La normalizzazione del dolore ha fatto parte della storia di Majid come di quella di tante altre persone AFAB (Assigned Female At Birth) che per anni hanno cercato, o stanno ancora cercando, una diagnosi
“Avevo dolori veramente invalidanti, soprattutto durante il ciclo mestruale, nel periodo precedente e immediatamente successivo. Sono arrivato a prendere quello che era il dosaggio massimo giornaliero consentito di antidolorifici tutti i giorni del ciclo perché altrimenti non vivevo”.
Majid Capovani ha 23 anni, studia Filosofia all’università di Pisa. Nella vita fa l’attivista su tematiche LGBT+ e sui social racconta la sua esperienza con una patologia invisibilizzata: l’endometriosi.
Si stima che con l’endometriosi convivano circa tre milioni di persone in Italia e due su tre hanno iniziato ad accusarne i sintomi prima dei 20 anni.
“L'endometriosi è una patologia infiammatoria che comporta la localizzazione di un tessuto che si comporta come l'endometrio in posti che sono lontano dall’utero, quindi si può trovare all'interno delle ovaie ma anche nelle pelvi, nella vescica nell’intestino e anche in posti molto lontani. È caratterizzata dalla presenza di questo tessuto che tende a sanguinare contemporaneamente alle mestruazioni” spiega la ginecologa Monica Calcagni.
“Quando si parla sia di endometriosi - racconta Majid - ma anche di altre patologie come ad esempio la vulvodinia, se ne parla sempre come malattie femminili oppure malattie delle donne.
Non sono soltanto le donne ad avere un utero, ad avere le ovaie, la vulva eccetera. Parlandone soltanto come malattia delle donne si finisce per invisibilizzare tutte le identità trans e non binarie”.
Le prime esperienze
“Le mie prime visite ginecologiche risalgono a prima del coming out come persona trans. Quindi c'è stato un periodo in cui andavo in ambulatorio ed ero socializzato come donna. Praticamente nessuna ginecologa ha voluto visitarmi. Non hanno voluto fare visite che andassero oltre alle ecografia esterna perché ‘sei anche una vergine quindi non posso visitarti’. Questa frase l'ho sentita da più di un medico”.
“Dopo i 20 anni, oltretutto quella è stata detta in cui ho cominciato la terapia ormonale, ho continuato ad avere difficoltà perché appunto magari mi visitavano, facevano ecografie transvaginali, eccetera, però, tutto veniva ricondotto a ‘Eh può essere colpa della terapia ormonale’, ‘Magari sono questi sbalzi ormonali che hai’”.
I sintomi
“Avevo dolori tremendi, poi ciclo mestruale emorragico, poi, quando ho cominciato ad avere rapporti, dolori durante i rapporti.
Oltretutto i dolori non erano localizzati solo nella zona dell’utero ma arrivavano anche allo stomaco. Ricordo che avevo difficoltà anche ad andare semplicemente in bagno. A camminare e muovermi facevo fatica per via di questi dolori totalmente invalidanti e anche di tutta la sfera comunque del dolore pelvico cronico. Il dolore era una costante e nei giorni delle mestruazioni. Ero sempre un po’ rimbecillito per la quantità di antidolorifici che prendevo”
La normalizzazione del dolore
“Mi dicevano ‘I dolori durante il ciclo mestruale sono normali’ e, spoiler, non è vero. Continuavano a dirmi ‘No è solo dismenorrea, è stress, non è endometriosi'. Anche a livello famigliare ero sempre visto come quello che si lamentava troppo, quello a cui piaceva lamentarsi"
Undici anni di attesa
“Ci ho messo circa undici anni per avere una diagnosi” precisa Majid. Sui ritardi nel diagnosticare la malattia, la dottoressa Calcagni spiega che spesso sono dovuti al fatto che “tanti ginecologi ignorano questo tipo di patologia. Dall’altro lato, il percorso diagnostico è tortuoso.
Noi abbiamo una difficoltà rappresentata dalle tecniche diagnostiche. Con l'ecografia si può avere un sospetto di endometriosi ma non una certezza. Poi c’è la risonanza magnetica che ci può aiutare ma ancora oggi la diagnosi di certezza l'abbiamo solo con la laparoscopia, che è un esame invasivo perché effettivamente è un intervento chirurgico”. Un’opzione, quest’ultima, a cui si ricorre con cautela.
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La diagnosi, finalmente
Venire a conoscenza della ragione di tutto il dolore provato per anni non è facile: le terapie possono aiutare ad alleviare i sintomi e a gestire la patologia, ma dall’endometriosi non si guarisce. Dall’altra parte, c'è il sollievo davanti al riconoscimento che il dolore era reale.
“Mi sono sentito sollevato perché dopo dieci, undici anni di dubbi costanti, di messa in discussione da parte della famiglia, da parte dei medici… Uno comincia a pensare ‘ma sono io che mi sto inventando tutto?’. Sto impazzendo?’.
Mi sento privilegiato per il fatto di aver ottenuto la diagnosi come ragazzo trans perché la maggior parte delle persone trans non effettua proprio determinate visite”.
A chi sta ancora cercando una risposta
“Ricordate che il dolore non è mai normale, se vi dicono che è normale provare dolore durante ciclo mestruale, durante i rapporti… Cambiate medico! Quel dolore è sempre un campanello di allarme per qualcosa che non va”.