Antonio Messina, 79 anni, è finito agli arresti domiciliari con l'accusa di associazione mafiosa. Nel linguaggio cifrato che il padrino e la sua amante, Laura Bonafede, usavano nei pizzini il professionista veniva indicato come "Solimano"
Avrebbe gestito i soldi della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, garantendo a Matteo Messina Denaro il sostentamento economico durante la sua latitanza: sono le accuse che la Dda di Palermo contesta all'avvocato massone Antonio Messina, 79 anni, da oggi agli arresti domiciliari con l'accusa di associazione mafiosa. Nel linguaggio cifrato che il padrino e la sua amante, Laura Bonafede, usavano nei pizzini il professionista veniva indicato come "Solimano".
Il ruolo dentro Cosa Nostra e i precedenti con la giustizia
Già condannato per narcotraffico, concorso esterno in associazione mafiosa, subornazione di teste e per il sequestro di Luigi Corleo, suocero dell'esattore mafioso Nino Salvo, Messina sarebbe stato formalmente affiliato a Cosa nostra, come da lui stesso ammesso in un'intercettazione, su proposta del boss Leoluca Bagarella e avrebbe stretto rapporti oltre che con Messina Denaro, con gli esponenti mafiosi più importanti del trapanese dell'ultimo ventennio come Domenico Scimonelli, Giovanni Vassallo, Franco Luppino, Jonn Calogero Luppino. Legami tutti finalizzati ad acquisire attività economiche da utilizzare anche per garantire a Matteo Messina Denaro il denaro necessario alla sua clandestinità. "Personaggio assolutamente versatile e poliedrico, uno dei maggiori protagonisti (in negativo) di questo processo. Da un lato svolge l'attività professionale di avvocato, patrocinando mafiosi e delinquenti comuni (tra i quali proprio quel Rosario Spatola che poi diverrà il suo principale accusatore); dall'altro risulta attivo in vari campi del crimine e coltiva rapporti con esponenti di primo piano della delinquenza organizzata", scrisse di lui già anni fa, la corte d'assise di Trapani.