Scuola, gli studenti hanno sempre più fiducia nell’AI. Ma forse è troppa

A scuola, l’avvento dell’intelligenza artificiale preoccupa più i genitori degli studenti. Sei su dieci, fra madri e padri, si dicono spaventati o inconsapevoli dei possibili effetti negativi dell’AI sull’educazione dei figli. Gli alunni, invece, sembrano sempre meno timorosi nei confronti dei nuovi software: secondo un’indagine del Movimento etico digitale, il 36,9% di loro è preoccupato per la sicurezza dei propri dati personali e il 35,8% ha paura di un uso improprio della tecnologia. Percentuali in netto calo rispetto al 2023, quando il timore di un uso improprio dell’AI sfiorava il 51,5% degli studenti italiani. “La usano sempre di più per fare i compiti o per creare immagini divertenti e, perciò, acquistano confidenza” spiega a Sky TG24 Davide Dal Maso, già docente e fondatore del Movimento etico digitale. Gli studenti non dubitano che l’AI possa migliorare la loro esperienza a scuola . Piuttosto, bocciano istituzioni e docenti, ritenuti responsabili di un grave ritardo nell’adattarsi alle nuove tecnologie. La domanda posta dal sondaggio è chiara e non riguarda solo l’intelligenza artificiale: “Come valuti la qualità dell’educazione alle competenze digitali offerte dalla tua scuola?”. La risposta è netta: Insufficiente, per oltre uno studente su due . Anche per questo, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha annunciato una sperimentazione biennale sull’AI in 15 istituti italiani, di cui però non si conoscono ancora i dettagli. Nel frattempo, ragazzi e ragazze ricorrono sempre di più all’AI. Interpellati da Movimento etico digitale, confessano di chiedere risposte per le proprie domande, il 35,7% delle volte, all’intelligenza artificiale. Amici , genitori e internet sono ancora i più interrogati – con buona pace dei libri, fermi allo 0,4% - ma sarà così ancora per poco. “Crescerà ancora il suo uso. Perciò, dobbiamo insegnare agli studenti che ci sono dei rischi e che c’è un gran bisogno dell’apporto umano”, sostiene Dal Maso. Al momento, però, i sondaggi dicono che gli studenti hanno più fiducia nell’intelligenza artificiale che nei loro educatori. Come si spiega? Secondo me, semplicemente hanno preso più confidenza con l’AI. Invece di fare domande a Google, per fare un esempio, le pongono a ChatGPT o scherzano con le immagini generate da Cloud. Lo vedono come una risorsa, come un gioco, ma è un atteggiamento superficiale. Manca sensibilizzazione sul tema nelle scuole. Cosa servirebbe? Semplicemente iniziare a trattare questi temi. Finora sono solo affidati a sparuti docenti appassionati. Il personale non è formato e non ci sono neppure corsi di aggiornamento sul tema. È per questo che gli studenti hanno valutato come “insufficienti” le loro scuole nelle competenze digitali che offrono? È anche per questo. Noi ce ne accorgiamo quando parliamo con i ragazzi: ne incontriamo circa 20.000 ogni anno. Sono sempre interessatissimi alle questioni digitali e iniziano a farci mille domande, ma non è un buon sintomo. Vuol dire che non hanno altri modi, interlocutori o momenti adatti per fare queste domande. Da un lato, mancano – come abbiamo detto – formazione e insegnamento intensivo delle materie digitali. Dall’altro, non ci sono proprio le occasioni adatte. Per questo, chiediamo al Parlamento che questa diventi una giornata ufficiale in tutte le scuole, per andare a fondo alle questioni digitali. Così, forse, i ragazzi smetteranno di ripetere “a scuola non mi insegnano niente”. Ha in mente di istituire una materia ad hoc in ogni classe? Sì, ormai i ragazzi trascorrono in media cinque ore al giorno sui media digitali e noi, di fatto, non concediamo neppure un’ora per affrontare questi temi. Per prima cosa, istituirei una materia a parte. E, poi, investirei anche sulla formazione dei docenti. Quindi, è anche una questione di fondi? Sì, ma anche di sprechi. Da docente, assistevo spesso all’acquisto di decine di tablet che, regolarmente, non venivano impiegati nella didattica e dopo due anni giacevano, ormai obsoleti, negli sgabuzzini. Se gli insegnanti non li usano a lezione, non servono a niente. Il paradosso è che oggi i ragazzi sono allo stesso punto degli studenti entrati a scuola dieci anni fa, che dovevano farsi tutta la strada nel mondo digitale da soli. Con la differenza che il web adesso è molto più complesso e pericoloso. A quali rischi fa riferimento? Sono molti. Rimanendo in argomento AI, bisognerebbe prima di tutto insegnare a verificare l’accuratezza delle informazioni. Le intelligenze artificiali non sono oracoli, sono prede di pregiudizi che gli studenti devono conoscere. Gli adolescenti devono sapere cosa sia un algoritmo e devono capire i rudimenti della privacy. In più, è importante che imparino a porre le domande ai software: spesso i ragazzi le scrivono casualmente e ottengono risposte inadeguate o sbagliate. Anche di questo bisognerebbe parlare nelle scuole.