sia uno scherzo e anche coloro che sono più vicini alla vittima tendono a minimizzare il suo vissuto. “Per capire – spiega Vincenzo – se quello che si sta vivendo è bullismo bisogna fare attenzione a tre caratteristiche imprescindibili del fenomeno. La prima caratteristica è che il bullismo è intenzionale, nel senso che il bullo sceglie la sua vittima e insiste su di essa, principalmente perché quest’ultima non riesce a difendersi. A questo si collega la seconda peculiarità del bullismo, ovvero l’asimmetria tra le parti. Il bullo perseguita la vittima perché la percepisce in qualche modo inferiore a lui. Infine la caratteristica fondamentale del bullismo è il tempo. Il bullo non si stanca e può arrivare a prendere di mira la stessa persona per mesi o anni”. Secondo Vetere, quando ci si rende conto di subire bullismo o che un nostro parente o amico sta subendo bullismo c’è una sola cosa da fare. “Come Associazione, consigliamo alle vittime di parlare. Anche se può sembrare difficile, confidarsi è l’unico modo per uscire dal tunnel e capire di non essere il problema. Allo stesso modo, i genitori o i parenti della vittima non devono screditare il vissuto di quest’ultima, ma anzi capirne la gravità e aiutarla a prendere coraggio. Chi riveste un ruolo importante nella dinamica del bullismo, poi, sono i compagni, che spesso sono spettatori inermi. Se questi ultimi rompessero il muro di omertà, spezzerebbero la catena di soprusi, perché il bullo da solo non attacca. Soprattutto a loro, quindi, chiediamo di parlare e di segnalare gli episodi di bullismo cui assistono. Perché quelle segnalazioni possono salvare vite”. Una luce in fondo al tunnel In dieci anni, Vincenzo Vetere ha visto cambiare il bullismo. Ha visto consolidarsi il fenomeno del cyberbullismo, ha visto gli effetti devastanti che provoca, ha tentato di intervenire per arginare i danni. Ma soprattutto è entrato nelle scuole, ha conosciuto i bulli e le vittime, ha visto cambiare le generazioni. Ed è speranzoso. “Rispetto a quando ho iniziato, c’è molta più consapevolezza su cosa sia il bullismo e cosa può comportare. Gli studenti di oggi sono molto più attenti e ben formati, c’è una preparazione che prima non c’era. Al momento, il mio obiettivo è solo uno: chiudere l’Associazione. Perché quando la chiuderò vorrà dire che non servirà e che il bullismo sarà sconfitto”

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