Emanuela Orlandi, il fratello Pietro: "Il Vaticano non voleva la commissione d'inchiesta"
CronacaLa scomparsa della 15enne è uno dei più celebri casi irrisolti della storia italiana. Diverse sono state negli anni le piste seguite: prima il terrorismo internazionale legato alla figura di Alì Agca, poi quella dei fondi della Chiesa o ancora i presunti abusi sessuali
Da quasi 41 anni non si hanno più notizie certe di Emanuela Orlandi, la 15enne di cui si sono perse le tracce a Roma nel 1983. Il fratello Pietro combatte da allora per sapere la verità sulle sorti della sorella e ancora oggi riesce a far sentire la sua voce fino ai corridoi del governo. Il 9 novembre scorso il Senato ha approvato la proposta di istituire una commissione bicamerale di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela (e di Mirella Gregori sparita anche lei un mese prima). “Sono contento che le istituzioni non abbiano ceduto alla pressione del Vaticano, che non voleva assolutamente che venisse approvata”, ha detto Orlandi al Corriere della Sera. Una commissione che è stata definita sui social dallo stesso Pietro un’infinita agonia a causa di tanti rinvii del voto, dovuti – secondo il fratello di Emanuela – alle pressioni della Chiesa. “Penso che il Vaticano non volesse la commissione. Lo ha anche detto il promotore di giustizia vaticano Diddi. Il Senato ha fatto una serie di audizioni per poter capire la necessità o meno di questa commissione e, nel corso della prima, Alessandro Diddi ha in effetti sottolineato che aprire una terza indagine sarebbe stata una intromissione perniciosa”.
Paura per l'attenzione mediatica
Da sempre le accuse di Pietro Orlandi vanno nella stessa direzione. “Mia sorella era una cittadina vaticana e dunque il Vaticano avrebbe dovuto essere felice di una commissione da parte dello Stato italiano all’interno del suo Parlamento. Invece questo aiuto non è stato gradito, probabilmente perché cercano una verità comoda. Inoltre, le audizioni di una commissione parlamentare, a differenza della Procura, possono anche essere pubbliche. Quindi sicuramente c’è una grande paura dell’attenzione mediatica".
La pista di Purgatori
La scomparsa di Emanuela Orlandi è uno dei più celebri casi irrisolti della storia italiana (e di Città del Vaticano). Diverse sono state negli anni le piste seguite: prima il terrorismo internazionale legato alla figura di Alì Agca, poi quella dei fondi del Vaticano o ancora i presunti abusi sessuali. La più attendibile sembra - stando in particolare alla narrazione portata avanti dal giornalista Andrea Purgatori nella serie Netflix Vatican Girl - quella dei soldi. “Sono convinto che arriveremo alla verità, non potrà essere occultata per sempre” dice Orlandi che pensa che Purgatori sia tra quelli che si sono avvicinati di più alla soluzione del caso. Il giornalista aveva raccontato di esser stato contattato da una ex dipendente della sala stampa vaticana, che gli parlò di una chiamata dei presunti rapinatori. “Io ho fatto un appello sui social – dichiara Orlandi – poiché spero possa contattarmi. Sarebbe interessante parlare con lei. Purgatori non mi ha detto il nome di questa persona, poi si è ammalato e non c’è stato più modo di parlarne”.
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Le accuse alla famiglia Orlandi
In questi mesi si è parlato anche di indagini che scagionerebbero il Vaticano con accuse che sono state rivolte alla famiglia Orlandi - in particolare allo zio di Emanuela - riguardo un loro possibile coinvolgimento nel rapimento a cui Orlandi replica così: “È stato l’ultimo dei tentativi del Vaticano di spostare le attenzioni sulla famiglia, affinché non andasse in porto la commissione. Una notizia totalmente insensata, anche perché le indagini, già fatte anni fa dalla Procura di Roma, avevano escluso totalmente il coinvolgimento di mio zio dal rapimento di Emanuela. Se ne è parlato come se fosse una novità, ma la questione è stata già affrontata e chiusa da anni. Fortunatamente in Senato si sono comunque resi conto della necessità di risolvere questa storia. La commissione non deve partire perché c’è una famiglia che soffre, ma perché questa è molto più di una semplice scomparsa. Ci sono troppi depistaggi e coinvolgimenti da chiarire” ha concluso.