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Giorno della memoria, agli Uffizi la storia delle collezioni ebraiche trafugate

Cronaca

Giulia Floris

Le gallerie degli Uffizi in una foto d'archivio

Il 24 gennaio il museo fiorentino dedica una mattinata di studi alle opere d'arte sottratte agli ebrei dai nazisti e in molti casi ancora non restituite

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Centinaia di migliaia di opere d’arte, appartenute a collezionisti ebrei, trafugate dai nazisti durante la seconda Guerra Mondiale. A volte intere collezioni, letteralmente deportate e strappate a famiglie e sinagoghe. A questo tema è dedicata la mattinata di studio che si tiene venerdì 24 gennaio, dalle 9 alle 13, nell’Auditorium Vasari degli Uffizi dal titolo: “Dalle persone alle cose: le collezioni ebraiche deportate e il ruolo dello Stato”. A distanza di venti anni da quando è stato istituito il Giorno della Memoria in Italia, il museo fiorentino torna dunque sul tema delle opere trafugate, dopo l’appello lanciato un anno fa del direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt, affinché nel mondo i governi facciano di più, istituendo "commissioni che si impegnino attivamente" nel recupero dei beni sottratti, seguendo l’esempio virtuoso dell’Italia con il Nucleo di Tutela dei Carabinieri.

Le collezioni trafugate al cinema

Un argomento reso attuale anche da trasposizioni cinematografiche degli ultimi anni, come i Monuments Man di George Clooney e Woman in Gold, il film con Hellen Mirren, disponibile anche sul catalogo di Sky On Demand, che racconta la vera storia della imprenditrice di origine ebraica Maria Altman e della sua battaglia per riavere dallo stato austriaco un quadro di Klimt sequestrato dai nazisti alla sua famiglia. O da documentari come Hitler contro Picasso e gli altri, che ha tra i suoi protagonisti Simon Goodman e la storia della sua collezione d’arte finita in gran parte nelle mani dei nazisti.

Recuperare le opere per coltivare la memoria

E’  il quinto anno che gli Uffizi si concentrano sul Giorno della Memoria. "L’incontro di venerdì  – spiega Claudio Di Benedetto, curatore dell’iniziativa insieme al direttore Schmidt – rappresenterà la quinta tessera di un mosaico che stiamo formando. L’intento è quello di comporre un quadro di vicende legate all’arte attraverso protagonisti dentro e fuori della comunità ebraica”. "Questi incontri – dice il direttore Eike Schmidt in una nota – sono momenti importanti di approfondimento e confronto, ma fin da quando sono stati concepiti l'intento non è stato quello di rivolgersi ad un pubblico di settore. Vogliamo parlare a tutti, soprattutto ai giovani, perché è importante che loro sappiano e possano riflettere. È importante commemorare le vittime della Shoah e soprattutto è fondamentale ricordare queste pagine nere di Storia, ancora così vicine a noi, per capirne i meccanismi e impedire che aberrazioni simili possano accadere in futuro”. “Quando guardo qualche opera recuperata dai carabinieri e ingiustamente razziata dai nazisti - continua Schmidt - vedo sempre gli sguardi di tantissime famiglie, di intere comunità ingiustamente derubate, che si sono posati nei secoli su queste collezioni. Recuperando le opere, la memoria delle persone sterminate esce dal buio”.

Un percorso ancora lungo

Tra i casi che verranno citati durante il convegno, un importante quadro di Silvestro Lega trafugato e mai ritrovato. Ma "sono migliaia i pezzi appartenuti a collezionisti ebrei e non ancora restituiti” spiega a SkTg24 Alessia Cecconi, autrice del volume Resistere per l’arte. Guerra e patrimonio artistico, che modera l’incontro. "Dopo la conclusione della guerra, infatti – dice Cecconi -il primo importante passo in avanti è stato fatto solo nel 1998 con la pubblicazione dei principi di Washington", sulla restituzione delle opere depredate, "che furono ratificati in oltre 40 paesi tra cui l’Italia". E se nel dopoguerra lo sforzo alleato ha perlomeno in parte restituito i beni delle collezioni pubbliche ai paesi dai quali erano stati sottratti, sulle collezioni private ebraiche il lavoro da fare è molto più complesso a causa dei metodi più disparati con i quali le opere sono state sottratte. Negli ultimi anni in vari paesi europei e soprattutto negli Stati Uniti sono nate commissioni per accertare la provenienza delle opere d'arte e sono molti i musei che oggi applicano i principi di Washington (qui la lista completa). Ma è importante ricordare, spiega Cecconi che "gli studi sulla provenienza ci aiutano non solo a capire se un pezzo disponibile sul mercato o presente in un museo provenga da una collezione razziata. La vicenda di un pezzo requisito, disperso o ritrovato, ci racconta la storia di una collezione e di una famiglia ma anche di una città e di un contesto storico culturale, e per quanto riguarda l’Italia ci fa capire come gli effetti delle leggi razziali, a distanza di 80 anni, abbiano ancora pesanti e dolorose conseguenze”.

Il convegno

Partecipano al convegno Daria Brasca dell’università di Udine, Marta Baiardi studiosa della Shoah ricercatrice dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana, Silvio Balloni,  esperto dei rapporti tra arte e letteratura nella seconda metà dell'Ottocento e il vice presidente dell’ANED Firenze Tiziano Lanzini.