Altavilla Milicia, il fanatismo religioso minaccia persona e società

Cronaca
Domenico Barrilà

Domenico Barrilà

Il fanatismo religioso non è un fatto di cronaca, bensì una potente distorsione della personalità, che si consuma e legittima al riparo di un fenomeno fondamentale nella vita della persona e delle comunità. Il rapporto col trascendente

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Un uomo e la moglie vengono a incontrarmi, su pressione della donna, stufa di vedersi imporre dal coniuge mille limitazioni, che mortificano drasticamente la sua libertà personale. Lei è giovanile, piuttosto carina, lui è di aspetto dimesso, decisamente poco avvenente, dimostra più degli anni dichiarati. Il loro improbabile matrimonio è stato incoraggiato e combinato dalle figure di riferimento del movimento religioso di cui fanno parte, ma è andato in fibrillazione abbastanza presto, com’era naturale attendersi.

La moglie, dopo anni di vessazioni subite, per soggezione verso i saggi del movimento, comincia ad avanzare timide richieste, vorrebbe uscire qualche volta con le colleghe della fabbrica a mangiare la pizza, lui si oppone, ma non parla delle reali motivazioni, molto umane, sostiene invece che sia il loro dio a volerlo. Un uomo fragile che utilizza il proprio credo e quello della moglie come strumento di controllo.

Un punto dolente, il tema del controllo, sovente giustificato come conseguenza diretta di tradizioni consolidate. Una giovane donna di origini straniere, laureata, colta e brillante, conosciuta in una realtà editoriale, mi telefona per salutarmi, presto partirà per l’estero dove sposerà un uomo scelto direttamente dal padre. Appartiene a una delle grandi religioni monoteiste. Le chiedo perché una ragazza evoluta come lei accetti di sposare un uomo che conosce a malapena. “Mio padre -mi risponde- non farebbe nulla contro il mio interesse, mi fido di lui”.

In Italia abbiamo assistito sgomenti alla barbara uccisione, per mano della famiglia, di Saman, rea di avere un fidanzato italiano e cattolico. Si potrebbe affermare che il suo caso e il precedente non abbiamo punti di contatto, poiché nel primo non vi è violenza, ma non credo le cose stiamo così.

Il fanatismo religioso che spara e uccide ci appare chiaro da identificare, ma i suoi clamori oscurano la vastità dell’oceano dei casi ordinari o quasi. Siamo di fronte a comportamenti molto frequenti di cui ignoriamo la portata, perché emettono segnali difficili da captare e perché quando si tratta di religione siamo disposti a maggiore indulgenza e rispetto perché le consideriamo buone a prescindere, ma proprio questo credito, acritico fino alla cecità, può diventare veicolo e copertura di esiti pesanti, lo abbiamo drammaticamente sperimentato in diverse circostanze, compresi i casi di pedofilia, temporeggiando sovente oltre il lecito.

Il caso di Altavilla Milicia

La stessa mostruosa vicenda di Altavilla Milicia, intrisa di ignoranza e di fanatismo religioso -tre vittime, di cui due minori, torturate per giorni e infine uccise- rischia di essere archiviata come un fatto di cronaca, grave quanto si vuole ma sempre un semplice fatto di cronaca. Sennonché il fanatismo religioso non è un fatto di cronaca, bensì una potente distorsione della personalità, che si consuma e legittima al riparo di un fenomeno fondamentale nella vita della persona e delle comunità. Il rapporto col trascendente.

Sebbene non si possano operare indebite generalizzazioni, occorre dire che nessuna religione ne è immune, nemmeno quelle maggiori, in ognuna delle quali sono presenti frange più o meno cospicue, visibili e invisibili, di fanatici mischiate a un fitto sottobosco meno esplicito di cani sciolti ma piuttosto nutrito e scarsamente intercettabile. Tali deformazioni possono proliferare perché trovano terreno fertile nelle strutture interiori di numerosi individui. Ciò che è accaduto ad Altavilla Milicia, oltre che nell’ignoranza, affonda la propria logica degenerata proprio nel magma incandescente di cui si impregna il tema religioso quando finisce in mani sbagliate, soprattutto in certi gruppuscoli senza controllo, che comunque possono dispensare prestigio ai loro piccoli e grandi santoni, autoproclamati megafoni di Dio. Le vittime sono soprattutto i bambini, il cui percorso viene intercettato e deviato in un momento di grande plasticità.

La religione è vittima

La religione stessa diventa vittima, per effetto circolare, di finalismi malati, ai quali fornisce, volontariamente o meno, potenti legittimazioni, che consentono a individui risoluti e persuasivi di imporre il proprio dominio su personalità fragili e dipendenti, bisognose di una cornice di tutele. Perché il gioco possa funzionare occorre infatti che vi siano forti complementarità tra una personalità dominante e un soggetto disposto a lasciarsi annullare. Per spezzarlo, invece, occorre rompere il tabù che le religioni siano buone a prescindere e vigilare, soprattutto attraverso gli occhi dei servizi sociali e scolastici.

A tale proposito mi domando cosa possano avere avere registrato la scuola e welfare della cittadina palermitana in tutti questi anni, considerato che uno dei figli era in quinta elementare mentre la ragazza sopravvissuta immagino frequentasse le superiori. Entrambi parlavano di possessione demoniaca come se fosse la normalità e senza che nessuna antenna si attivasse. Qui la libertà religiosa non c’entra più, occorre osare di più quando vi sono indizi importanti.

Ogni giorno agiscono indisturbati educatori che, in nome di non meglio precisati principi religiosi, distillano confusione. Un bambino, triste da giorni, mi chiede se può sposare una Testimone di Geova. Gli domando se si è innamorato di una bambina di quella religione, mi risponde di si e mi dice di essere affranto da quando è stato informato dall’amichetta che non potranno sposarsi, perché la sua mamma sostiene che la loro religione vieta persone di altre fedi.

Una mostruosità che rovescia sul trascendente le angustie della piccolezza umana, capace di determinare in quelle persone innocenti sensi di ripulsa per una dimensione, quella religiosa, presente in modo naturale nel loro mondo interiore, ma sovente utilizzata dai riferimenti adulti per intimorire e marcare i territori, impedendo di mischiarsi, come invece dovrebbe auspicare una buona religione.

Il padre di Altavilla

Si pensi al padre di Altavilla Milicia, al suo delirio, capace di spingerlo oltre i confini della follia, inventando possessioni demoniaca e vestendo dei panni del giustiziere dell’umanità, contro l’invadenza del maligno. Arrivare a torturare la carne della propria carne e la stessa moglie, senza provare la minima compassione, ci offre la misura delle omissioni dell’ambiente oltre che delle devastazioni che può indurre il fanatismo religioso, quando arriva a spogliare la persona di ogni barlume di razionalità, privandola di quella valvola di sicurezza che chiamiamo autocritica, la cui assenza è evidente nelle malattie mentali gravi.

Domenico Barrilà, analista adleriano e scrittore, è considerato uno dei massimi psicoterapeuti italiani.
È autore di una trentina di volumi, tutti ristampati, molti tradotti all’estero. Tra gli ultimi ricordiamo “I legami che ci aiutano a vivere”, “Quello che non vedo di mio figlio”, “I superconnessi”, “Tutti Bulli”, “Noi restiamo insieme. La forza dell’interdipendenza per rinascere”, tutti editi da Feltrinelli, nonché il romanzo di formazione “La casa di Henriette” (Ed. Sonda).
Nella sua produzione non mancano i lavori per bambini piccoli, come la collana “Crescere senza effetti collaterali” (Ed. Carthusia).

È autore del blog di servizio, per educatori, https://vocedelverbostare.net/

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