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Scuola, Giannelli: "Problema principale restano i trasporti"

Cronaca

Il presidente dell'Associazione nazionale Presidi critica il governo e le istituzioni per non essere stati coinvolti sufficientemente nelle decisioni, che prevedono dal 7 gennaio per le superiori il rientro al 50% a distanza e al 50% in presenza per la prima settimana e poi al 75%

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Cresce la polemica sulla ripresa della scuola prevista il 7 gennaio in presenza al 50%. Antonello Giannelli, presidente dell'Associazione nazionale Presidi, intervistato da Corriere della Sera e La Stampa, dice che sebbene sia chiaro a tutti che " la scuola è centrale", "quando è ora di decidere come cambiarla per adattarla all'emergenza del Covid, nessuno sente la necessità di ascoltare il mondo della scuola, di capire quali sono le esigenze degli adolescenti". In queste righe è sintetizzato il punto di vista dei dirigenti scolastici che criticano il governo e le istituzioni per non averli coinvolti sufficientemente nelle decisioni, che prevedono dal 7 gennaio per le superiori il rientro al 50% a distanza e al 50% in presenza per la prima settimana e poi al 75%. "E’ irrealistico" – spiega - "bisogna pensare a un rimodernamento complessivo degli edifici, ci vuole un piano Marshall per la scuola". Giannelli si augura che si tenga “conto di tutte le giuste esigenze di docenti e personale. Quindi auspichiamo di continuare al 50 per cento fino alla fine di gennaio" (AGGIORNAMENTI SPECIALE - LE INFOGRAFICHE SUL CONTAGIO IN EUROPA E NEL MONDO).

Il problema dei trasporti 

Ci sono province "dove i piani sono stati fatti ascoltando anche la scuola, e le soluzioni funzionano - ha spiegato Giannelli -. In altri posti come a Roma, dove non si è ascoltata la scuola, ci sono delle criticità. Ma in linea di principio era una buona idea quella di non fare regole nazionali come in passato valide per tutte le realtà, ma di decidere provincia per provincia come procedere". Dal 7 gennaio, si ricomincia in presenza, "lo vogliamo tutti", ma il problema principale "restano i trasporti". Molti tavoli provinciali hanno scelto come soluzione lo scaglionamento degli ingressi "su cui non siamo d'accordo se lo scaglionamento significa ritardare di tanto gli alunni che entrano al secondo turno". Tra i punti più criticati l'inizio della giornata scolastica alle 10: "La metà degli studenti italiani delle scuole superiori frequenta un istituto tecnico o un professionale: sono almeno 6 ore al giorno. L'organizzazione della loro vita sarà sconvolta. Escono alle 16.30, senza aver mangiato, prendono un bus o un treno, arrivano a casa affamati alle sei di sera. A che ora faranno i compiti? Alle 21...". La didattica "dovrà tenere conto del cambio di orario. Compiti, direi che ce ne potranno essere pochi. Se si fosse rimasti su un doppio turno tra le 8 e le 9, questi problemi si sarebbero potuti risolvere". I presidi "dovranno trovare soluzioni che non scontentino nessuno". 

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