Omicidio Vanessa Ballan, convalidato arresto Bujar Fandaj: custodia cautelare in carcere
CronacaIl 41enne di Altivole è accusato di omicidio volontario plurimo e pluriaggravato. Si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il Gip ha ravvisato le esigenze cautelari del pericolo di fuga e di reiterazione del reato. L’uomo è detenuto nel carcere di Treviso. Dopo il delitto è entrato in un locale e si è messo a chiacchierare con altri clienti, forse per costruirsi un alibi. La Procura: "Ci sono elementi per contestare la premeditazione”. Il caso è stato sottovalutato, ha riconosciuto il procuratore Martani
È stato convalidato oggi l'arresto di Bujar Fandaj, il piccolo imprenditore di 41 anni di Altivole accusato dell'omicidio a coltellate di Vanessa Ballan (che era incinta), avvenuto due giorni fa nell'abitazione di lei a Riese Pio X. Disposta anche la misura della custodia cautelare in carcere. Il Gip ha condiviso l'ipotesi del reato di omicidio volontario plurimo e pluriaggravato operata dalla Procura, ravvisando le esigenze cautelari del pericolo di fuga e di reiterazione del reato. L' uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del magistrato. Attualmente è detenuto nel carcere di Treviso. Intanto per domani, venerdì 22 dicembre, è previsto lo svolgimento dell'autopsia sul corpo di Vanessa Ballan. Verranno effettuati esami e accertamenti anche sul feto che la donna portava in grembo, circostanza che rientra tra le aggravanti dell'ipotesi di reato di omicidio volontario.
Lei lo aveva denunciato
Il femminicidio continua a far molto discutere. C'era stata una denuncia, c'erano stati evidenti tentativi di minacce e molestie, ma il caso di Vanessa Ballan non venne affrontato con la necessaria urgenza. Il procuratore della Repubblica di Treviso, Marco Martani, ha ammesso che "c'erano elementi forse per un pericolo di attività persecutoria e molesta, ma non per un divieto di avvicinamento" nei confronti di Bujar Fandaj, cittadino kosovaro. La relazione tra i due era nata nel 2022; si erano conosciuti nel supermercato dove Vanessa lavorava. Tutto era finito, almeno da parte della donna, già dall’estate. Lì erano cominciate le minacce dell’uomo, che prometteva di diffondere le immagini di loro due. Minacce che la donna aveva tentato di nascondere al marito Nicola, arrivando anche a cancellare i messaggi ricevuti. Lui però l'ha saputo, l'ha sostenuta e aiutata a presentare denuncia, il 26 ottobre scorso.
Le parole del procuratore
"Le denunce da 'codice rosso' - ha spiegato Martani - vengono trattate dal magistrato di turno, che poi passa il fascicolo al magistrato del gruppo fasce deboli. In quel caso, nel giro di un giorno era stata fatta la perquisizione e passato il fascicolo al magistrato competente, il quale non aveva ritenuto ci fossero gli elementi per la richiesta di una misura cautelare, ma aveva deciso di approfondire le indagini chiedendo i tabulati del telefono. L'unica misura che avrebbe potuto impedire l'aggressione sarebbe stato il carcere, un provvedimento per il quale non vi erano oggettivamente elementi sufficienti. Quindi la valutazione fatta era di non urgenza, cosa purtroppo che si è rivelata infondata", ha ammesso. Insomma il caso è stato sottovalutato. Nel frattempo Bujar stava pianificando il delitto, aveva già provato a scavalcare la recinzione di casa qualche giorno prima, aveva comprato una scheda sim nuova. In casa aveva i coltelli e per lavoro un martello, le armi del delitto. Ha preso la bici per non farsi notare e ha ucciso Vanessa, madre di un bimbo di 4 anni e incinta del secondo figlio.
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L'assassino al bar dopo il delitto
Bujar Fandaj da quanto emerso perseguitava Vanessa Ballan. Le mandava messaggi, la seguiva sul posto di lavoro entrando al supermercato, dove lei faceva la commessa, anche quattro volte al giorno. Comprava una cosa e usciva, poi poco dopo tornava. Un modo per farle capire che la teneva d’occhio. La giovane aveva paura per lo stalker e lo aveva confessato anche ai suoi colleghi di lavoro. Come riporta il Gazzettino, un collega ha raccontato: “Nell’ultimo periodo Vanessa aveva paura di lui, veniva in supermercato tre, anche quattro volte di seguito nella stessa mattina. Lei lavorava part-time. Ci aveva raccontato che era andata a fare la denuncia per stalking”. Anche un’altra collega conferma che vedeva passare spesso Bujar nel supermercato. Da quanto emerso, il giorno dell’omicidio, dopo aver accoltellato Vanessa, l’assassino è entrato in un bar vicino a casa sua: “Ha ordinato una birra, l’ha bevuta tranquillamente, chiacchierando con noi e con una cliente di tatuaggi”, spiegano le persone che lavorano nell’attività. “Era tranquillo, ha parlato del tatuaggio che si era fatto di recente, ha bevuto la sua birra come se niente fosse, ma prima di tutto aveva chiesto di andare in bagno”. Qualche ora dopo, in tv la banconista ha riconosciuto Bujar Fandaj. I carabinieri hanno acquisito i filmati delle telecamere del locale, andrà capito cosa abbia fatto in bagno e se sia entrato per lavare tracce di sangue.
L’ipotesi della premeditazione
Bujar Fandaj ha chiamato il 112 utilizzando un cellulare privo di scheda sim, confermando di essere l'uomo che aveva ucciso Vanessa Ballan, e assicurando che si sarebbe costituito spontaneamente. Mentre stava probabilmente progettando di scappare all'estero, gli uomini dell'Arma l’hanno arrestato. Il cellulare non rintracciabile è uno degli elementi che accredita la premeditazione del femminicidio. Non è escluso che sapere della nuova gravidanza di Vanessa possa aver acuito il risentimento provato. Per raggiungere la casa ha usato una bicicletta, per evitare di lasciare tracce nei dispositivi di rilevamento delle targhe. Con sé ha portato una borsa contenente lo strumento per sfondare la porta dell'abitazione, un grosso martello, ed un coltello, lasciato sul posto dopo aver inferto almeno sette pugnalate mortali a Vanessa, e identico ad altri trovati poi a casa sua. Infine, la scelta di aprire una nuova utenza telefonica appena due giorni prima apre la strada ad ipotesi dell'esistenza di un progetto di fuga. Sono tutti elementi che, secondo il procuratore della Repubblica di Treviso Marco Martani, indirizzano l'indagato alla più severa delle pene, precludendo la possibilità di ricorrere a riti alternativi.