Per la sua morte, l’11 gennaio del 2022 a Rescaldina, nel milanese, Davide Fontana è stato condannato all'ergastolo nel processo d'appello. La donna è stata “punita con "intento vendicativo" perché cercava "la sua indipendenza, economica e personale": lo scrive la Corte d'Assise d'appello di Milano nelle motivazioni della sentenza del 21 febbraio pubblicate oggi
Carol Maltesi è stata "uccisa per un costante filo rosso, quasi un denominatore comune di delitti omologhi e della stessa indole: perché non era un uomo ma una donna". Si sono espressi così i giudici della Corte d’Assise d’appello di Milano nelle motivazioni pubblicate oggi che hanno portato, lo scorso 21 febbraio, alla condanna all’ergastolo per Davide Fontana. L’uomo, accusato di aver ucciso la 26enne a Rescaldina, nel Milanese, l'11 gennaio 2022, era stato condannato a 30 in primo grado. Nel processo di appello i giudici hanno riconosciuto la “barbarie” e le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, condannando Fontana all’ergastolo. La donna, spiegano i giudici, è stata punita con "intento vendicativo" perché cercava "la sua indipendenza, economica e personale".
Il delitto nel 2022
Carol Maltesi, 26 anni, è stata assassinata l’11 gennaio del 2022 a Rescaldina, nel milanese. Davide Fontana l’ha uccisa colpendola ripetutamente con un martello, per poi tagliarle la gola, sezionare il suo corpo e abbandonarne i pezzi nel bresciano. Per settimane, usando il cellulare della giovane, aveva risposto ai messaggi di parenti e amici, fingendosi Carol. Secondo la Procura il 44enne ha agito per motivi legati alle scelte della donna che aveva deciso di trasferirsi a Verona, per stare più vicino al suo bimbo, avuto da una precedente relazione.
La dinamica del delitto
La 26enne si occupava della realizzazione di contenuti per la piattaforma Onlyfans. Il giorno dell'omicidio, lei e il suo assassino si erano incontrati proprio per girare insieme un video commissionato dallo stesso Fontana tramite un profilo falso: nel filmato lei doveva apparire legata e con un cappuccio sulla testa. In questo modo l'assassino ha avuto "l'opportunità per l'attuazione" del delitto che aveva già "preordinato", secondo la Corte, dopo aver "carpito" alla vittima il consenso "di porsi in una condizione di passività assoluta", "inerme, in balia dell'altrui violenza senza poter reagire, difendersi, urlare, chiedere soccorso". Fontana, si legge nelle 95 pagine di motivazioni, portò avanti la "cinica estensione di uno studiato 'contrappasso'", con un "ultimo, osceno, 'set cinematografico', un'ultima uscita di scena simbolicamente punitiva per avere la vittima cercato nella carriera di attrice-porno la sua indipendenza, economica e personale". La Corte non ha riconosciuto le attenuanti generiche come equivalenti alle aggravanti, come avvenuto invece in primo grado, cosa che avrebbe portato comunque sotto l'ergastolo la pena per Fontana, autore di una "brutale violenza di genere", si legge ancora. Invece di lasciare "andare" la donna o di impegnarsi "a coltivare e a valorizzare il legame con lei", scrivono i giudici, il bancario ha scatenato la sua "furia omicida verso un fin troppo facile ed inerme bersaglio".