San Giuliano di Puglia, 20 anni dopo il terremoto: il ricordo di chi c'era

Cronaca

Marco Di Vincenzo

©IPA/Fotogramma

Il 31 ottobre 2002 una violenta scossa di terremoto faceva crollare parte dell’edificio della scuola elementare e materna nel piccolo comune molisano. Ventisette bambini e una maestra perdevano la vita. Sky TG24 ha raccolto in un podcast le testimonianze di sopravvissuti e soccorritori, in una comunità in cui le cicatrici di quella tragedia sono ancora evidenti

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“C’è uno spartiacque tra prima e dopo il terremoto. Quel giorno, per noi, è stato come l'anno zero". Ferdinando ha trent’anni. Ne aveva appena dieci il 31 ottobre 2002. Era nella sua classe quando, improvvisamente, ha visto il soffitto crollare e le mura sbriciolarsi. Ricorda ancora tutto, a distanza di vent’anni. Era la mattina di Halloween. Erano le 11.32. “È come se fosse successo ieri, tutto è nella mia testa”. 

I soccorritori sulla scuola crollata

La data del 31 ottobre 2002 è ancora impressa nella mente e nei cuori degli abitanti di San Giuliano di Puglia, piccolo comune di nemmeno mille anime appoggiato sulle colline ventose nel sud del Molise. Tutti ancora ricordano cosa stavano facendo in quel preciso istante. Quella mattina i sismografi iniziano a vibrare. È una scossa potente: sesto grado della scala Richter.

La forza violenta, che nasce dalle viscere della terra e si propaga verso l’esterno, rompe i riti della quotidianità del piccolo paese. E cancella, in un istante, le case, le storie, i ricordi di una vita.

La scuola crolla

La scuola “Francesco Jovine”, che ospita le classi delle materne, delle elementari e delle medie, collassa su sé stessa. Alle 11.33, di parte dell’edificio quasi non c’è più niente: solo polvere, cemento, ferro. I 58 bambini, che erano pronti per festeggiare la festa di Halloween insieme alle loro insegnanti, rimangono intrappolati sotto le macerie. 

Il paese è sconvolto. Sul luogo della disgrazia accorrono tutti. I sangiulianesi si riuniscono per scavare a mani nude, componendo un rito collettivo di dolore e speranza, in attesa che arrivino i primi soccorsi da Campobasso. Si cerca di salvare quante più vite possibili. Ma per molti di quei bambini, ormai, non c’è più nulla da fare. A perdere la vita sono 27 bambini e una maestra. “Era dalla Seconda guerra mondiale che, in Italia, non morivano così tanti bambini insieme in uno stesso evento”, dice oggi Antonio Morelli, che lì sotto ha perso la figlia Morena, di appena 6 anni. “Ricordo ancora il momento esatto dell’estrazione. La vidi, sulla barella. I suoi capelli bellissimi, color mogano, erano diventati grigi, ricoperti dalla polvere delle macerie”. Morena era del 1996 e come lei tutti i nati di San Giuliano in quell’anno sono morti: la classe di quell’anno è scomparsa, completamente cancellata dal crollo della scuola.

Un momento dei funerali
Una foto dei funerali

I soccorsi      

“Appena giunto in paese, ricordo la scena di queste mamme disperate che camminavano in ciabatte sulle macerie. Gli uomini erano tutti nei campi per la raccolta delle olive. Ricordo loro che chiamavano i loro figli e cercavano di scavare anche a mani nude”. Giovanni Lanese è un vigile del fuoco. Quella mattina è in servizio nella caserma di Campobasso quando arriva la scossa. Insieme ai suoi colleghi, parte subito in una corsa disperata verso il luogo del crollo. Lì trova gli abitanti che cercano di prestare il primo, rudimentale aiuto. “Non è stato facile. All’epoca avevo i figli che avevano la stessa età di quei bambini. È stato sicuramente uno degli interventi più difficili da fare”. I vigili del fuoco, così come i sanitari e i volontari della protezione civile sono stati protagonisti fondamentali della storia. “Ricordo ancora gli alpini che, nei mesi successivi di quell’autunno freddo, ci preparavano i pasti caldi nelle tende provvisorie”, ricorda Morelli. Ancora oggi, nel piccolo cimitero del paese, vicino alle lapidi bianche con le foto dei bambini ci sono i gagliardetti, i caschi, i ricordi dei vigili e di quanti prestarono soccorso, da tutta Italia, quel giorno. A testimonianza di un affetto che mai è venuto meno.

I cappelli dei soccorritori nel cimitero di San Giuliano

Il dolore più grande

Perdere un figlio è il dolore più grande e inaccettabile. È una condizione così innaturale che la stessa lingua si rifiuta di contemplare: è orfano chi sopravvive ai genitori, ma non esiste un termine che riesca a definire un padre o una madre che vivono il momento della morte di un figlio. Maria Riggio oggi è vestita di nero. Al collo indossa una collana con un piccolo crocifisso e le pareti della sua casa sono decorate con immagini religiose. Ma è solo il frutto di una contraddizione. “Non credo più in Dio, ho perso completamente la fede da quel 31 ottobre”. Maria è la madre di Gianmaria e Luca, due gemellini nati nel 1993. Oggi avrebbero quasi trent’anni, ma sia lei che suo marito Ciro preferiscono parlarne al presente. È un’illusione: è come se ci fossero ancora e fossero ancora bambini. “Non riesco a immaginarli adulti. Forse oggi sarebbero anche sposati, avrebbero dei figli, avrebbero un altro aspetto, ma per me sono e saranno sempre ragazzini di 9 anni”. Il salotto è tappezzato dalle immagini dei due fratelli. In ogni angolo, una cornice preziosa è lì per racchiudere le vecchie foto scolorite, scattate in analogico, che li ritraggono insieme. Inseparabili. E ogni scatto cristallizza un momento felice di quelle due brevi vite. “Questa è la loro ultima vacanza insieme, sul traghetto di ritorno dalla Sicilia. Era l’agosto del 2002, poco prima che iniziasse la scuola”, dice Maria indicando una gigantografia fissata sul muro dietro al tavolo della sala da pranzo.Il dolore di Ciro e Maria è lo stesso, angosciante, della sera del 31 ottobre 2002. Il passare del tempo, in questi vent’anni, non è riuscito a lenire il loro lutto perenne. La loro devozione nei confronti dei figli è tale che hanno deciso di lasciare la loro cameretta intatta, così come era quando i gemelli l’hanno lasciata prima di andare a scuola. Una stanza dei giochi che diventa tempio, con i peluche, le statuine di DragonBall e la collezione delle sorpresine degli ovetti Kinder che sono l’oggetto del culto.

Maria e Ciro Riggio posano nella loro casa, con le foto dei gemelline alle spalle

Sopravvivere al crollo

Tra le storie dei bambini sopravvissuti al crollo, una delle più significative è quella di Pompeo Barbieri. Nato nel 1994, ha appena otto anni il 31 ottobre 2002. Si trova nella sua classe quando il sisma ha buttato fuori la sua energia e spostato con violenza le falde sotto San Giuliano. “Dopo la scossa ho visto tutto buio. Poi ho perso conoscenza”. Una volta estratto, Pompeo viene trasportato d’urgenza in ospedale a Bari. Per diverso tempo lotta tra la vita e la morte nel reparto di rianimazione. È in coma: è uno dei più gravi, potrebbe anche non farcela. Eppure la sua forza e il suo spirito riescono a salvarlo. “Ho trascorso molto tempo a Bari: i medici dell’ospedale erano diventati quasi una famiglia per me.” Da piccolo, Pompeo aveva il sogno di diventare un calciatore. Ma quel desiderio è stato strappato via dal crollo della “Jovine”. Lo shock da schiacciamento, subìto a causa del peso dei calcinacci, ha determinato la perdita dell’utilizzo delle gambe. Costretto su una carrozzina, non si è mai però perso d’animo: “Continuo ad essere uno sportivo, sono un campione di nuoto”. La soddisfazione più grande, però, è arrivata due anni fa. “Sono stato contattato dal Quirinale, dicendomi che mi avevano scelto per essere nominato Cavaliere della Repubblica. Non ho mai saputo chi è stato a fare il mio nome, ma un giorno lo scoprirò”. Anche Dino Di Rienzo il 31 ottobre del 2002 è in classe. Si trova nella quinta: sta seguendo la lezione di geografia della maestra Clementina. Si parla di terremoti e vulcani, perché proprio la notte precedentie alcuni avevano avvertito, in paese, delle piccole scosse. “Mostravo già interesse per quell’argomento”, dice. Dino è sopravvissuto al crollo della scuola. E, dopo il liceo, ha scelto di diventare un geologo. “La mia non è stata una decisione presa per caso: volevo studiare il fenomeno dei terremoti, per capire meglio cosa è successo e cosa si può fare per cercare di ridurre al minimo i rischi connessi”. Oggi Dino visita spesso le scuole, in tutta Italia, e racconta agli studenti la sua storia. Anche Pia Antignani è nella stessa classe di Dino. E anche lei ha scelto di studiare la scienza della Terra. Oggi è diventata gemmologa. “Studio la parte bella della geologia, quella che fa si che dalla terra emergano le gemme. È come se dal buio arrivassero le cose belle della vita. Anche San Giuliano è un diamante”. 

Pompeo Barbieri, uno dei ragazzi sopravvissuti al sisma, incontra Papa Francesco

Dopo il sisma

San Giuliano oggi è un paese diverso. È stato totalmente ricostruito, grazie ai finanziamenti ricevuti in tempi record. Dove c’era la scuola, oggi sorge un memoriale che ricorda i ventisette bambini scomparsi. Le targhe in bronzo, coi loro nomi e le loro date di nascita, sono installate come erano disposti i banchi nelle loro classi. Negli anni, un lungo processo ha stabilito una verità sconcertante: a causare il crollo della scuola non è stata solo l’azione della natura. Anche la mano dell’uomo sembrerebbe aver cambiato per sempre il destino di quelle giovanissime vite. 

I soccorritori sul crollo, quel giorno

Il podcast di Sky TG24

A vent'anni esatti dalla tragedia, Sky TG24 ha voluto dedicare un podcast. “Macerie, San Giuliano di Puglia 2002”, ideato e scritto da Marco Di Vincenzo e Luca Ferrero, raccoglie le testimonianze e racconta storie dei genitori, dei sopravvissuti e dei soccorritori che quel 31 ottobre 2002 si trovavano nel paese. È la storia della vita che continua, nonostante le ferite aperte. 

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