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Naufragio Crotone, giovedì Cdm a Cutro. Piantedosi riferisce alla Camera

Cronaca
©Ansa

La Procura di Roma ha aperto, come atto dovuto, un fascicolo senza indagati e ipotesi di reato dopo un esposto presentato dai parlamentari Ilaria Cucchi, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Forse la prossima settimana l'incidente probatorio. Il 7 e l'8 marzo il ministro dell'Interno riferisce alle Camere. Le vittime accertate sono 70, ma non si fermano le operazioni in mare e sulla spiaggia. Tajani: "Umanamente capisco le ragioni di chi parte. L’Italia non può fare tutto da sola"

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Si terrà giovedì 9 marzo, nel pomeriggio, il Consiglio dei ministri convocato a Cutro. Il luogo scelto è la sala consiliare del Comune calabrese. E sul fronte del governo, Palazzo Chigi fa sapere in una nota: "Le indiscrezioni apparse su alcuni organi di stampa relative a una convocazione a Palazzo Chigi del ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, e a presunte divergenze sulla linea interna al Governo sull'immigrazione, sono letteralmente inventate e dunque destituite di ogni fondamento". Oggi il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi riferirà alla Camera in merito al naufragio, poi domani, 8 marzo, andrà al Senato. Potrebbe svolgersi invece la prossima settimana l'incidente probatorio chiesto dalla Procura di Crotone al gip per cristallizzare le testimonianze dei superstiti del naufragio. In ambienti della Procura si fa presente che questi giorni sono necessari per consentire la notifica a tutte le parti in causa, tra le quali anche i familiari delle vittime che potrebbero poi costituirsi parte civile. Intanto la Procura di Roma ha aperto, come atto dovuto, un fascicolo sul naufragio di Cutro dopo un esposto presentato dai parlamentari Ilaria Cucchi, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Il procedimento è stato rubricato a modello 45, senza indagati e ipotesi di reato. Nell'esposto si chiedeva ai pm capitolini di valutare le responsabilità ministeriale in relazione alla macchina dei soccorsi. In base a quanto si apprende, i magistrati di piazzale Clodio dovranno valutare, dopo avere studiato l'esposto, se inviare per competenza territoriale l'incartamento ai colleghi della procura di Crotone. 

Proseguono le ricerche

Intanto proseguono le ricerche in mare e non sono mai state sospese le operazioni in spiaggia, che abbracciano tutto il litorale crotonese e alle quali collaborano numerosi volontari: attività di perlustrazione che andranno avanti a oltranza, salvo diverse disposizioni della Prefettura, che coordina le ricerche alle quali partecipano unità della Guardia costiera. Al momento sono otto i sopravvissuti ancora ricoverati all'ospedale San Giovanni di Dio di Crotone: lo fa sapere l'Azienda sanitaria provinciale specificando che tre pazienti sono ricoverati nel reparto di Pediatria: "Le loro condizioni di salute generali - scrive la commissaria dell'Asp di Crotone, Simona Carbone - non destano preoccupazioni". 

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L’inchiesta accelera, scafisti in incidente probatorio

Intanto prosegue l’inchiesta su quanto accaduto a Cutro. Le testimonianze dei migranti, che potrebbero essere acquisite in sede di incidente probatorio chiesto dalla Procura della Repubblica di Crotone, potrebbero essere messe a confronto con la versione di tre dei quattro trafficanti che erano a bordo del barcone. In quelle ore, a quanto emerge, erano state diverse anche le telefonate giunte alla capitaneria di porto, purtroppo tutte già dopo che l'imbarcazione era affondata: si tratta soprattutto di chiamate di stranieri dall'estero come la Turchia, forse parenti o amici dei naufraghi, che segnalavano l'accaduto anche tramite alcuni post su Facebook. L'incidente probatorio - richiesto dal pm Pasquale Festa - punta a cristallizzare davanti al Giudice per le indagini preliminari Michele Ciociola le prove che potrebbero emergere dai racconti dei sopravvissuti alla traversata partita dalla Turchia e conclusasi tragicamente a poche decine di metri dalla spiaggia calabrese, provocando la morte accertata, al momento, di 70 persone.

Uno degli indagati: "Non sono uno scafista"

Arslan Khalid, 25enne pakistano arrestato con l'accusa di essere uno degli scafisti dopo essere stato indicato come tale da altri sopravvissuti, nega ogni responsabilità nell'organizzazione del viaggio così come nega di aver fatto parte dell'equipaggio. Suo fratello, che vive in Italia, ha inviato al difensore un biglietto con scritta sopra la prima tanche del pagamento fatto per viaggiare su quell'imbarcazione diretta in Italia. Adesso, dice all'Ansa il suo avvocato, Salvatore Perri, "stanno emergendo elementi che dimostrano, come sostenuto sin dall'inizio, che il mio assistito era su quella barca come migrante al pari degli altri e non era lo scafista". Già nel primo interrogatorio a cui è stato sottoposto dagli investigatori, Khalid aveva negato di essere uno scafista. "Non ho mai aiutato i 4 soggetti che si alternavano alla guida - ha detto nell'interrogatorio - nè ho mai ricevuto disposizioni di nessun genere da questi. Riferisco che per intraprendere il viaggio mio padre ha pagato 7.000 euro a un trafficante del quale avevo il recapito telefonico segnato su un foglio, il quale è andato perduto durante il naufragio. So che fa il sarto di mestiere in Pakistan ma di fatto si occupa di traffico di migranti. Non l'ho mai incontrato personalmente ma un conoscente mi ha messo in contatto con lui. Mio padre doveva consegnare l'importo ad un tramite, indicato dallo stesso, che lo avrebbe ricevuto una volta che io avrei riferito di essere arrivato in Italia. Appena arrivati vicino la costa italiana, prima che la barca affondasse, uno degli scafisti ci ha detto di avvisare i nostri garanti al fine di svincolare i soldi dovuti, e così ho fatto. Ribadisco che non ho fatto niente di male, non ho aiutato nessuno degli scafisti ma sono venuto qui in Italia con l'intento di migliorare la mia vita". Alla domanda su come avesse avvisato il padre al suo arrivo, l'indagato ha risposto: "Ho mandato un messaggio con il telefono di uno degli scafisti perché sono partito dalle coste turche già privo di telefono".

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Tajani: “Umanamente comprendo le ragioni di chi parte”

Sul naufragio "la magistratura farà il suo lavoro, si vedrà se esistono responsabilità o se, come credo, è stata una tragica, terribile fatalità”, ha detto in un’intervista a Il Corriere della Sera il ministro degli Esteri Antonio Tajani, secondo cui “l'emergenza migratoria, dai vari fronti caldi di crisi, è il problema più grande che dovremo affrontare nei prossimi anni, forse decenni. E l'Italia, al di là delle speculazioni o delle polemiche politiche interne, non può farlo da sola”. Quando gli viene chiesto se comprenda le ragioni di chi parte, anche rischiando la vita, Tajani risponde che “umanamente certo che le comprendo. Ma una politica seria deve fare un passo avanti e capire quello che si può fare per arginare e risolvere un problema immenso”. “Esistono almeno due piani di intervento” e “uno è quello che possiamo fare noi come Paese”, dice il titolare della Farnesina, ricordando che “siamo stati, sia io che Meloni, più volte in Africa e nel Mediterraneo per siglare accordi, per sbloccare aiuti soprattutto per la Tunisia”. Ma “serve molto di più: serve l'Europa, in primo luogo. Serve l'Onu. Serve il Fondo monetario". Poi il ministro degli Esteri definisce il collega Piantedosi “una persona perbene, un uomo scrupoloso, attento, che ha affrontato tante crisi, che lavora su ogni aspetto”, non c'è “nessun dubbio. E siamo compatti”.

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