Giulia, 67 anni e precaria da una vita: "Non mi posso permettere la pensione"

Giulia si definisce “precaria da una vita”. Ha sessantasette anni e da sedici lavora come operatrice sociosanitaria. Per lei il suo lavoro non è solo “una necessità”, ma anche “un modo per mettersi alla prova ed esprimere quello che si è”. Come spesso succede, il precariato in ambito lavorativo tocca anche tutti gli altri aspetti della vita di una persona. La storia di Giulia si può ascoltare nella terza puntata di Cose di oggi dedicata al mondo del lavoro. Incontriamo Giulia nella sua casa una sera di fine agosto. Una casa che racconta tanto di lei e del suo precariato. Giulia vive lì da sola ma circondata dai tanti quadri che il suo compagno le ha lasciato. Quando parla di sé, si definisce “precaria da una vita”. Negli anni ha cambiato molti lavori, ora è un’operatrice socio-sanitaria con un contratto di somministrazione, l’ex lavoro interinale. Un contratto, descrive Giulia, in cui si sente poco tutelata. “Mi sono sentita sempre precaria in questo lavoro, anche se poi l'ho sempre svolto come se non lo fossi. Quindi pur avendo lottato per avere una situazione migliore, per godere di alcuni diritti per cui è giusto lottare”, dice Giulia, “alla fine ti senti sola di fronte a chi è più forte di te”. Il contratto Giulia ha iniziato a lavorare tardi. In famiglia lavorava solo il suo compagno, il padre dei suoi due figli. Faceva l’artista e l’artigiano. Era un libero professionista, quindi per definizione precario anche lui. Si occupava, lavorando con alcuni architetti, di decorazioni per interni di case, appartamenti, ville. Le cose, per la loro famiglia, sembravano andare bene, il suo compagno stava ingranando con una serie di lavori e di collaborazioni. Poi, dice Giulia, è arrivato “il nulla”. Servivano più soldi e una seconda entrata in famiglia. Giulia inizia vari lavoretti, fino a quando, sedici anni fa, comincia a lavorare per la struttura per cui lavora tuttora. Fa la OSS, l’operatrice sociosanitaria, si occupa di persone con disabilità. “Un lavoro impegnativo”, racconta Giulia, arricchito anche dalle relazioni che si vengono a creare con gli ospiti della struttura. Un lavoro che le piace e in cui si mette alla prova ogni giorno. In sedici anni di lavoro nello stesso posto, racconta Giulia, non c’è mai stata una vera continuità. “Le aziende che gestivano la struttura si sono susseguite di anno in anno fino ad oggi, ogni due per tre ci licenziano e ci riassumono". La storia di Giulia ha anche come co-protagoniste una serie di cooperative, agenzie per il lavoro e simili. Entità terze che fanno parte della natura stessa del contratto di somministrazione. I soggetti coinvolti, in un contratto di questo tipo, sono infatti tre: l’agenzia per il lavoro , il dipendente e l’azienda utilizzatrice, cioè l’azienda presso cui il lavoratore viene mandato a svolgere l’attività lavorativa. Se non fosse già complessa sulla carta, la storia contrattuale di Giulia ha subito vari cambiamenti, a partire da quelli relativi alla gestione e all’assetto aziendale. Così, Giulia ha deciso di intraprendere una battaglia per i suoi diritti: ha portato avanti una vertenza, che però non è andata a buon fine. Ha deciso comunque di continuare a lavorare per la struttura dove è oggi, proseguendole sue battaglie. Quando parla del suo futuro, di come si immagina i prossimi anni, la voce un po’ le trema. Come se tutto d’un tratto, quello che ha descritto in modo diretto e concreto le crollasse addosso. “Cerco di vivere alla giornata”, ripete Giulia. “Ho 67 anni ma non mi posso permettere di andare in pensione perché non ho i quarant’anni di contributi, ne ho poco più della metà, e quindi non riuscirei a pagare l'affitto nella casa dove sono ora. A volte mi sento anche un po' fuori luogo, ma d'altronde la vita delle persone non può essere decisa così a tavolino. Mi trovo adesso a dover continuare a lavorare, poi deciderò”. Il precariato Parlare del proprio precariato per Giulia da un lato è complicato, dall’altro liberatorio. Come se dietro al suo precariato si celasse tutto il suo mondo. Le attese, l’incertezza ma soprattutto il desiderio di una qualche forma di stabilità. Il concetto stesso di precariato è difficile da declinare. Spesso lo si associa ai contratti a tempo determinato, i cosiddetti contratti a termine. Nell’immaginario comune invece si tende ad associarlo o a fasce d’età precise - quelle della “gavetta” - o a specifiche categorie di lavoratori come - solo per citare due esempi - i professori o i ricercatori. La galassia precaria in Italia è però più complessa di quello che si potrebbe pensare. In Italia, secondo le rilevazioni ISTAT, i precari a luglio 2024 erano circa 2,7 milioni. A marzo 2024, oltre 2,8 milioni di persone in Italia avevano un contratto a tempo determinato, circa 200.000 in meno rispetto al numero registrato nello stesso periodo dello stesso anno. Guardando ai contratti di somministrazione, secondo i dati Inps, il numero di dipendenti con questi contratti con almeno una giornata retribuita nel 2022 era pari a circa 975.000 persone. Una forma contrattuale che negli ultimi anni, sottolinea la CGIL, ha visto assunzioni per circa un milione di lavoratori all’anno ma altrettante le cessazioni. “A conferma”, si legge, “dell’utilizzo di questa forma contrattuale come insostituibile strumento di flessibilità". Oltre il lavoro: la casa di Giulia Il precariato di Giulia non tocca solo il suo lavoro ma si annida in molti altri aspetti della sua vita. Quando parla del suo precariato non può che parlare anche della sua casa. “Oggetto stesso di precarietà”, così la definisce Giulia. Negli anni, infatti, i cambiamenti che hanno interessato il lavoro di Giulia e quello del suo compagno hanno portato dei cambiamenti anche nel luogo che li accoglieva. Tutto andava di pari passo. Le cose andavano bene, e la loro casa veniva costruita pezzo dopo pezzo. Le cose andavano meno bene, e bisognava spostarsi. “La casa rappresenta gran parte della nostra precarietà perché è frutto di tanto sacrificio”, sottolinea Giulia. Ora vive da sola, in un appartamento che la ospita e in qualche modo la abbraccia tutti i giorni con il ricordo del suo compagno, morto di Covid nel pieno della pandemia. “In questi anni questa precarietà mi ha indurita psicologicamente”, racconta Giulia. “Non riesco a metterci fine, sono sempre traballante”, sottolinea. “Cerco comunque di non farmi prendere dal panico e di farmi un po’ di forza”. La storia di Laura fa parte del podcast Cose di oggi. Puoi ascoltarlo su Spotify a questo link

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