“Gieffino” e “maranza” le cercheremo anche fra 30 anni: parola di Zingarelli

Per i puristi, “maranza” non sarà mai una parola della lingua italiana. Ancor meno overtourism o, peggio, shrinkflation, colpevole d’essere un anglicismo impronunciabile. In realtà, sono tutti neologismi accettati e registrati dal nuovo Zingarelli 2025. Al pari di bubble tea, catfishing e fattanza, che ormai si possono scrivere e pubblicare senza timore della matita rossa. Con buona pace dei puristi. “Lo Zingarelli, come gli altri dizionari, sancisce un uso che è già consolidato”, ricorda Andrea Zaninello, uno dei curatori del volume Zanichelli, che ha approvato l’ingresso delle nuove parole. Più complicato è capire cosa intenda il lessicologo per uso consolidato: cosa serva, cioè, per ottenere il timbro d’autorevolezza che equipara “gieffino” alla “quisquilia” di dantesca memoria. Quali criteri adottate per l’ingresso dei neologismi? Per prima cosa valutiamo la diffusione del termine a vari livelli. Ci devono essere attestazioni scritte perché se una parola è scritta vuol dire che è sedimentata e, intanto, ha una sua ortografia. La cerchiamo su banche dati Zanichelli, su giornali, periodici, romanzi e saggi. Sul web, tramite i motori di ricerca, verifichiamo il trend di crescita della parola: magari nel 2022 aveva un uso diffuso, ma nel 2023 le pagine collegate a quel termine erano già molte meno. La stessa analisi la facciamo con la letteratura e i libri digitalizzati. Come scegliete le parole candidate? Lo spunto iniziale può nascere da una parola che senti in autobus, leggi sul giornale o ascolti alla radio. Ma più spesso sono segnalazioni di lettori o di persone che lavorano con la lingua. Ogni anno abbiamo un migliaio di segnalazioni, ma entrano solo 200 o 300 voci nuove. Molte le lasciamo in osservazione. C’è un “purgatorio” di parole che attendono di entrare nel dizionario? Sì, la maggior parte stanno lì. Del resto, dobbiamo capire se un termine ha tutti i crismi. Non basta la diffusione come criterio? No, serve capire se una parola riesce a consolidarsi nel tempo. Potrebbe esserci un iniziale boom di attestazioni e poi una scomparsa. Le chiamiamo parole effimere. Per questo le osserviamo per anni prima di fare una scommessa sulla loro crescita e inserirle nel dizionario. Poi, dobbiamo capire se una parola ha una buona formazione. Mi spiego meglio: il termine che stiamo studiando ha strutture che foneticamente stridono con il sistema lessicale italiano? Ha le caratteristiche per essere usata in modo stabile? Se sì, la inseriamo. Una provocazione La provoco: “shrinkflation” non stride con i suoni italiani? Infatti, prima di inserirla, l’abbiamo discussa per anni. A parer mio, ha le caratteristiche per essere una parola repellente ma il gusto personale non conta. Abbiamo visto non solo che è una parola nuova, ma anche che viene impiegata in testi legali, ha un significato specifico nel marketing e nell’analisi economica. Sono fonti che contano: se una parola si attesta sui social, ha meno valore di una parola registrata su altre fonti. Perché? Cambia il peso lessicografico: sui social è più facile che una parola sia soggetta a veri e propri boom che si sgonfiano presto. Ciononostante, stiamo attenti anche a non registrare tutti gli specialismi del diritto. Cosa mi dice invece di “gieffino”? Non è troppo legata al programma televisivo? Il caso è molto interessante, perché deriva addirittura dalla sigla del programma. Il ragionamento che abbiamo fatto in questo caso è stato: la parola si trova in siti, giornali divulgativi, quotidiani e periodici. È molto attestata. Se poi il programma dovesse chiudere fra qualche anno, poco importa. Il dizionario servirà anche ai lettori futuri per comprendere parole che potrebbero essere uscite dall’uso, chissà, fra trent’anni. Nel caso di “maranza” si è fatto l’opposto: la parola è entrata adesso ma è in uso dagli anni ’80. Perché? Noi riportiamo che la prima attestazione risale al 1989. Ma, al tempo, la parola era molto settoriale ed effimera. Nel tempo è stata risemantizzata con un significato nuovo e ha portato i parlanti e gli scriventi ad adottarla molto di più. Comunque, noi sullo Zingarelli abbiamo deciso di tracciare la storia del termine: prima con l’etimologia, poi con le attestazioni degli anni ’90 e, infine, con il significato attuale. C’è una vera e propria carta d’identità di “maranza”. Nel lessico gastronomico molte parole, insieme ai piatti, provengono dall’estero. Le scelte in questo caso sono fatte in base al successo del cibo? Perché, ad esempio, è entrata “bubble tea”? In pochi sanno che “bubble tea” deriva da una storpiatura di un termine taiwanese che significa “perline di tapioca”. Solo di recente è stata inglesizzata. In questi casi, non ci facciamo influenzare dal gusto del cibo o dalla sua diffusione, ma magari da quanti negozi con quel nome sono aperti in Italia o in quanti libri di cucina compare. Il lessico della cucina, poi, è particolare: ci sono tanti termini giapponesi o francesi e molti meno inglesi. E gli anglicismi in Italia sono molto discussi… L’italiano, in realtà, ha una forte tendenza ad accogliere molti anglicismi. Non lo fa solo perché è figo, cool, ma perché serve a separare tra significati più storici e significati molto più specifici, che spesso vengono delegati ai prestiti dall’inglese. Come nel caso di cui abbiamo parlato prima fra “sgrammatura” e “shrinkflation”. Nella presentazione del dizionario avete parlato di “terminologia più inclusiva”: adottate anche criteri che non sono tecnici? In linea di massima no, siamo tecnici e rigorosi. Ma il dizionario ha anche il ruolo di riflettere la realtà che cambia perché le persone parlano in modo diverso. Faccio un esempio. Prima la parola “medica” era registrata come termine arcaico, con il significato di “donna pratica di medicina”. Oggi abbiamo premesso il rimando al femminile di medico. È un intervento lessicografico quasi invisibile, ma molto importante perché la società ha iniziato a normalizzare questi usi. E noi li registriamo.