Sagre mon amour: baluardi anti-spopolamento che valgono miliardi di euro

Dalla festa del porro di Cervere al fusillo di Orsomarso , passando per le castagne di Marola o la lumaca di Ossi , la sagra è un fenomeno che connota l’Italia intera da un punto di vista storico, economico e sociale. Il trait d’union è l’argomento di conversazione preferito a tavola: il cibo. Cuore pulsante delle iniziative, nella gran parte dei casi, sono le associazioni Pro Loco. Su base nazionale, secondo il report del Centro Studi Sintesi della Cgia di Mestre commissionato nel 2018 dall’Unione nazionale Pro Loco d’Italia, si parla di: 110 mila eventi organizzati, di cui 20 mila sono appunto sagre, una spesa complessiva che si aggira attorno ai 700 milioni di euro e un valore economico-sociale prodotto di circa 2,1 miliardi; sono eventi da cui sono scaturiti oltre 10 mila occupati e a cui hanno preso parte 33,6 milioni di visitatori. Questo in epoca pre Covid. “Durante la pandemia – spiega Antonino La Spina, presidente nazionale dell’Unpli – è stato abbattuto l’85% delle manifestazioni. Si era perso il senso dello stare insieme. Ora la situazione si sta riprendendo”. Lo dimostrano i dati raccolti da una nuova indagine condotta tra novembre 2023 e gennaio 2024 dalla Cgia di Mestre, gentilmente concessi in anteprima a Sky tg24 Insider e che verranno presentati più approfonditamente a ottobre. Da questa ricerca, che aveva lo scopo dichiarato di capire se e cosa fosse cambiato l’universo Pro Loco negli ultimi tre anni, risulta che le sagre e gli eventi affini rappresentano ancora il canale numero uno attraverso cui portare avanti un lavoro di tutela, promozione e valorizzazione delle risorse territoriali, spesso e volentieri di natura enogastronomica: rispetto a tutte le realtà che operano in questo senso, la quota delle associazioni che fanno capo a Unpli è addirittura nel 91%. Non solo un fenomeno per anziani L’allestimento degli spazi, la preparazione dei piatti, la logistica dei parcheggi e di eventuali servizi d’asporto, la promozione e la cura degli eventi d’accompagnamento delle serate non sarebbero possibili senza l’esercito civico e compagnone dei soci Pro Loco. “Circa 700 mila persone, per un totale di quasi 12 milioni di ore di volontariato”, dice La Spina. L’identikit spazia dalla “nonna di 70 anni che custodisce gelosamente la ricetta di cottura dell’anatra” al 20enne che rimane coinvolto nell’iniziativa “per un legame affettivo con il posto, con le persone”. Un aiuto arriva dal Servizio Civile Universale, che ogni anno aggiunge circa 2.500 giovani volontari a chi è già socio di una Pro Loco. È un’espressione plastica di quel famoso ‘passaggio di testimone’ tra generazioni che funge da collante per la collettività. Per il presidente nazionale Unpli una sagra è “un luogo di contaminazione”, sia da un punto di vista di migrazione interna – “C’è chi si è trasferito da Sud a Nord ed è riuscito a inserirsi grazie all’attività della Pro Loco, condividendone i valori” – sia in potenza per l’integrazione di persone extracomunitarie. “Sono convinto – afferma La Spina – che l’azione dei nostri volontari, ad oggi, stia tenendo delle comunità che sarebbero probabilmente già decimate o scomparse, perché produce uno stimolo a rimanere in un posto”. Piccoli baluardi anti-spopolamento Se i giorni della festa sono il lato brillante della medaglia, i successivi sono quello un po’ più opaco. Ancora La Spina: “È vero che terminata la sagra spesso il borgo perde di interesse. Questo avviene perché, in periodi normali, mancano i servizi”, e non perché le persone non vogliano impegnarsi. Il ricavato delle manifestazioni Pro Loco viene reimmesso nelle comunità sotto forma di piccoli finanziamenti nell’urbanistica, nel recupero di un bene immobile particolare, in ulteriori iniziative distribuite nel resto dell’anno. Un tentativo dal basso, seppur non sufficiente, di frenare lo spopolamento sempre maggiore che colpisce le aree più periferiche del Paese. “Per continuare a tenere accesi i riflettori – dice il presidente La Spina – cerchiamo un aiuto anche normativo. Stiamo lavorando con la sottosegretaria all’Economia Lucia Albano per trovare forme di sostentamento utili al lavoro dei volontari e di supporto alle comunità”. Turisti alle Sagre di Qualità Per incentivare la crescita e il potenziamento di queste iniziative, Unpli dal 2018 assegna annualmente il bollino di Sagra di Qualità alle più meritevoli. I criteri per guadagnarsi il riconoscimento sono piuttosto stringenti: ricette storicamente radicate su un determinato territorio, prodotti di comprovata qualità, coinvolgimento di produttori locali con attenzione all’ambiente, un’organizzazione chiara e fluida della manifestazione che deve avere almeno 5 anni di attività alle spalle. Unpli invia i suoi ispettori, provenienti da regioni diverse rispetto a quella in cui si svolge la sagra da esaminare. “Finora – spiega ancora La Spina – ne abbiamo bollinate circa 200, considerando che nel 2020 e nel 2021 siamo stati fermi causa Covid”. Con impegno e pazienza, arriverà anche il turno delle altre. “Se prima una sagra era solo sinonimo di mangiare bene, ora si comincia a comprendere il peso specifico in termini economici: ce ne sono alcune che fanno vendere l’intera produzione di una stagione, altre che hanno trasformato un prodotto in un simbolo territoriale, come il pistacchio di Bronte”. Prova della riuscita di questa strategia è l’aumento di interesse turistico. “Ci sono – dice La Spina – sia persone che scoprono le sagre per caso, perché sono di passaggio, altre che vengono appositamente per l’esperienza. Piace molto il coinvolgimento diretto nella vita delle comunità”. I numeri si trovano nel nuovo report di Cgia Mestre: su 88 milioni di visitatori agli eventi delle associazioni che ne sono 76,5 milioni sono del bacino regionale, 9,7 milioni da quello nazionale e 1,8 milioni dall’estero. Contro il logorio moderno del pre-confezionato Dietro a un qualcosa che a tratti, agli occhi meno esperti, può sembrare caricaturale, si nasconde un presidio di tradizioni veraci che è al tempo stesso vetrina verso un futuro più a misura d’uomo. O almeno così è nelle intenzioni di chi opera. A Recale, un chilometro e mezzo dalla Reggia di Caserta, nel 2024 si sono festeggiati i 20 anni della Sagra della Pannocchia. “La manifestazione – racconta Andrea Mastroianni, 59 anni, presidente della Pro Loco Nuova Recale – è nata lo stesso anno della costituzione dell’associazione, nel 2004. All’inizio eravamo sette pionieri a far tutto: oggi siamo in 50 soci a lavorare quotidianamente alla sagra, con un’affluenza che si aggira attorno alle 20mila persone tra la provincia di Napoli, Avellino, Matera e dintorni. Facciamo tutto noi, coinvolgendo le altre associazioni locali: seguiamo il prodotto fin dalla semina, poi la raccolta, la lavorazione e infine l’allestimento di tutto l’evento”. Nel caso specifico, spiega Mastroianni, c’è stata anche una ricerca in collaborazione con Coldiretti e Slow Food per l’individuazione di una specie particolare di pannocchia destinata all’alimentazione delle persone. “Quando nel 2023 siamo andati a Roma per ricevere il premio Sagra di Qualità, su una quarantina di realtà noi eravamo l’unica a promuovere una festa della pannocchia!”. Le soddisfazioni maggiori: sapere che la sagra è diventato un appuntamento che la gente fissa in anticipo sul calendario e far riscoprire sapori autentici alle nuove generazioni, in un’ottica anticonsumistica. “Vedo – racconta Mastroianni – i giovani che mangiano volentieri il nostro cuoppo o la pizza di farina di mais, con cui sono cresciuti i nostri nonni, e si rendono conto, ad esempio, che insieme a una birra sono meglio delle patatine”. Una questione di responsabilità L’obiettivo, in contesti del genere, è anche trasformare una semplice partecipazione di piacere in impegno attivo, processo che una volta avveniva in maniera quasi naturale. Lo racconta Luca Uliassi, presidente dal 2019 della Pro Loco di Campofilone , organo promotore dell’annuale Sagra del Maccheroncino, giunta nel 2024 alla 61esima edizione. “Qui si comincia fin da piccolini a dare una mano – dice – dagli anni delle elementari in cui si aiuta a sparecchiare e a mano a mano con sempre più responsabilità. Io sono proprio entrato nell’associazione quando avevo 20 anni, coinvolto dagli amici”. Oggi Uliassi di anni ne ha 45 e ha vissuto tutti gli step di una ‘carriera’ tra i volontari della sagra: prima parcheggiatore, poi aiutante in paese, fino a principale organizzatore. “Oggi nel direttivo siamo in 5, di regola ci orbitano attorno una 30ina di persone ma diventiamo 200 nei giorni della festa”, racconta. “Prepariamo circa 34 quintali di sugo, serviamo più o meno 14mila porzioni di maccheroncini a una cosa come 30mila avventori distribuiti in quattro serate. Una sfida non semplice”. Anche per Uliassi il piacere maggiore è ricevere complimenti per il servizio svolto, oltre a sapere che attraverso la manifestazione Campofilone riesce a guadagnare qualche nuovo estimatore che decide di tornare. “Durante la sagra – spiega – tutte le attività locali ricevono una boccata d’aria in più. Noi siamo euforici in quel periodo, e raccogliamo energie per tenere vivo il paese anche il resto dell’anno”. A gennaio 2025 arriverà la prima guida delle Sagre di Qualità, comprese quelle di quest’anno. Se qualcuno avesse ancora dubbi su cosa fare la prossima estate, problema risolto.