Caso dossieraggio, cosa sappiamo dell'indagine della Dda di Milano

Ci sono storie piccole e storie grandi che ruotano intorno ai nomi degli oltre 60 indagati legati alla presunta rete di spionaggio al centro dell'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano con la Procura Nazionale Antimafia che ha portato a 6 misure cautelari e a una sessantina di indagati. Inchiesta che per l'accusa parte da un dato certo: la raccolta illecita di dati che servivano per creare dossier e report su aziende, manager, politici, dirigenti pubblici ma anche mariti o fidanzate sospettate di infedeltà e persino figli da tenere sotto controllo. Tutto dietro compensi illeciti stimati dagli investigatori in 3,1 milioni di euro. Dominus di questo presunto gruppo di cyber spie era, secondo i magistrati, Carmine Gallo, ex poliziotto per anni pilastro della Squadra Mobile di Milano, amministratore delegato dell’agenzia investigativa Equalize srl – al centro dell’inchiesta - e il suo braccio destro Samuele Calamucci, esperto informatico finito con Gallo e altri due agli arresti domiciliari. Proprio quest'ultimo avrebbe ideato Beyond, la piattaforma informatica aggregatrice di dati ottenuti illecitamente e che a suo dire doveva essere in grado di bucare i sistemi di sicurezza dei principali database italiani. Le accuse a carico delle persone coinvolte sono a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata all’accesso abusivo a sistema informatico, corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio, intercettazione abusiva e favoreggiamento. Spioni e spiati Quante persone sono state spiate esattamente dalla presunta banda legata all'agenzia investigativa Equalize srl di Enrico Pazzali, presidente di Fondazione Fiera indagato e autosospesosi, sembra però ancora oggetto d'indagine. Se intercettato Samuele Calamucci, presunta mente informatica del gruppo, si vantava di avere i dati di oltre 800mila persone estratti dallo Sdi, l'archivio delle forze dell'ordine, e se stando ai capi d'imputazione le violazioni sarebbero 52mila oltre a più di 100mila che riguarderebbero atti giudiziari o amministrativi, le violazione accertate dai carabinieri di Varese - allo stato - riguarderebbero invece circa 800 persone. Tra gli spiati per esempio su mandato di Leonardo Maria del Vecchio, figlio del patron di ExilorLuxottica, indagato, ci sarebbe il fratello Claudio per ragioni legate a un’eredità difficile, e anche la ex compagna. Spiato, insieme con il suo staff, anche l'atleta Marc Jacobs, dopo l’oro olimpico di Tokyo nei 100 metri, su richiesta di uno studio legale padovano in corso d'identificazione. La proposta degli hacker a cui era stato affidato il lavoro era di inoculare un 'trojan' sui telefoni. Tra i presunti committenti dei report individuati dalla Procura invece ci sono Matteo Arpe, Pierfrancesco Barletta, vicepresidente di Sea autosospesosi, Fulvio Pravadelli, direttore generale della veneranda Fabbrica del Duomo che avrebbe fatto spiare il cantautore Alex Britti per via della separazione da sua figlia. Tra i clienti c’è anche il nome della giudice di Milano Carla Romana Raineri, indagata a Brescia, che si sarebbe rivolta alla società d’investigazione milanese per la frequentazione di un familiare con una donna in apparenza sposata, e quello di Stefano Speroni, direttore degli affari legali di Eni. I politici Tra i politici ad essere state spiate, stando alle indagini, sono alcune persone dello staff di Letizia Moratti ai tempi in cui era candidata alle regionali lombarde. I nomi di altri politici sono presenti invece nelle intercettazioni captate dagli investigatori ma non tra i capi d'imputazione, come quello del presidente del Senato La Russa, e dei figli, citati da Pazzali proprio il 19 maggio 2023, la notte prima cioè che Leonardo Apache trascorresse una serata con una ragazza che poi lo denuncerà per stupro, o come quello di Matteo Renzi. Dalle intercettazioni era emerso anche il nome del presidente della Repubblica, ma in relazione a una mail non violata bensì inviatagli. Il modus operandi Anche i mezzi con cui gli hacker riuscivano a ottenere i dati illecitamente sono ancora oggetto di indagine. Mentre gli investigatori analizzano il materiale sequestrato, dall’archivio perlopiù cartaceo prelevato nel garage di una segretaria di Carmine Gallo fino a un server preso in Lituania, dal Viminale, da Bankitalia così come dall'Agenzia Nazionale per la Cyber sicurezza si precisa che nessuno dei loro sistemi è mai stato violato. E d’altra parte lo stesso giudice per le indagini preliminari Fabrizio Filice, nell’ordinanza di oltre 500 pagine scrive che la piattaforma sviluppata per realizzare accessi diretti ai sistemi protetti non era ancora matura per poter fondare da sola l’attività del gruppo perché era ancora incerta. Secondo i magistrati però la pericolosità del gruppo stava anzitutto nella sua “capacità di tenere in pugno cittadini e istituzioni – scrive il pm della Dda Francesco De Tommasi nella richiesta di custodia cautelare – ragione per cui non è esagerare dire che rappresentano un pericolo per la democrazia di questo paese”. La gran parte dei dati illeciti finiti nelle mani della presunta banda di cyber-spie sarebbe in realtà stata prelevata - stando a quanto emerso finora – attraverso talpe o poliziotti infedeli che avendo accesso a database come lo Sdi avrebbero preso informazione per poi passarle di mano. Gli interrogatori Nel corso degli interrogatori di garanzia davanti al gip Filice delle 6 persone raggiunte da misura cautelare, 4 ai domiciliari e due con misure interdittive, solo il poliziotto del commissariato Rho-Pero ora sospeso Marco Malerba ha deciso di rispondere alle domande del giudice. E ha ammesso quegli accessi abusivi fatti allo Sdi del Viminale, e documentati dall'indagine, nell'ambito di una scambio di favori col suo ex capo - vale a dire Carmine Gallo - a cui, ha spiegato, non era riuscito a dire di no. Si è avvalso della facoltà di non rispondere invece Gallo che ha però rilasciato alcune dichiarazioni spontanee al gip precisando di non volersi sottrarre all’autorità giudiziaria, di aver "sempre rispettato la legge” e di essere un servitore dello Stato da oltre 40 anni. Stesso posiziona anche per Samuele Calamucci che consegna al giudice un documento scritto e rilascia anche lui dichiarazioni in cui definisce "empiricamente non realizzabili" alcune contestazioni sollevate dai magistrati. Nessuna risposta e poche parole anche da parte degli esperti informatici Giulio Cornelli, chiarirò tutti ha detto, e Massimiliano Camponovo. Quest’ ultimo ha precisato di "aver ricevuto dati e di aver fatto report, ma di aver capito anche che c'era dietro qualcosa di oscuro e di temere per la propria incolumità”. La procura, dopo che il gip aveva disposto 6 custodie cautelari sulle 16 chieste, ha fatto ricorso al tribunale del Riesame per 13 persone per cui è tornata a chiede il carcere e per 3 per cui chiede e i domiciliari.