Secondo le accuse, avevano stretto un accordo corruttivo in base al quale il giudice avrebbe emesso provvedimenti di scarcerazione in favore degli assistiti dell'avvocato, spesso legati alla criminalità organizzata (contestata aggravante mafiosa). Registrate conversazioni tra i due in cui, secondo la Dda di Lecce, discutono sulle strategie più idonee affinché il magistrato possa motivare i provvedimenti più favorevoli. Nell’ufficio e nella casa del gip sequestrati circa 60.000 euro ritenuti frutto della corruzione
Il gip del Tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis e l'avvocato penalista barese Giancarlo Chiariello sono stati arrestati per corruzione in atti giudiziari e portati in carcere su disposizione del gip di Lecce, che ha accolto le richieste cautelari della Dda. Ai due è contestata l'aggravante mafiosa. Entrambi sono accusati di aver stretto un accordo corruttivo in base al quale il giudice avrebbe emesso provvedimenti di scarcerazione in favore degli assistiti dell'avvocato Chiariello. De Benedictis nei giorni scorsi ha presentato richiesta di dimissioni dalla magistratura: tra ufficio e casa, gli sono stati sequestrati circa 60.000 euro ritenuti frutto della corruzione. Sono state registrate anche delle conversazioni in cui il giudice e il penalista - secondo la Dda di Lecce - discutono sulle strategie più idonee affinché il magistrato possa motivare i provvedimenti più favorevoli ai clienti del legale e degli importi della corruzione.
Le accuse
De Benedictis e Chiariello sono accusati di aver stretto da tempo un accordo corruttivo: in cambio di denaro - consegnato presso l'abitazione e lo studio del legale oppure all'ingresso di un bar vicino al nuovo Palazzo di Giustizia di Bari - il giudice, secondo le accuse, emetteva provvedimenti “de libertate” favorevoli agli assistiti dell'avvocato, tra i quali un indagato arrestato oggi. I beneficiari dei provvedimenti del gip sono in gran parte appartenenti a famiglie mafiose o legate alla criminalità organizzata barese, foggiana e garganica (da qui l'aggravante mafiosa). L’accordo tra il giudice e l'avvocato, secondo quanto riferito dai collaboratori di giustizia, era noto da tempo nell'ambiente criminale. Sempre secondo le accuse, i detenuti contavano su questo accordo e, in cambio del pagamento di tangenti, riuscivano a ottenere provvedimenti di concessione di arresti domiciliari o remissione in libertà, pur essendo sottoposti a misura cautelare in carcere per reati anche associativi. Tutto ciò consentiva - secondo la Procura di Lecce - ai detenuti di rientrare nel circuito criminale.
Altre 12 persone indagate
Nell'indagine della Dda di Lecce sono indagate 12 persone. Oltre a De Benedictis e Chiariello, ci sono altri tre avvocati, due dello studio del legale arrestato, il figlio Alberto Chiariello e la collega Marianna Casadibari, e l'avvocato foggiano Paolo D'Ambrosio, tutti accusati di concorso nella presunta corruzione in atti giudiziari. Risulta indagato anche un appuntato dei carabinieri in servizio alla Procura di Bari, Nicola Vito Soriano. Al militare la Procura contesta, in concorso con gli avvocati Giancarlo Chiariello e Marianna Casadibari, il reato di corruzione per atto contrario al dovere di ufficio e rivelazione di segreti d'ufficio. Le indagini si basano su intercettazioni telefoniche e ambientali, videoriprese in uffici e ambienti interni ed esterni, pedinamenti, dichiarazioni di collaboratori di giustizia, esame di documentazione, perquisizioni e sequestro di ingenti somme di denaro contante.
Tangenti trovate durante perquisizioni
Secondo la Dda di Lecce, il 9 aprile scorso c’è stata una perquisizione nell’ufficio del gip De Benedictis al Palazzo di Giustizia di Bari e l’uomo sarebbe stato trovato in possesso di una tangente di circa 6.000 euro, ricevuta poco prima dall'avvocato Chiariello. Il giudice, subito dopo, ha presentato al Csm richiesta di dimissioni dalla magistratura perché provava "vergogna". È stata perquisita anche l’abitazione del magistrato dove, nascoste in alcune prese per derivazioni elettriche, sono state sequestrate numerose mazzette di denaro per importi variabili tra 2.000 e 16.000 euro (per un totale di circa 60.000), ritenute frutto della corruzione.
L’incontro del 9 aprile tra De Benedictis e Chiariello
Grazie ad appostamenti e intercettazioni, le forze dell’ordine hanno ricostruito proprio l’incontro del 9 aprile tra De Benedictis e Chiariello. Stando alle indagini, De Benedictis sarebbe andato a casa dell'avvocato Chiariello per riscuotere il prezzo della corruzione per la concessione degli arresti domiciliari ad Antonio Ippedico, in carcere per associazione mafiosa e poi agli arresti domiciliari. In quell'occasione i carabinieri hanno osservato l’incontro tra De Benedictis e Chiariello, con il giudice che è salito nello studio legale alle 8 del mattino, poi è andato via qualche minuto dopo con del materiale cartaceo nelle mani e, senza mai essere perso di vista dai carabinieri, è salito sull'auto ed è andato in ufficio. Qui De Benedictis, ripreso dalle telecamere nascoste, ha tirato fuori una busta piena di banconote dal giubbotto e l'ha messa nelle tasche dei pantaloni. A questo punto i carabinieri sono intervenuti e hanno perquisito il magistrato, sequestrando la somma in contante di 6.000 euro. De Benedictis ha subito rilasciato a verbale dichiarazioni spontanee con le quali ha ammesso di avere ricevuto poco prima da Chiariello la somma "per il disturbo" e di volersi dimettere dalla magistratura per la vergogna.
“Conclusa indagine doverosa, anche se dolorosa per tutti noi”
In una nota, la Procura di Lecce ha parlato della conclusione di “un'indagine assolutamente doverosa, anche se al tempo stesso dolorosa per tutti noi”. Ha poi ribadito “il grande apprezzamento per l'eccellente lavoro svolto e la grande professionalità dimostrata dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Bari” e ha ringraziato “l'Autorità Giudiziaria di Bari e Trani per la collaborazione”. "È opinione di questa Procura della Repubblica che la collettività, sia pure nel comprensibile disagio e disorientamento determinato dalla vicenda, possa trovare motivo di sollievo nella circostanza che proprio l'Istituzione Giudiziaria possieda gli anticorpi necessari per colpire i comportamenti devianti e abbia, ancora una volta nella nostra regione, dimostrato di saper guardare al proprio interno e individuare le più gravi criticità", si legge nel comunicato.
“Con sentenza del 29 marzo 2022, passata in giudicato, il GUP di Lecce ha assolto Nicola Vito Soriano perché il fatto non sussiste”
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