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Cappato a Sky Tg24: “Aiutare Fabo è stato un mio dovere morale, rifarei tutto”

Cronaca

Ospite di “Timeline”, l'esponente radicale dice: “Penso che non sia umano imporre come una tortura la sofferenza a una persona in quelle condizioni”. È accusato di aiuto al suicidio - reato su cui si è pronunciata la Consulta - per aver accompagnato il dj a morire

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“Ho aiutato Fabo perché l’ho sentito come un mio dovere morale, al di là poi del riconoscimento del diritto”. A ribadirlo ai microfoni di Sky Tg24 è Marco Cappato, ospite di “Timeline”. “Penso che non sia umano, non lo è per me, imporre come una tortura la sofferenza a una persona in quelle condizioni”, ha aggiunto l’esponente radicale. Ha poi confermato che rifarebbe tutto. Più tardi è arrivata la decisione della Consulta, che ha aperto al suicidio assistito.

Cappato accusato di aiuto al suicidio

Cappato, nel febbraio del 2017, ha accompagnato in una clinica svizzera per il suicidio assistito di Fabiano Antoniani, conosciuto come dj Fabo, rimasto cieco e tetraplegico dopo un incidente stradale. Poi si è autodenunciato ed è finito sotto processo con l’accusa di aiuto al suicidio, reato previsto dall'articolo 580 del codice penale che prevede una pena dai 5 ai 12 anni di carcere. La Corte d'Assise di Milano nel 2018 ha investito del caso la Consulta. La Consulta, con un'ordinanza innovativa, ha sospeso la sua decisione dando un anno di tempo al Parlamento perché rivedesse le norme in vigore che non assicurano "adeguata tutela" a situazioni invece meritevoli di protezione. L’anno, però, è passato senza che il Parlamento sia intervenuto e la palla è tornata alla Corte Costituzionale. La Consulta ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile.