Enna senz'acqua: perché non si è agito per tempo?

La corsa, in piena notte, per ricordarsi di far partire la lavatrice e riempire secchi, bidoni e bottiglie. E sperare, nel frattempo, che la pressione dell’acqua sia sufficiente per poter riempire fino all’orlo il serbatoio da mille litri che c’è in cantina. Che prima serviva da riserva e che adesso, invece, lavora ogni giorno. La situazione a Enna, il capoluogo di provincia più alto d’Italia che si trova nel cuore della Sicilia, è questa. L’acqua è diventata una chimera. L’erogazione da parte di “AcquaEnna”, l’ente gestore, avviene una volta ogni sei giorni, anzi sei notti. Poi piu nulla. L’acqua viene prelevata dall’invaso del Fanaco, gestito da “SiciliAcque”, l’azienda che si occupa di tutte le dighe siciliane. Il Fanaco, come quasi la totalità degli invasi della regione, è praticamente arrivato alla soglia minima. Se in questi mesi la situazione dovesse rimanere così, senza piogge autunnali, il rischio è che a gennaio le scorte finiscano definitivamente. E l’acqua ogni sei giorni, a quel punto, sembrerebbe un miracolo. Ad Enna, raccontano i componenti del comitato Cittadini senz’acqua, l’acqua non è mai mancata. “Il problema della siccità e della desertificazione – dice Rossana Alessandra – non è certo imputabile agli amministratori lovali e regionali. Ma la mancata programmazione sì. Senza ombra di dubbio. Tutti siamo coscienti dei cambiamenti climatici in atto, tutti sappiamo quali saranno le conseguenze. E allora – conclude – perché non si è agito per tempo? Cercando soluzioni efficaci e non interventi tampone?”. Domande legittime e che meritano una risposta. Una risposta che però ancora nessuno è in grado di dare. Come legittima è una riflessione sul costo dell’acqua al metro cubo. La media nazionale e di 2 euro e cinquanta centesimi. Ad Enna si arriva quasi a 5 euro. Il prezzo più alto in Italia. Un paradosso. Ma un altro paradosso si è sfiorato qualche settimana fa quando il ministro della Protezione civile e delle politiche del mare, Nello Musumeci, ha puntato il dito contro la mancata programmazione degli interventi atti a mitigare l’emergenza siccità. Forse dimenticando però che, fino all’ottobre del 2022, era proprio lui il presidente della regione Sicilia e probabilmente una parte della responsabilità sulla mancata programmazione potrebbe essere addebitata proprio a lui. Ma con i se e con i ma il presente non cambia. Ed il presente è fatto di emergenza. “Abbiamo presentato un esposto alla magistratura – dice l’avvocato Gianpiero Cortese, legale del comitato cittadini senz’acqua. Vogliamo che qualcuno indaghi sulla gestione dell’acqua ad Enna e sulla mancata programmazione per prevenire una situazione che, ormai, ha messo gli abitanti di questa città con le spalle al muro”. L’acqua dai rubinetti, molto spesso, esce di un colore che con l’acqua non ha nulla a che fare. Se le condutture restano a secco per giorni, questo è il risultato, sottolineano ancora i componenti del comitato. La cartina di tornasole di questa emergenza è rappresentata dal lago di Pergusa, attorno al quale c’è lo storico autodromo Siciliano. Era un luogo dove fenicotteri ed aironi avevano trovato il proprio habitat. Immerso all’interno di una riserva naturale di rara bellezza. Un ecosistema variegato. Adesso è ridotto ad una pozza di acqua melmosa. E gli uccelli che lo popolavano adesso sono andati altrove. A cercare l’acqua, anche loro. Ma quella di Enna non è l’unica situazione emergenziale della Sicilia. Tutta la Sicilia è in enorme sofferenza. A Caltanissetta ci sono zone della città dove l’erogazione avviene addirittura una volta ogni nove giorni. Insostenibile se non ci si premunisce di cisterne. A fare affari d’oro sono i gestori privati delle autobotti a volte, anzi molte volte, totalmente sprovvisti di autorizzazioni p certificazioni. Ma nel momento in cui manca l’acqua, praticamente nessuno storce il naso. Anche gli invasi che servono la città di Palermo e la sua provincia sono in grande sofferenza. Ben al di sotto della soglia critica. E anche nel capoluogo siciliano sono iniziati i razionamenti dell’erogazione. La regione stanzia fondi per gli interventi ma ancora, molti, sono al palo. Come quelli relativi ai dissalatori di Trapani e Porto Empedocle. Fermi da anni e che, se fossero funzionanti, contribuirebbero in maniera sensibile al superamento della crisi. Ma, dopo essere entrati in funzione anni fa, sono stati poi dismessi e completamente abbandonato. Ormai sono arrugginiti e non operativi. Qui, oltre che di mancata programmazione, possiamo parlare di un enorme spreco di soldi pubblici, Ma purtroppo si sa, l’Italia è il Paese delle emergenze e non della programmazione.