Detenuto 26enne suicida in carcere a Padova. Sua prof scrive lettera: "Abbiamo fallito"

Cronaca

Il ragazzo e l'insegnate si conoscevano dai tempi delle scuole medie e si erano incontrati di nuovo nella biblioteca dell'istituto penitenziario, dove la donna presta servizio come volontaria

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Un detenuto di 26 anni si è ucciso nella propria cella nel carcere Due Palazzi di Padova. E' successo lunedì sera, 8 gennaio. Il ragazzo, Stefano Voltolina, di origini venete, era rinchiuso dal mese di agosto, e doveva scontare una pena che sarebbe terminata a metà del 2028. Si trovava in una cella al primo piano dell'istituto penitenziario. La notizia del suicidio, diffusa da 'Ristretti Orizzonti' tramite le volontarie dell'associazione Granello di Senape, è stata confermata dall'amministrazione penitenziaria. Secondo quanto riporta il Corriere del Veneto, Voltolina era seguito dai medici per una grave forma di depressione.

La lettera

Una delle volontarie di Granello di Senape-AltraCittà  ha scritto una lettera all'associazione "Ristretti orizzonti" in cui racconta di essere stata insegnante del 26enne alle medie per due anni. I due si erano incontrati nella biblioteca dell'istituto penitenziario, dove la donna presta servizio, e si erano riconosciuti. Stefano, scrive la volontaria nella lettera pubblicata dal Corriere del Veneto, "affidato a una casa famiglia del Villaggio Sant'Antonio", era arrivato nella scuola "all’inizio dell’anno": un caso "impegnativo… Mai frequentato regolarmente la scuola, nessuna idea di cosa fosse un qualsivoglia regolamento". "E’ stato mio alunno per due anni, prima e seconda media, alla fine ce l’avevamo quasi fatta. Certo, ogni tanto usciva dalla classe", racconta ancora l'insegnante. "Poi l’abbiamo bocciato". Voltolina era originario di Chioggia, sua padre era un pescatore. "'Prof, ma non sa cosa sono le tegnue?” (le barriere coralline dell'alto Adriatico, ndr). Il suo mondo erano il mare e un cantiere di sfasciacarrozze dove passava le giornate con una banda di ragazzini, invece di andare a scuola. Lui sapeva più di me, senza dubbio. Scriveva bene, era sveglio, curioso, buono, si può dire?", scrive la volontaria nella sua lettera, che racconta anche di aver conosciuto i genitori di Voltolina: "Gli volevano bene" ma "non ce la facevano a stargli dietro, non ricordo quanti figli avessero". 

Gli incontri nella biblioteca del carcere si erano ripetuti, tra concorsi di poesia e testi di filosofia, e c'era la prospettiva di una nuova attività: "Tiziano avrebbe raccontato le sue storie, Stefano le avrebbe scritte", l'insegnante le avrebbe corrette. "Non l’ho più rivisto. Cosa posso dire adesso? Abbiamo fallito, come altre volte. Facciamo almeno qualcosa per non dimenticarcelo, il nostro fallimento", conclude la lettera. 

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