Condannato Leonardo Caffo, per i giudici è un "pigmalione moderno che ha vessato l'ex"

Cronaca
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"Volontà manipolatoria" e "schemi patriarcali inaccettabili". Queste sono le motivazioni della sentenza che ha portato il filosofo alla condanna a 4 anni di carcere per maltrattamenti aggravati e lesioni gravi nei confronti dell'allora fidanzata 

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Un "pigmalione moderno" con un "comportamento che denota sempre una volontà manipolatoria" ma anche basato su "schemi patriarcali del tutto inaccettabili". Queste sono alcune delle motivazioni che hanno portato i giudici del Tribunale di Milano a decidere la condanna a 4 anni per Leonardo Caffo, il  filosofo progressista e antispecista finito al centro della bufera per i maltrattamenti aggravati e le lesioni gravi nei confronti dell'allora fidanzata. Per la corte penale il comportamento di Caffo ha determinato "reiterati e costanti" atteggiamenti "mortificanti e vessatori tesi a 'emendare' i difetti" della ex compagna, e che "diverse volte" sono sfociati in "violenza (...) soprattutto verbale" ma anche "fisica". 

Le motivazioni della sentenza

Come scrive il collegio della quinta sezione penale del Tribunale di Milano, presidente Alessandra Clemente e giudici a latere Valerio Natale e Maria Pia Bianchi, dall'istruttoria dibattimentale sono "emersi comportamenti reiterati nel tempo da parte" di Caffo "tesi a sottoporre la compagna a continue condotte di sopraffazione, manipolazione, a condizionamenti tali da" farla sentire "sicuramente soggetto debole, sia per la giovane età" sia per "l'assenza di una posizione sociale definita (...) inadeguata, insicura, non all'altezza della situazione" e di lui, filosofo affermato "che non perdeva occasione di rammentarle quello che avrebbe dovuto fare e non faceva, quello che avrebbe dovuto essere e non era, non limitandosi a spronarla, ma apostrofandola con insulti inerenti alla sua persona, alle sue problematiche, alla sua famiglia".

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Secondo le motivazioni della condanna questi comportamenti, "al di là della rilevanza penale", sono cominciati nel 2019 e sono andati avanti in un "crescendo" e "minando fin dall'inizio la stabilità e il carattere" della ex "che si è sentita messa in discussione, non in grado di gestire la situazione. Si sentiva sbagliata - prosegue il Tribunale - si sentiva in colpa perché faceva delle scelte non condivise, perché reagiva alle provocazioni dell'imputato ad un certo punto anche con risposte violenti, adottando il registro comunicativo dello stesso Caffo" in cui "la violenza soprattutto verbale, ma a volte anche fisica non era un caso". Infatti va ricordato, per esempio, un litigio, nell'agosto 2020, che sarebbe finito con una frattura "scomposta" e "accorciamento del dito" di lei. Quindi, oltre a ritenere credibile la giovane donna, "nessun dubbio sull'abitualità delle condotte: gli insulti e le offese, non farla sentire adeguata anche davanti agli amici, erano situazioni molto frequenti". Da tutto questo, secondo i giudici, "emerge chiaramente" anche la capacità manipolativa dell'imputato, non solo nei confronti" della giovane donna, ma pure "delle persone che frequentavano".

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