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Ponte Morandi, a che punto è l’inchiesta sul crollo: 71 gli indagati

Cronaca

 Le indagini della procura di Genova a un anno dalla strage del 14 agosto: gli indagati sono accusati a vario titolo di crollo colposo, falso e omicidio colposo. L’ultima relazione dei periti evidenzia "difetti esecutivi e poca manutenzione" del viadotto

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A un anno dalla tragica mattina del 14 agosto 2018, quando il crollo del ponte Morandi a Genova provocò 43 vittime, decine di feriti e centinaia di sfollati, proseguono le indagini per accertare le responsabilità di quel disastro (IL VIDEO INEDITO - LO SPECIALE). L’inchiesta della procura di Genova vede allo stato attuale 71 persone indagate, fra cui i vertici di Autostrade per l’Italia, di Spea, funzionari del Mit e del provveditorato alle opere pubbliche: sono accusati a diverso titolo di crollo colposo, attentato alla sicurezza dei trasporti, falso, omicidio colposo e omicidio stradale colposo plurimo. Sono indagate anche due società, Aspi e Spea.

La relazione dei periti: "Difetti esecutivi e poca manutenzione"

Sono in corso due incidenti probatori: il primo per valutare le condizioni della struttura prima del crollo, il secondo per identificare le cause del disastro. A inizio agosto è stata depositata una relazione tecnica dei tre periti nominati dal Gip Angela Nutini: il contenuto è esplosivo. Nelle 75 pagine, gli esperti si sono dovuti pronunciare sia sulla manutenzione che sulla conservazione del viadotto. E il loro giudizio è stato molto preciso nell'elencare i dati sui cavi corrosi, sui difetti e le situazioni di degrado riscontrate. "Difetti esecutivi" rispetto al progetto iniziale, oltre che degrado e corrosione di diverse parti dovuti alla "mancanza di interventi di manutenzione significativi", si legge. "Non si evidenziano - scrivono gli esperti, interventi atti a interrompere i fenomeni di degrado…gli unici ritenuti efficaci risalgono a 25 anni fa" (LA STORIA DEL PONTE - LE FOTO DELLA DEMOLIZIONE).

Fino al 100% della riduzione di acciaio negli stralli

Nello specifico, i periti hanno esaminato le condizioni di conservazione e manutenzione dei manufatti non crollati e delle parti precipitate. E, nella loro relazione, hanno evidenziato anche che i trefoli di acciaio dentro i tiranti della pila 9 del ponte, quella crollata il 14 agosto 2018, avevano un grado elevato di corrosione.  Secondo gli esperti, il 68% dei trefoli del gruppo primario, all'interno del tirante, e l'85% dei trefoli situati più all'esterno, avevano una riduzione di sezione tra il 50% e il 100%. In particolare, è stato scritto, per quanto riguarda il reperto 132 (l'ancoraggio dei tiranti sulle sommità delle antenne del lato Sud)  considerata dalla procura di Genova la prova "regina" perché è il punto che si sarebbe staccato per primo, è stato individuato nei trefoli "uno stato corrosivo di tipo generalizzato di lungo periodo, dovuto alla presenza di umidità di acqua e contemporanea presenza di elementi aggressivi come solfuri, derivanti dello zolfo, e cloruri".

La replica di Autostrade: "Non c’è relazione con il crollo"

Autostrade per l’Italia si è difesa rispondendo punto per punto: a suo giudizio "la relazione dei periti del gip non evidenzia situazioni di degrado che possano in alcun modo essere messe in relazione con una diminuzione della capacità portante del ponte". Non solo. "L'analisi delle parti crollate ancora presenti al momento dell'inizio dell'incidente probatorio e delle parti non crollate ha messo in evidenza alcuni difetti solo localizzati, peraltro compatibili con l'epoca di costruzione", scrivono i consulenti di parte.