La decisione del tribunale di Sorveglianza di Milano sull'ex primula rossa che attualmente sconta la pena a Opera. Secondo i giudici, il detenuto si pone "in maniera oppositiva" di fronte ai tentativi da parte del personale medico di curarlo
L'ex primula rossa del Supramonte, Graziano Mesina, "rifiuta" le cure e ogni accertamento diagnostico e quindi non è possibile arrivare ad una "diagnosi certa" sulle sue condizioni di salute. Lo ha deciso il Tribunale di Sorveglianza di Milano, presieduto da Giovanna Di Rosa, con un provvedimento con cui nelle scorse settimane ha deciso, in un procedimento aperto d'ufficio, che non si possa concedere all'80enne, detenuto ad Opera dallo scorso giugno, il differimento pena con detenzione domiciliare. Il principio espresso (giudice estensore Giovanni Gerosa) è che l'opposizione a cure e diagnosi da parte del detenuto non consente il differimento pena.
Mesina "non offre collaborazione" al personale medico
Nel provvedimento della Sorveglianza (con giudice a latere Laura De Gregorio), depositato ai primi di marzo, viene spiegato che Mesina si pone "in maniera oppositiva" di fronte alle cure e ai tentativi da parte del personale medico, a cui non offre alcuna collaborazione, di arrivare ad una diagnosi certa. E le sue condizioni, per quanto possibile, vengono valutate come "apparentemente" discrete. Con questa decisione, presa in un procedimento aperto d'ufficio da parte dei giudici e senza un'istanza difensiva, i magistrati milanesi, sulla base della giurisprudenza, esprimono un principio, ossia che, poiché non si può approfondire il "quadro diagnostico" di fronte al rifiuto del detenuto, non si può concedere a quel punto il differimento pena.
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Le motivazioni dei giudici sono simili e in linea con quello che nei giorni scorsi ha portato la Sorveglianza milanese a respingere la richiesta di differimento pena con detenzione domiciliare avanzata dall'anarchico Alfredo Cospito e in questo caso sul punto della "autoinduzione" in uno stato critico, attraverso un consapevole sciopero della fame. Mesina, ex esponente del banditismo, evaso più volte (l'ultima nel 2020) e con fine pena previsto nel dicembre 2045, stando agli atti, ha deciso di "autodimettersi" dalle cure ai primi di dicembre 2022. Per lui, tra l'altro, nei giorni scorsi il Tribunale di Sorveglianza di Sassari (prima era detenuto in Sardegna) ha rigettato l'istanza di detenzione domiciliare per motivi di salute avanzata dalla sua difesa, secondo la quale l'ex latitante sta male a causa dell'avanzare dell'età e della vita troppo sedentaria.