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Ponte Morandi, la procura ipotizza il reato di crollo doloso

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I titoli delle 13 del 18 dicembre
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I titoli delle 13 del 18 dicembre
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Le nuove accuse arrivano in seguito allo sviluppo delle indagini sulle barriere fonoassorbenti pericolose: si sarebbe scoperto che gli ex vertici di Aspi avrebbero voluto risparmiare sulla manutenzione della rete per accrescere gli utili del gruppo Atlantia per poi falsificare gli atti. Sono 71 gli indagati

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“Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi”. Questo il reato ipotizzato dalla procura per il crollo del Ponte Morandi che il 14 agosto del 2018 causò 43 morti. Nuove accuse che arrivano in seguito allo sviluppo delle indagini sulle barriere fonoassorbenti pericolose. Sono 71 gli indagati (DAL CROLLO ALLA RICOSTRUZIONE: FOTO).

Cosa si è scoperto dalle indagini

Secondo la Procura, l’intenzione degli ex vertici Aspi sarebbe stata quella di risparmiare sulla manutenzione della rete per accrescere gli utili del gruppo Atlantia. In seguito avrebbero falsificato atti per nascondere i mancati restyling e, sempre secondo la Procura, sarebbero stati consapevoli del pericolo. Si parla dunque di attentato alla sicurezza dei trasporti, falso, disastro colposo e omicidio colposo plurimo.

Le parole della Procura

“Questa contestazione - spiegano dalla Procura - non significa che hanno volutamente fatto crollare il viadotto ma che hanno messo insieme una serie di comportamenti dolosi come la mancata manutenzione o la realizzazione di falsi verbali, tali da portare al crollo dello stesso”. E il reato doloso, rispetto a quello colposo, ha pene molto più severe. “Si rischia un massimo di dodici anni contro i cinque del reato colposo”, viene precisato. “Ovviamente le formalizzazioni della Procura potrebbero essere poi cambiate dai giudici in sede di processo”, viene spiegato. Per contestare il crollo doloso serve un fatto diretto. E per i pm quel fatto è la mancata manutenzione e gli atti falsi. La scorsa settimana dall'analisi delle carte del tribunale del Riesame era emerso come la Procura contestasse anche il reato di falso. Anche questa nuova imputazione - così come il crollo doloso - è stata decisa dai giudici che hanno spiegato come le intercettazioni telefoniche effettuate proprio nell'indagine per il viadotto crollato siano rilevanti anche per le barriere fonoassorbenti.

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L’inchiesta sulle barriere fonoassorbenti

Il filone di inchiesta sulle barriere fonoassorbenti già nei giorni scorsi aveva portato agli arresti domiciliari l'ex Ad di Aspi e Atlantia Giovanni Castellucci, l'ex direttore delle operazioni centrali di Aspi Paolo Berti, Michele Donferri Mitelli, ex direttore delle manutenzioni di Aspi, e Michele Donferri Mitelli, ex direttore delle manutenzioni di Aspi. Gli ex vertici di Autostrade secondo l'accusa avevano messo in atto falsi rapporti per nascondere “l'assenza di reali ispezioni” e per “nascondere la sottovalutazione dei reali vizi accertabili”. Intanto emerge che Donferri Mitelli e Berti, dopo il crollo del ponte Morandi, furono promossi “per non accusare Castellucci”. Il primo fu mandato in una società spagnola controllata dai Benetton, il secondo venne destinato a occuparsi di appalti per Aeroporti di Roma spa.

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Il crollo del Ponte Morandi

Alle 11.30 del 14 agosto 2018 il ponte Morandi, viadotto sul torrente Polcevera, a Genova, è crollato: si è verificato, nello specifico, il cedimento di un tratto lungo 200 metri che portò con sé diverse auto e mezzi di trasporto. Una tragedia che causò 43 vittime. "Laddove ci fossero responsabilità per una manutenzione ordinaria non sufficiente, chi ha sbagliato deve pagare fino all'ultimo", aveva detto Danilo Toninelli che all'epoca ministro delle Infrastrutture.

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