Salvata da un telefono: la nuova vita di Laura dopo le violenze

Quando Laura racconta la sua storia parla di un “prima” e di un “dopo”. Il “prima”, quello in cui era intrappolata in una relazione violenta. Il “dopo”, quando chiedendo aiuto all’associazione Telefono Donna, ha ripreso in mano la sua vita. Proprio nella sede di Telefono Donna, all’Ospedale Niguarda di Milano, la incontriamo. Lì dove la “vecchia Laura” ha lasciato il posto alla “nuova Laura”. Lì dove, con l’aiuto delle operatrici del centro, ha trovato un lavoro che le ha permesso di ricostruire la fiducia in se stessa che le era stata tolta. La "vecchia Laura" “Quella non è vita: tu ti distacchi sempre di più, sei in conflitto e arrivi a non riconoscere il vero dal falso”. Racconta così, Laura, quella relazione che definisce “tossica”: una relazione fatta di violenza, di controllo, di abusi di vario genere. Laura si ritrova in questa relazione dopo essersi separata da suo marito. Negli anni precedenti aveva deciso di abbandonare il suo lavoro e di dedicarsi a suo figlio. A un certo punto si ritrova da sola, a doversi prendere cura del suo bambino, senza più un lavoro. Da quel momento, dice, “inizia la mia capitolazione”. Come spesso succede, è un climax. Le prime insicurezze date dalla separazione, la solitudine, la voglia di ricostruirsi una vita, l’inizio di una nuova relazione. “Ho perso completamente di vista me stessa, ho subito un’implosione invece che un'evoluzione”, sottolinea Laura. “L’altra persona prende proprio tutto il tuo spazio. Cioè tu non hai più un tuo spazio vitale, neanche nel pensiero, sembra una follia.” Quando parla di questa relazione, Laura evoca l’immagine delle “montagne russe”: un giorno sei la “principessa”, dice, il giorno dopo “l’essere umano peggiore possibile”. Telefono Donna Il nuovo inizio per Laura parte da una telefonata, da una richiesta di aiuto. “È stata la crepa che ho dato al mio isolamento interiore”, racconta Laura. “Sono fortunata e grata di aver avuto il coraggio perché senza il coraggio, spinta dalla disperazione, ho deciso di chiedere aiuto”, sottolinea. “Oggi lo chiamo coraggio ma è la prima azione inconsapevole di amore verso me stessa.” Laura decide così di mettere fine alle “montagne russe” che viveva quotidianamente in una relazione malata e di uscire dalla “ragnatela” - è così che la definisce - che ormai la assediava. Si rivolge a Telefono Donna, centro antiviolenza che da anni aiuta le donne in difficoltà: donne sole, donne che subiscono maltrattamenti e abusi, donne che hanno paura. “Noi abbiamo una reperibilità 24 ore su 24, 365 giorni l'anno perché l’aiuto che offriamo deve essere immediato”, spiega Paola Aquaro, psicoterapeuta di Telefono Donna. “Non possiamo immaginare che una persona che chiama non abbia immediatamente una risposta, perché sappiamo che tante volte le donne chiamano e poi purtroppo cambiano idea perché non sono pronte a chiedere aiuto.” “Poi”, aggiunge Aquaro, “purtroppo il ciclo della violenza segue sempre le stesse fasi: sappiamo che dopo la fase del maltrattamento c'è quella che si chiama “luna di miele,” in cui l'uomo chiede scusa e fa delle promesse, e la donna in quel caso può fare dei passi indietro rispetto alla richiesta di aiuto. Questo è il motivo per cui è importante iniziare subito la presa in carico, che parte di solito proprio dal far ragionare su come gli episodi di violenza si susseguano". Dalla consulenza legale a quella psicologica, dall’accoglienza all’ascolto. Quando Laura descrive il suo percorso con Telefono Donna, è proprio quest’ultima componente, quella dell’ascolto, che definisce come quella fondamentale nel suo processo di affrancamento. Un ascolto senza giudizi o pregiudizi, tramite il quale ci si sente comprese. Con il supporto di Telefono Donna, Laura è riuscita a denunciare. Un passaggio delicato e fondamentale che richiede non solo coraggio ma anche una consapevolezza di sé più radicata di quanto si possa pensare. “ È importante lanciare il messaggio che bisogna denunciare se e quando si è in una situazione di sicurezza e il centro antiviolenza mette in una situazione di sicurezza”, sottolinea la dottoressa Aquaro, “perché altrimenti si parla solo di principi ma si può rischiare anche la pelle”. I numeri Il fenomeno della violenza sulle donne è molto complesso da definire e circoscrivere, tanto che, lo stesso Istituto nazionale di statistica sottolinea come sia “di difficile misurazione perché in larga parte sommerso”. Secondo l’UNIFEM nel mondo 1 donna su 3 subisce una qualche forma di violenza fisica, sessuale o psichica. Un numero che è rimasto sostanzialmente invariato nell'ultimo decennio. Una donna su quattro di età compresa tra i 15 e i 24 anni, sempre secondo le stesse rilevazioni, avrà già subito violenza da parte del partner. In Italia, secondo un recente report della Polizia di Stato, nei primi sei mesi del 2024 è cresciuto il numero dei maltrattamenti contro familiari e conviventi, che passano da 11.808 a 12.424, con un incremento del 5% rispetto allo stesso periodo del 2023. Seppur parziali, i dati che emergono dalle tante analisi e ricerche mostrano come la violenza sulle donne sia un problema sociale trasversale e, come sottolinea l’OMS, rappresenti “un problema di salute di proporzioni globali enormi”. “Considerando solo il nostro osservatorio e la nostra sede centrale di Milano al Niguarda”, spiega Paola Aquaro di Telefono Donna, “noi seguiamo più di 300 nuovi casi all'anno, oltre alle donne che abbiamo già in carico. Sappiamo che purtroppo non riusciamo a intercettare tutte le donne che subiscono violenza ma vediamo solo la punta dell'iceberg, fatta dalle persone che in qualche modo hanno trovato la forza e deciso di chiedere aiuto”. La "nuova Laura" La svolta nella vita di Laura arriva in modo inaspettato. Dopo aver iniziato un cammino duro e doloroso per conoscere se stessa e liberarsi dal malessere in cui era rimasta intrappolata, Telefono Donna mette in contatto Laura con un’azienda editoriale che ha bisogno di una persona. Laura coglie questa opportunità. Inizia con un primo stage di tre mesi. Poi viene confermata per altri tre mesi e poco dopo arriva la proposta di assunzione a tempo indeterminato. Laura scandisce bene la parola “indeterminato”, quasi come ad assaporarne ogni singola lettera, come se all’interno di quella parola ci fosse tutta quella consapevolezza di sé che ha faticato a ottenere. “Il lavoro è stato per me lo strumento che mi ha permesso di riaffacciarmi in un nuovo modo alla vita”, dice Laura. “Inizi a sperimentare una nuova realtà di te che hai offuscato tu, non credendo in te stessa” Il lavoro, spiega la dottoressa Aquaro, svolge quindi un ruolo fondamentale. “Da un lato, permette di avere un'autonomia economica per ricostruirsi una vita indipendente, quindi slegata dalla situazione di maltrattamento. Ma il lavoro è più importante ancora per la propria autostima, per scoprire di essere in grado non solo di fare un lavoro ma anche, come racconta Laura, di essere apprezzata e avere delle doti che lei non sapeva di avere e che gli altri le riconoscono con molta più facilità di quanto avesse sempre fatto lei, scoprendo che questa credenza sbagliata era frutto di tutte quelle violenze che aveva subito”. I colleghi di Laura non sanno cosa l'abbia portata lì, il suo percorso e la sua storia. Questo per lei è importante: vuole lasciarsi alle spalle quello che ha subito negli anni e guardare solo quello che sta costruendo ora attraverso, come lei ama dire, dei “piccoli passi possibili, i ppp”. Quando parla di quei momenti bui, del vortice in cui era finita, non ne parla con rancore ma con lucidità. “Vivere nel risentimento andrebbe a condizionare il mio presente oggi”, dice Laura, “ma io ho bisogno di stare concentrata sull’oggi, su quello che io posso fare nella costruzione di me quotidianamente. Io oggi voglio stare bene”. La storia di Laura fa parte del podcast Cose di oggi. Puoi ascoltarlo su Spotify a questo link